Le conquiste non sono mai definitive e nella maggior parte dei casi preludono a riconquiste. C’è sempre un motivo in più per mettersi in campo, soprattutto se in quel campo ci sono giovani che attendono di conoscere il mondo senza sotterfugi o inganni, con quell’onestà che è caratteristica fondamentale della stagione a loro riservata.
Viviamo tempi difficili, che non hanno pietà per nessuno, contrassegnati spesso da aridità e desertificazioni, da solitudini esistenziali e da abbandoni, da forme di individualismo estremo che cancellano l’immensa apertura alare dello spirito umano. I giovani avvertono questa pesante distrazione sociale, sentono sulla loro pelle l’inadeguatezza di un sistema che configura spesso mondi che non esistono, dentro i quali diventa umanamente difficile coordinare filtri relazionali e interazioni capaci di creare una svolta.
La globalizzazione ha bruciato molti valori consolidati, non li ha sostituiti, ha mescolato le carte, lasciando ciascuno nell’idea che la verità abbia sempre due facce, due modi di vivere, affidando alla occasionalità degli eventi e alla prepotenza della ricchezza la possibilità di creare una svolta. Un oceano di sovrapposizioni, di abusi e di prepotenze pubbliche e private consumano ogni attimo ciò che uomini dignitosi e leali hanno costruito con fatica.
Si ha la sensazione che ai giovani non resti che raccogliere i cocci, rimettere insieme il possibile, per ricostruire almeno una parvenza di società in cui la democrazia non sia solo slogan coniato dai furbi per imbrogliare i deboli. I giovani sono il nostro futuro, rappresentano ciò che siamo stati capaci di fare, la materia grigia della nostra esistenza e della nostra speranza, è osservandoli con attenzione che potremo stabilire con qualche certezza che uomini e donne siamo stati, se siamo stati capaci di essere esempi e termini di confronto utili per una crescita onesta e leale.
I giovani sono una parte attiva della società, una parte nobile, capace di produrre, definire, ridefinire, ricucire, ma hanno bisogno che il mondo adulto si accorga di loro, li coinvolga, li faccia sentire vivi, dignitosi e capaci di reggere anche gli errori di una società che li sottovaluta. Non basta metterli in scena quando fa comodo o ricordarsi di loro nelle prolusioni pubbliche e private, bisogna amarli, occorre inserirli, aprire loro le porte di un mondo che altrimenti sarebbe ripetitivo e scontato, incapace di produrre ideali, di essere creativo e innovativo, capace di investigare il presente e di costruire il futuro.
Se i giovani abbandonano il loro paese vuol dire che non si sentono accolti e che quel mondo dal quale attendono il segnale guarda altrove, non si accorge di loro. Perderli significa non capire il senso vero e profondo della storia, non aver studiato abbastanza i significati palesi e profondi di una legislazione che rispetta e promuove la libertà dell’uomo e del cittadino, salvo dimenticarsene quando la posta in palio è alta e gli interessi sono molti.
Senza giovani non ci può essere futuro e, questo, una comunità responsabile lo deve sapere e lo deve impedire.
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