(S) Nel tuo continuo oscillare tra argomenti di fede e di politica, la settimana scorso avevi trovato l’occasione di parlare nello stesso tempo di tutte e due, criticando la pretesa di ridurre il cristianesimo ad una linfa senza radici; prova ora a giudicare Macron in seguito alla partecipazione della Francia al raid in Siria, al seguito degli Usa. Quale sarà la ragione decisiva, quella religiosa-morale o quella politica-pragmatica? O cadrai anche tu nel tranello di una distinzione che puzza tanto di ‘doppia verità’?
(C) Vedo che sono diventate liquide anche la politica e la guerra, non solo la società. Macron spacca l’Europa sul tema essenziale della politica estera, saltando sul carro di Trump insieme alla Gran Bretagna fresca di Brexit, lasciando a piedi NATO, UE e Germania, per non parlare dell’ONU. Non ne vedo proprio la ragione, se non forse, la tentazione di scavalcare la Merkel, ancora un po’ impastoiata dalla tradizionale ritrosia germanica alla belligeranza e dal pacifismo dello scomodo alleato socialdemocratico. Certamente devo constatare che un atto di guerra non può piacere ai cattolici appena da lui blanditi col discorso ai vescovi. Ma non ci sono acrobazie dialettiche da parte mia: posso tranquillamente affermare che si tratta di gravi errori, per di più ripetuti, sia del duo Trump-May, e di Macron, sia di tutti gli altri attori, Ue e Germania specialmente, costoro incapaci di prevedere e di impedire una mossa ambigua, sicuramente inefficace, potenzialmente disastrosa, da parte dei grandi loro alleati. Quanto al lato morale, non riesco a vedere i cattolici sedotti da un intervento armato, anche se motivato dalla distruzione di luoghi strategici per la produzioni di armi chimiche di massa e condotto in modo tale da non fare vittime civili. Non c’è guerra ‘giusta’ che tenga, sotto il regno di Papa Francesco.
(O) Non credo che Gentiloni (e Renzi) si siano defilati dagli Usa per far piacere al Papa, semplicemente non avevano la minima possibilità di giustificarsi di fronte al Parlamento e all’opinione pubblica. Hanno preferito pagar dazio agli Usa. Quanto all’UE è normalissimo che non prenda decisioni rapide, figuriamoci quando potrebbero essere molto divisive. Sembra che questo abbia fatto perdere la pazienza a Macron, che non più tardi di martedì ha fatto un discorso molto ambizioso sull’Europa, parlando, all’Assemblea plenaria del Parlamento Europeo.
La sua tesi è che le difficoltà attuali dell’UE non dipendano né dalle istituzioni, né dai popoli, che secondo lui non avrebbero rifiutato le ragioni fondamentali dell’Europa, ma sarebbero stati ‘traditi’ dagli intellettuali. Cito una traduzione giornalistica: “ “Non è il popolo che ha abbandonato l’idea d’Europa. È la trahison des clercs, il tradimento degli intellettuali, che la minaccia. Alcuni ci dicono con aplomb che il popolo non vuole più Europa. A volte gli si crede, sottraendosi così alle responsabilità, quando occorrerebbe condurre il popolo fino alla fine di questa avventura. Altri dicono, con aria da saggi, che non dobbiamo accelerare il passo, per non turbare il popolo, perché questo vorrebbe dire fare il gioco dei populisti. Questo vorrebbe dire abituarci ad una musica che conosciamo bene, quella della paralisi. Sarebbe comodo, in effetti, eccitare le passioni del popolo, per evitare di indicare un cammino; sarebbe comodo criticare senza proporre, distruggere senza ricostruire”.
(S) Permettimi di intervenire, pur senza conoscere a fondo la situazione francese ed in particolare quella degli ‘intellettuali’. Non mi pare che questo sia il problema italiano. Non vedo molti intellettuali che aizzano il popolo contro l’Europa e le sue istituzioni. Lo fanno molti politici o, viceversa, si potrebbe dire che sono i politici di vari ed anche opposti schieramenti a ritrovarsi vicini in una critica alle istituzioni e ai governi europei più influenti proprio per venire incontro ad un ‘ mal di pancia’ popolare che ha portato molti voti a chi ha mostrato di volerlo curare anche con medicine non convenzionali. Quando Macron parla di “una sorta di guerra civile europea (che) sta emergendo: stanno venendo a galla i nostri egoismi nazionali e il fascino illiberale”, è proprio sicuro di non dover fare prima un esame in casa propria?
