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Souvenir

GIOCHI DI CORTILE

ANNALISA MOTTA - 06/04/2018

girotondoAllora, giochiamo ai verbi? No, a rialzo! No, dài, a “prendersi”…

A scuola, sotto i tigli del cortile inghiaiato, dove muretti e scalette si sprecavano, dove l’ombra era un tesoro da conquistare, passavamo tutto il tempo dedicato alla ginnastica – quanto erano lontane le palestre- a correre, saltare, giocare, bisticciare, fare la pace.

Beh, in effetti una certa forma di ginnastica si faceva: si marciava!

Unò duè, avanti marsc, dietroooo front, fronte e dest, fronte a sinist, passo-ò, passo-ò. E si cantava: gonfi di amor patrio e di Risorgimento, conoscevamo alla perfezione tutti i canti della nostra Indipendenza, tutti, inevitabilmente, retorici: ma noi non lo sapevamo, e ci piacevano. “Si scopron le tombe si levano i morti… Il Piave mormorava calmo e placido… Quando passano per via, gli animosi bersaglieri…”: tutti canti a due tempi, quelli della marcia, che riusciva così a diventare passabilmente ordinata.

Ma soprattutto si giocava. E sempre in gruppo. E sempre all’aperto. Nel ricordo anzi questo tempo si dilata, come se in quegli anni il clima fosse stato perennemente soleggiato e tiepido.

Nascondino, palla prigioniera, il mondo, Mamma quanti passi devo fare, mago libero, indiani e cowboy, bandiera, la pista delle biglie, il salto alla corda, i giochi con le figurine… Senza contare quelli inventati di sana pianta, come arrampicarsi sugli steccati e spencolarsi a testa in giù, oppure scendere le scale scivolando sul tubo della ringhiera; esplorare le case in costruzione(dietro il nostro palazzo ce n’erano due, fantastico mondo proibito dove andavamo sempre a nasconderci), e poi scalare i gelsi per cogliere i moroni, spaventare le galline del pollaio della Brὕsada, saltare dagli scalini, rotolarsi nell’erba, cacciare rane nello stagno (mai catturata una!).

In effetti, in casa ci stavamo proprio poco. Credo che le mie principali attività sedentarie fossero la lettura e il cucito, che era materia di studio alle elementari e non mi dispiaceva affatto; poi c’erano da incollare le figurine della raccolta di turno, che voleva dire Coccoina sulle dita, il tavolo, il fazzoletto, il golfino… E la collezione di francobolli, e le bamboline disegnate e ritagliate con tutto il corredo, e il meccano quando papà era in vena, e le costruzioni di legno, e la tombola dei fiori, e le carte – con i miei nonni, che alla tenera età di otto anni mi vollero insegnare la canasta-.

Se avevamo voglia e l’offerta era invitante, ci stava anche l’oretta di Tv dei ragazzi; Febo Conti, Giovanna la nonna del Corsaro Nero, Rin Tin Tin, Lessie, e indiscutibilmente – come ho ricordato tempo fa – il fascinoso Ivanohe.

I telefonini e gli I-phone erano di là da venire: ma chi avrebbe avuto il tempo di usarli, impegnati com’eravamo a giocare?

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