È un passato lontano quello in cui per bullo intendevamo il ragazzotto, anche simpatico, che fischiava all’indirizzo delle ragazze, ricorrendo talvolta a una terminologia colorita. Un po’ sbruffone, un po’ gradasso, spesso prevaricatore, senza mai però raggiungere quelle caratteristiche di cattiveria e di sadismo che invece emergono nel fenomeno del bullismo così come lo intendiamo oggi.
Purtroppo c’è molto da temere dai bulli odierni, adolescenti, ragazzi, talvolta bambini delle ultime classi delle elementari, i quali, individuata una possibile vittima tra i coetanei, su di lui/lei fanno convergere continuate azioni di danneggiamento.
Qualche vittima è persino giunta al suicidio non riuscendo a sopportare il peso delle violenze fisiche e psicologiche, individuali e di gruppo; dall’altra parte, non pochi bulli, dal bullismo a scuola e nel quartiere, sono transitati alla delinquenza vera e propria.
Le scuole si sono attrezzate ricorrendo a diverse tipologie di esperti esterni, dalla Polizia ai Carabinieri, dagli psicologi agli educatori specializzati, e hanno attivato progetti di prevenzione che includono incontri di sensibilizzazione per i ragazzi. In provincia esiste una task force di circa 150 insegnanti, uno per ogni istituto scolastico, che hanno seguito uno specifico iter di formazione e fungono da punto di riferimento per i colleghi e le famiglie all’interno del proprio istituto.
Pochi giorni fa gli organizzatori del Premio Chiara hanno dedicato una serata all’argomento.
Un tema che può apparire collaterale alla tipologia delle iniziative dedicate alla letteratura e alle diverse forme d’arte.
A guardare bene un filo rosso c’è ed è evidente: il Chiara punta molto sul dialogo con le giovani generazioni, giovani adulti, adolescenti, ragazzi e bambini, che vengono sollecitati a scrivere affidando alla parola sentimenti ed emozioni, desideri e paure. La scrittura apre uno spiraglio che permette a noi uno sguardo dentro un mondo poco esplorato, ci avvicina al dialogo e ci consente di agire più efficacemente.
La serata ha visto in campo un ampio team di esperti. I numeri sul fenomeno nella nostra regione sono impressionanti: più di 70 mila ragazzi in età compresa tra i 15 e i 24 anni. Nelle statistiche è incluso il più recente filone del cyber bullismo, cresciuto a dismisura con l’accesso ai social network anche da parte dei giovanissimi, nonostante la legge lo vieti ai minori di 16 anni.
La preoccupazione principale oggigiorno è il cyber bullismo, una forma subdola di violenza che con le sue variegate forme riesce ad adescare facilmente le vittime, le perseguita in modo insistente, lasciando protetto il protagonista delle “persecuzioni” perché nascosto dietro lo schermo di un computer.
Le forze dell’ordine, è stato spiegato, sono attrezzate per contrastare questo fenomeno, dispongono di mezzi all’avanguardia che consentono di individuare con molta precisione i colpevoli, spesso ragazzini inconsapevoli della gravità dei loro “clic”.
Il minore vessato, quando scopre di poter avere supporto in famiglia e a scuola, ritrova fiducia negli adulti e nella loro capacità di proteggerlo. Conoscere il meccanismo delle modalità di aggressione verbale e materiale dei bulli permette interventi tempestivi che evitano il peggio sia alla vittima sia allo stesso bullo: il primo potrebbe finire in un circuito virale quasi infinito, il secondo rischia di incorrere in reati molto gravi.
La parola d’ordine della serata è stata “parlare”: confidarsi, avere fiducia nel genitore, nell’insegnante, nell’adulto; poter cercare e riuscire a trovare sostegno.
Nessuna scuola, nessun luogo geografico è immune dal fenomeno.
Non aiuta affermare che i propri ragazzi sono immuni dalle possibilità di diventare delle vittime. Neppure serve alla società l’adulto che si culla nella certezza che nessuno dei “suoi” è un bullo.
Occorre prendere coscienza delle diverse parti che si giocano nel copione del bullismo. Perché ha un disperato bisogno di supporto anche l’aiutante del bullo, colui che sta a guardare e partecipa, fornendo copertura ai soprusi; è debole e vittima anche il testimone, che vede e non condivide le violenze ma non osa denunciarle per paura delle conseguenze. Perché così, alla fine, tutti risultano sia pure in diversa misura responsabili o corresponsabili.
È indispensabile che gli educatori, la famiglia, la scuola, si convincano che dal bullismo si può guarire; perché bulli e vittime possono uscire dal circolo vizioso in cui si trovano schiacciati. Bisogna agire presto e non perdere altro tempo.
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