(O) Desta interesse anzi scalpore, in Francia, il discorso di Macron ai vescovi francesi. Ostilità a sinistra, prudenza, forse pure imbarazzo tra gli interlocutori ecclesiastici, perplessità tra i politici conservatori, preoccupati di un astuto saccheggio elettorale.
(S) Dovremmo valutarlo piuttosto nella sua dimensione almeno europea. Fa seguito al coagularsi nell’Europa centrale di un nucleo di governi conservatori con forte presa su di un elettorato popolare di tradizione cattolica, in Austria, Polonia, Ungheria, sbrigativamente bollati come ‘populisti’. Però, tutto il mondo laico e benpensante che si è preoccupato e scandalizzato per la tracimante vittoria di Orban in Ungheria, non sa che cosa pensare di questa apertura del laico Macron nel Paese inventore della laicità illuministica.
(O) In Italia le reazioni sono variegate. Da prima pagina per Avvenire, sia pure con qualche cauto distinguo, invece nascosto tra i commenti in trentaduesima per Repubblica: ciò significa che per i campioni del laicismo dialogante non ha nemmeno la dignità di una notizia. Per quelli che hanno sparato in prima pagina la ‘notizia’ che per il Papa l’inferno non esiste e che hanno licenziato in tronco il laicissimo Odifreddi per avere espresso dissenso rispetto a questo ‘abuso della credulità papale’, non c’è male.
(C) La scorsa settimana mi era infatti venuta voglia di confezionare un’apologia veramente paradossale di Piergiorgio Odifreddi, con cui concordo quasi solo su questioni matematiche, di cui è maestro, ma ho lasciato perdere, dal momento che di solito cerco di documentarmi sugli autori che prendo in considerazione, quando ho visto che la sterminata bibliografia delle sue pubblicazioni occupava diverse pagine solo di titoli. Non sono in grado di compiere certe imprese.
Del discorso di Macron mi ha colpito un passaggio, riportato da Avvenire con il commento del direttore del quotidiano cattolico “Croix”, Goubert: – «Non sono le radici che ci interessano, perché possono essere morte, ciò che ci importa è la linfa. E io sono convinto che la linfa cattolica debba contribuire ancora e sempre a far vivere la nostra nazione» ha detto Macron – che ha il sapore di una mano tesa. L’appello dell’Eliseo all’impegno politico dei cattolici, particolarmente in un momento di forte liquidità della politica come il presente, può aprire scenari nuovi ma, a parere di Goubert, nel futuro dei francesi non c’è un partito cattolico: «Sarebbe un partito molto piccolo, tra tanti altri. Credo che sarebbe preferibile che ci fossero in tutti i partiti – ed almeno in quelli moderati – delle persone il cui impegno politico fosse nutrito dalla fede».
Mi ha colpito perché mi piacciono molto le metafore, anche quelle più paradossali, ma questa non mi pare pertinente. Come può esserci linfa vitale se le radici sono seccate? Da dove prenderebbe forza la linfa cattolica per far vivere una nazione che non ne curasse l’origine, anzi cercasse di tagliarne le radici?
(O) Proviamo a sviluppare la nostra riflessione con un’altra metafora, pure presa dall’arboricoltura, quella dell’innesto: le radici potrebbero restare quelle cristiane, non secche, ma nascoste, sotterranee, destinate a rifornire di linfa i fiori e i frutti della modernità, innestata su esse. Descriviamo in questo modo il tentativo del migliore illuminismo: salvare i valori cristiani dopo la caduta del cristianesimo come fede reale e vita personale, indipendentemente dal riconoscimento effettivo di Gesù Cristo come vero Dio e vero uomo. Credo che si ponga effettivamente questo dilemma alla Chiesa in Francia: restare coerente a sostegno delle proprie convinzioni in materia, per esempio, di bioetica e di sostegno all’educazione cattolica o ammorbidire l’opposizione alle innovazione legislative su questi temi in cambio di una maggiore attenzione ai temi sociali?
