Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Politica

CONVITATO DI PIETRA

EDOARDO ZIN - 13/04/2018

europaDurante la campagna elettorale e le consultazioni al Quirinale, oltre agli sproloqui che ne sono seguiti, ho notato una presenza invisibile, ma presente, perciò conturbante e, forse, inattesa. Questo convitato di pietra si chiama Europa.

Non mi riferisco tanto agli europeisti e agli euroscettici, ai sovranisti e ai federalisti, ai difensori estremi dell’identità nazionale e a chi è per una società più aperta, a chi cambia continuamente posizione circa la presenza dell’Italia in Europa o a chi è fermamente deciso di continuare il cammino verso una completa integrazione politica. Mi richiamo a quei movimenti e partiti che hanno steso sfarzosi programmi di politica interna senza tener conto che facciamo parte di un’Unione Europea a cui ci legano diritti e doveri sanciti da precisi trattati firmati da governi dotati di una maggioranza parlamentare: vincoli che sono insieme politici ed economici, vincoli che sono stati messi tra parentesi o sottaciuti durante la campagna a favore di una becera propaganda elettorale. Attribuisco a questi partiti lo sbaglio di “aver fatto i conti senza l’oste”. Ed ora, al momento della formazione del governo, si accorgono che esistono vincoli che si devono rispettare.

Nella coalizione di centro-destra, la Lega, se andrà al governo, ha promesso di uscire dall’euro, di sottoporre a referendum popolare la nostra permanenza o meno nell’Ue, di prescrivere la flat tax, di abolire la legge Fornero. Ma il nostro strillone Salvini non ha detto con quali risorse riuscirebbe a portare a termine il suo borioso programma. Nella stessa coalizione, Forza Italia è perplessa circa queste proposte anti-europee non tanto in nome di una sua salda vocazione europeistica, che è piuttosto altalenante, quanto per motivi di tattica politica perché essa aderisce al PPE che esprime nientemeno che il Presidente del Parlamento Europeo.

Il Movimento 5 Stelle ha ultimamente mitigato il suo euroscetticismo fondato sulla forzatura del quadro europeo e sul superamento dei parametri di finanza pubblica per sostenere il reddito di cittadinanza.

Il PD, che dovrebbe essere il partito più consapevolmente europeo, è attento più alle prese delle sue beghe interne che non a rendere l’Europa più “alta”, aperta alle sfide mondiali: c’è stato un politico dem che ha invocato la formazione di un partito sulle orme di “En Marche” dimenticando che la vittoria di Macron in Francia è dovuta al sistema elettorale francese diverso dal nostro. Se si pensa, poi, alla recente politica europea del “battere i pugni sul tavolo” di Renzi essa ci sembra più una soluzione a breve termine, suggerita per ottenere margini di manovra, che a un fattore cruciale insopprimibile per una convinta politica europeistica.

È vero: l’attuale Europa non è quella immaginata da Adenauer, de Gasperi e Schuman. La solidarietà è stata sostituita dal rispetto delle ferree leggi imposte dalla moneta unica. Forse, fu un errore: invece di completare l’unione politica si puntò su una semiunione monetaria e su un faticoso e indefinito allargamento verso l’est, ma è pur vero che la moneta unica è l’anticamera dell’unione politica, se si pensa che l’euro che abbiamo in tasca non è frutto del lavoro degli italiani, bensì di tutti i cittadini dei paesi che aderiscono all’eurozona. Il che comporta il rispetto di vincoli di bilancio, di regole comuni fondate sul risanamento delle finanze pubbliche e sulle procedure dei bilanci pubblici. Ciò ha comportato in alcuni paesi sacrifici.

Le frasi dette e ridette: “Ce lo chiede l’Europa…”, “È colpa dell’Europa…”, “È colpa degli eurocrati di Bruxelles…”, “L’Europa delle banche e della finanza…”, “È la Germania che comanda…” contengono in sé un pizzico di verità perché l’euro non permette che ci siano paesi geneticamente dediti a spendere e spandere e altri costitutivamente dediti alla virtù. Ma a costruire questa Europa tutta incline all’economia e alla finanza non è stata Bruxelles, ma il terzetto Barroso, lady Athson e Van Rompuy, voluti cioè dagli stati nazionali, (“il federalismo degli esecutivi” di Habermas) che vedono nell’europeismo la maschera per proteggere la loro residua sovranità, i propri interessi e per nascondere in alcuni casi le loro disastrate politiche economiche nazionali. Sono patetici quei politici che difendono con le unghie e con i denti la propria sovranità e contemporaneamente criticano i paesi che fanno un uso cattivo di queste prerogative! Il politico saggio non se la deve prendere con i tedeschi e i francesi che fanno i propri interessi, ma con i propri connazionali che non fanno altrettanto.

Vogliamo uscire dall’eurozona? Si può, sperando che qualcuno abbia conservato il vecchio marchio con cui si coniava la lira. Ma con quale moneta pagheremmo il nostro forte debito pubblico? E a quali interessi? E il mercato come valuterà il cambio euro-lira? E le importazioni con quale moneta le pagheremmo? Pagheremmo ad alto prezzo l’inefficienza e la divisione, se non addirittura il conflitto sulla scena mondiale, proprio in un momento in cui i confini economici non coincidono più con quelli politici.

Sarà bene che chi sarà chiamato a formare il nuovo governo dia una ripassata ai trattati e soprattutto cerchi in Europa dei partners per passare dalla fase monetaria a quella di una comune politica di bilancio e, da questa, a quella di una comune politica fiscale per limitare la concorrenza sleale di chi attira nel proprio territorio imprese estere, grazie a regimi fiscali particolarmente vantaggiosi. Contemporaneamente ci si muova dritto dritto, senza esitazione verso l’unione politica!

Scrivo mentre la radio mi porta in casa i risultati delle elezioni in Ungheria. È una minaccia installata nel cuore dell’Europa perché le chiusure hanno sempre sacrificato gli interessi delle generazioni future. L’Europa non è finita, è a un bivio: parafrasando una frase cara a Jacques Delors direi che il mercato unico ha stimolato l’Europa, ma ciò che la rinforza è la cooperazione e ciò che l’unisce è la solidarietà.

 

 

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login