(C) Forse dicendo ‘ nostri egoismi nazionali’ accennava almeno ad una proposta politica così diffusa tra i suoi connazionali che ha potuto corrodere i partiti tradizionali e non è arrivata a prendere il potere solo grazie ad un particolare sistema elettorale che ha consentito al suo nuovissimo partito e a lui, persona di indubbio carisma, di mettere insieme una coalizione ‘repubblicana’ sufficiente a fargli vincere un ballottaggio non facilissimo. Ma personalmente m’inquieta di più l’esplicita chiamata alla Merkel per condividere un direttorio europeo a due in vista delle riforme istituzionali, tanto da smuovere persino il tardigrado Junker ad una debole precisazione sulla necessità di rispettare l’esigenza di condivisione con tutte le componenti.
(S) Altrimenti si rafforza la reazione nazionalistica.
(C) Non è il nazionalismo ciò che temo di più. In fondo la sua radice è buona, consente di aggregare persone diverse intorno a valori comuni e di sviluppare ragioni e sentimenti positivi secondo un orizzonte più largo del piccolo cerchio degli interessi immediati, purché si evitino le esaltazioni tipiche del primo novecento che hanno nutrito la volontà di potenza imperialistica, causa delle tragedie del secolo scorso. Io sono ancora più rammaricato per tutto il bene che non si realizza per la mancanza di fiducia e quindi di coesione tra gli europei, dico tra le persone, i popoli, gli uomini di cultura così come i lavoratori, ben più che tra le istituzioni e gli Stati. Eppure mai come in questi anni milioni di persone hanno potuto lavorare, commerciare, studiare, divertirsi, conoscersi e stimarsi senza dover affrontare ostacoli artificiali, frutto di barriere sia ideali sia fisiche, inventate dall’egoismo. Per fare tutto questo non è stato necessario rinunciare alle identità culturali, a certe peculiarità sociali e politiche.
(O) Sostieni dunque che hanno torto sia coloro che impongono a tutti lo stesso metro in faccende anche delicate, come l’accoglienza dei migranti o le regole bancarie e fiscali e ovviamente la grande pietra dello scandalo, il debito pubblico, sia quelli che non accettano regole di convivenza anche meno impegnative e peraltro concordate. Non è il tuo solito equilibrismo da politico della prima repubblica, lo stare nel mezzo, il dare un colpo al cerchio e uno alla botte? Se non lo è, vuoi provare a suggerire come dovremmo comportarci noi Italiani, popolo e governo, da qui fino alle elezioni europee dell’anno prossimo, passando per il prossimo importante Consiglio Europeo, dove Macron e Merkel tenteranno di imporre regole ancora più stringenti, ovviamente costruite a misura dei loro interessi?
(C) Per prima cosa occorre avere un governo nel pieno delle sue funzioni, sostenuto da una maggioranza parlamentare sufficientemente ampia e coesa. In secondo luogo occorre che esso si muova nel teatro europeo consapevole di essere una forza di livello politico pari a Francia e Germania e in più di essere portatore di esigenze molto simili alle proprie, condivise dai paesi mediterranei. In terzo luogo è indispensabile che sappia fare ciò che per convenzione chiamiamo ancor oggi ‘politica estera’ e che dovrebbe essere un accordo di convivenza e sviluppo planetario e che invece appare sempre di più, secondo un antico aforisma, la continuazione della guerra con altri mezzi.
(S) Ma ti pare possibile?
(C) Temo di no, ma spero di sì. Ma anche nel caso di un governo con maggioranza debole numericamente o poco coesa quanto a programmi, abbiamo ancora una carta da giocare: l’azione propositiva, ben più che mediatrice, del Presidente della Repubblica, i cui poteri costituzionali, ancorché raramente esercitati sono sufficientemente ampi per imprimere a Governo e Parlamento le correzioni di rotta e le accelerazioni di attività che si rendessero necessarie. Non so se si arriverà ad un ‘governo del Presidente’, ultima spiaggia primo di uno scioglimento delle Camere che sarebbe ovviamente la soluzione peggiore, anzi, la non-soluzione. Un governo debole sul piano interno non dovrebbe essere necessariamente assente o non intelligente su quello internazionale, sia europeo, sia globale. Non mi spaventa, in conclusione, un ritorno temporaneo ad un parlamentarismo di stampo ottocentesco, che agisca cercando maggioranze larghe sui problemi concreti, interni e internazionali, rinunciando serenamente ad ambizioni di riforme istituzionali e ancor più costituzionali sinceramente improbabili. Si pensi piuttosto ad una prossima legislatura con una connotazione decisamente costituente, annunciata come tale e realizzata per mezzo di una legge elettorale coerente con questo scopo. Sarebbe anche l’unica possibilità per i cattolici di tornare a contare sul piano elettorale.
(S) Ti muovo un solo rilievo: ti sei allargato un po’ troppo, persino oltre i sogni ad occhi aperti di Onirio Desti.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
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