(S) Ma no! Non c’è nessun dilemma, perché sui temi della modernità, di cui quelli bioetici sono una parte minore, non c’è governo dell’Europa occidentale che possa fare un minimo passo indietro, che sia di matrice socialista o liberale. Macron, poi, non appartiene veramente a nessuna di queste due tradizioni, mi appare piuttosto un pragmatista, che potrebbe essere preso ad esempio da tutti i nostri partiti, con la sola eccezione dell’estrema sinistra. Né si può pensare che il mantenimento di un certo livello di welfare sia una concessione alla Chiesa e possa essere utile al suo specifico fine missionario. Sempre che non accetti di ridursi ad una grande onlus.
La metafora potrebbe reggere anche per i Paesi dell’Europa centrale, ma forse a parti invertite: i governanti di Cechia e Slovacchia, ma particolarmente di Polonia, Ungheria e Austria pretendono di dare frutti cristiani da rami innestati sulla radice nazionalistica. In sintesi dicono: la tradizione deve essere difesa tutta intera, se vogliamo difendere i valori cristiani dobbiamo difendere tutta la nostra tradizione, a costo di chiuderci, culturalmente e politicamente.
(O) Mi domando se non sia anche questa una forma di sfruttamento ideologico della forza di coesione del cristianesimo a beneficio di un diverso sistema politico. Rimane il fatto che al laicismo italiano, tanto politico quanto culturale, non piace nemmeno la forma ‘innestata’ alla francese di partecipazione dei cattolici alla guida politica dell’Italia e ancor meno dell’Europa. Mi chiedo anche se la possono accettare i cattolici e più in generale i cristiani.
(C) Guardiamo ai fatti: in tutti i Paesi europei l’adesione reale alla Chiesa cattolica e alle principali denominazioni protestanti è in netta diminuzione, qualsiasi atteggiamento prendano le Conferenze Episcopali locali nei confronti della politica e delle legislazioni nazionali in merito ai temi etici. In altrettanto evidente diminuzione è l’influenza politica dei partiti dichiaratamente democratici cristiani. Come ha ribadito Goubert, citato poc’anzi, un partito dichiaratamente cattolico sarebbe molto piccolo in Francia, come lo è dappertutto. Non servirebbe né alla Chiesa, né a se stesso. E nel mondo la situazione non è molto differente; i fasti dell’Internazionale democristiana, oggi significativamente denominata non più cristiana, bensì ‘centrista’, sono assai remoti. Lo dico chiaro: gli unici partiti di tradizione democristiana veramente influenti nel mondo sono i due tedeschi, CDU e CSU, ma dobbiamo cominciare a domandarci se reggeranno alla sfida del nazionalismo conservatore o se finiranno per annacquare la tradizione culturale e sociale cristiana nel conservatorismo.
(S) Quindi, cosa concludiamo? Come giudichiamo i vari Macron, Orban, Kurz eccetera? Qual è l’innesto migliore?
(C) Non credo che ce ne sia uno migliore in assoluto. Nemmeno si può dire che non ce ne debba essere alcuno. Anzi le soluzioni meno desiderabili sarebbero forse quelle non ibride, sia quella dove ci sia una totale sottomissione della Chiesa e quindi della vita cristiana dei cittadini allo Stato, fino all’estremo dei regimi persecutori, sia quella di identificazione o di sottomissione dello Stato alla Chiesa, che non si riscontra nemmeno nello Stato Città del Vaticano, se non simbolicamente. Perciò, ancora una volta devo dire che i cristiani daranno un contributo rilevante alla comunità politica quanto più saranno capaci di dare un contributo originale alla comunità sociale, far circolare la LINFA dalle radici ai frutti, senza pretese egemoniche, oggi improponibili, senza timidezze, senza vergognarsi della propria identità.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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