Aveva mantenuto la promessa fatta a Liala sul letto di morte. Non avrebbe mai lasciata sola Primavera, la figlia della scrittrice, dopo che lei avesse chiuso gli occhi per sempre.
Così Tarsilla detta Tilla aveva continuato la sua vita di dedizione e servizio a casa Cambiasi, vivendo per sempre a Villa la Cucciola, dove da anni prestava il suo devoto servizio.
“Una sera Liala mi chiamò, mi prese la mano e mi guardò negli occhi: ‘promettimi di non abbandonare Pri Pri’. Ho promesso: quella sera stessa ci ha lasciate. Le abbiamo messo la camicetta di lamé, la gonna lunga color avorio, le scarpine d’oro, come voleva lei”.
Tilla ci aveva raccontato un pezzo importante della sua vita, in un pomeriggio di confidenze, dopo che Il congedo terreno della padrona, era avvenuto il 15 aprile 1995, le aveva tolto la parte migliore della sua vita.
È toccato invece ora a Primavera dare l’addio a lei, Tarsilla Durante, stroncata a 89 anni dalla malattia, in un letto d’ospedale.
“Mi manca come una sorella- ci ha detto Primavera- perché così siamo state e abbiamo vissuto, insieme per anni: come due sorelle. Pronte a sostenerci a vicenda”.
Tarsilla Durante, detta Tilla, spentasi il 22 marzo scorso, ha lasciato per sempre la villa varesina costruita da Liala sul Montello, dopo una vita dedicata alla sua padrona e a quella famiglia che, una volta accoltala in casa, non seppe più fare a meno di lei.
Era entrata a far parte di quel geniale gruppo di donne convinta di aver realizzato il sogno della sua vita: essere a servizio in casa della amata scrittrice, proprio quella che, attraverso i suoi romanzi, l’aveva fatta sognare, ripagandola delle tante umiliazioni patite sul lavoro.
Nata in una modesta famiglia veneta, fin da ragazzina Tilla non era mai stata con le mani in mano. Erano anzi state proprio quelle sue manine laboriose a offrirle il lavoro desiderato e a permetterle di superare certi momenti di miseria grazie alla naturale predisposizione-quasi una vocazione-a occuparsi, con amore e intelligente dedizione, delle case in cui entrava, ma soprattutto delle persone che le abitavano.
Aveva servito, ancora giovanissima, una padrona che non le aveva risparmiato critiche. Ma si consolava la sera leggendo i racconti della sua scrittrice preferita sulla Rivista Annabella.
La signora aveva mandato a chiamare la zia.
“Tarsilla legge troppo”.
“Non mi sembra una cosa cattiva” aveva risposto la saggia parente. E lei continuò a nutrirsi con convinzione di quelle parole, la sera, appena richiusa la porta della cameretta alle spalle.
La nascita di un fratello aveva comportato poi per qualche anno il suo temporaneo rientro a casa, dalla madre, per di più in tempi magri.
“Non potendo guadagnare andavo il mattino presto nel bosco a raccogliere castagne per rivenderle e portare qualche soldo a casa. Un giorno ne riempii un grembiule intero e con quello comperai il vestito che mi occorreva”.
Cresciuto il fratellino, tornó a servizio, conoscendo altre soddisfazioni ma affrontando anche nuove e umilianti sofferenze.
Finché qualcuno le prospettò una possibilità di lavoro in una casa signorile di Milano. Lei si presentò: era la porta di casa Cambiasi. E fu l’inizio di una nuova vita.
La nuova padrona la guardava con attenzione. ” Mi salutò dicendomi: ‘che bella sposina’. Non capii cosa volesse intendere con quella espressione. E per un po’ ci scrutammo entrambe, per imparare a conoscerci meglio”.
In breve l’ umanità e l’ intelligente disponibilità di Tarsilla incrociarono la sensibilità un po’ sospettosa di Liala, ancora carica di passione e malinconia per la tragica morte del suo amore, il pilota Vittorio Centurione Scotto: ne nacque un totale rapporto di fiducia, destinato a consolidarsi sempre più nel tempo.
Tilla divenne anzi assolutamente indispensabile nel corso degli anni, col crescere delle cure verso l’ormai anziana signora della letteratura, soprattutto quando l’immobilità e la cecità di Liala la costrinsero a una vita di grande sofferenza.
La vetrina mediatica della scrittrice fu giustamente attenta nel riflettere l’ immagine di Tilla come quella di un angelo custode della famiglia: tre donne dapprima -poi solo due, perché Serenella si era ben presto sposata- delle quali lei si occupava curandone la casa e la persona. Soprattutto proteggendole da ingerenze inopportune verso la vita del,personaggio Liala, tanto noto quanto schivo.
Compariva sulle riviste femminili attorno al tavolo del compleanno di Liala, con la scrittrice, le due figlie e la nipote Donata, la bella figlia di Serenella, pronte a soffiare sulla grande torta coronata dal brillio delle numerose candeline.
A proposito di torte, Tilla ne faceva di ottime, alte e soffici, e d’estate le offriva agli ospiti accompagnandole con fresche bevande profumate di erbe.
Era la perfetta governante di una famiglia dalla storia importante- tanto importante da poter vantare ben due papi nell’albero genealogico.
Ma a Tarsilla importava soprattutto servire e sostenere con la sua semplice arte domestica l’arte di Liala. Che, messo da parte il blasone, facendo di necessità virtù, scriveva romanzi di notte per assicurare il pane quotidiano alla sua famiglia di sole donne.
E che, con le sue romantiche, eleganti storie d’amore, seguite a getto continuo dopo il successo di Signorsì- ribattute e controllate poi a tempo di record dalla preziosa figlia Primavera- faceva sognare indistintamente le ragazze: sia povere che aristocratiche.
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