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Opinioni

UN FRENO AL DEGRADO

CESARE CHIERICATI - 06/04/2018

rifiuti“..La mia speranza è di riuscire a cogliere sul fatto uno di questi barbari e di dargli una lezione esemplare, secondo la legge e magari facendo finire la sua “bella” faccia in prima pagina sui giornali”. Cosi venerdì 30 marzo dalle colonne della Prealpina Dino De Simone, il più buonista, pedagogico e “ideologico” degli assessori galimbertiani. Vuol dire che forse una speranza per una svolta finalmente efficace nei confronti di sversatori di immondizie, imbrattatori di muri e graffitari urbani esiste.

A convincerlo che un freno, in un modo o nell’altro, va posto è stata la scoperta della scarpata della strada che costeggia il cimitero di Belforte invasa da ogni genere di rifiuti: dalle bottiglie vuote agli elettrodomestici dismessi, dalle plastiche ai pacchetti di sigarette. Per tacere della bicicletta gettata nella piscina ormai vandalizzata di Villa Mylius. Episodi di macro inciviltà cui il Comune sta cercando di porre rimedio con spese ingenti a carico della collettività. Solo tuttavia la classica punta di un iceberg con propaggini in molte altre zone della città a cominciare dalla parte finale della bretella dell’autostrada che termina in largo Flaiano per quindi immettersi in via Magenta. Nei lunghi tempi di attesa al semaforo l’automobilista annoiato e indispettito dalla colonna che fa? Non si limita alla musica, all’ascolto delle notizie o all’infinito e vacuo interloquire sui social, si impegna pure nel riordino dell’abitacolo gettando sul ciglio della strada tutto quanto gli è di troppo compreso, se fumatore, l’intero contenuto del posacenere. Operazione quest’ultima molto praticata anche lungo gli stalli bianchi e blu dei parcheggi urbani nonostante i cestini portarifiuti a qualche decina di metri.

L’accidia da cestino fa proseliti anche nel variegato panorama delle mamme da nido e scuola materna che appena prelevato il pargolo avvertono l’imperativo categorico di nutrirlo all’istante, con succhi di frutta, merendine e quant’altro. A pargolo sazio e scalpitante non c’è più tempo per ottemperare correttamente all’igiene urbana, meglio quindi abbandonare i resti del “fiero pasto” a bordo strada o sui muretti che circondano la scuola in questione. Può persino accadere che debbano cambiarlo di tutto punto e allora qualche dolce mammina pensa bene di abbandonare coi resti delle merendine anche il fetido fardello di pannolini.

E questo è capitato – raramente per fortuna – nelle immediate adiacenze di scuole e asili dove si presume venga fin dall’età più acerba insegnato, con piccoli esempi concreti – la classica carta nel cestino dell’aula – un minimo di rispetto per gli altri, per i locali che ti ospitano e in definitiva per se stessi. Ma probabilmente è fiducia mal riposta perché una lettrice del Corsera di Piazza S. Ambrogio a Milano segnala addirittura che i neolaureati dell’adiacente Università Cattolica sono soliti festeggiare la laurea nei giardini antistanti abbandonando poi i malinconici resti su aiuole e panchine, una conferma ulteriore che cultura e civiltà sempre più spesso divergono all’infinito. Al di là degli auspici e dei sermoni di rito qualcosa di più incisivo andrebbe comunque fatto sul versante delle dissuasione.

L’unica strada seriamente percorribile è quella di un inasprimento radicale su scala nazionale delle sanzioni per i reati di danneggiamento, sia alle cose sia all’ambiente inteso nel senso più largo del termine. Condanne rapide ed esemplari avrebbero anche un valore risarcitorio nei confronti di chi – la maggioranza – si comporta con correttezza osservando con scrupolo le regole. Insomma bisognerebbe tornare “a colpirne uno per educarne cento” secondo un vecchio slogan barricadiero del ‘68, nella circostanza volto però a beneficio delle istituzioni e del civico rispetto.

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