“Perchè non muoio? Che vita è questa sofferenza?” È il gemito di una persona cara, ridotta in condizioni molto penose da un crudele morbo che lentamente ed inesorabilmente blocca la funzionalità di tutti i suoi visceri. La sua sofferenza è talmente inesorabile e crudele che non vede l’ora di perdere questo grande bene supremo che è la vita. E tu non sai rispondere, ma quei due interrogativi scaricano anche su di te tanta sofferenza. Non sai, non puoi rispondere. Condividi il dolore, ma non puoi portare il sollievo che vorresti perchè non è sufficiente star vicini per essere d’aiuto.
Hai studiato e stai ancora studiando per aiutare, ma troppo spesso le tue armi risultano spuntate. Le scienze mediche devono percorrere ancora un lungo cammino per riuscire a sconfiggere la sofferenza, inesorabilmente legata alla fragilità della nostra vita. Da parte di molti la fede nella scienza è grande per cui si dedicano generosamente alla ricerca. Il fascino del sapere seduce molte intelligenze che si sacrificano nello studio, ma sono di grande difficoltà a questo percorso sono le esigenze economiche che, se esasperate, fanno coincidere il successo di una ricerca con il profitto immediato. Il successo economico non va sottovalutato. Inesorabilmente è una necessita, ma non facile riuscire capire quando è utile e quando invece diventa ostacolo se mal interpretato. Qualcuno potrebbe invocare le scelte e l’azione “politica”, ma anche questa, di fronte alla logica matematica, ha un limite.
Un esempio? È recente la dichiarata rinuncia, da parte di importanti imprese farmaceutiche, a ricercare nuovi antibiotici, a studiare ulteriormente farmaci capaci di curare il Parkinson e l’Alzheimer. Il “profitto”, quando è fine a se stesso, è inesorabile nell’imporre la sua fredda logica. Quando poi viene considerato metro del successo può essere crudele. Il successo è decretato dal guadagno, specie se è tanto, non da ciò che faccio per me e per gli altri uomini. È purtroppo un luogo comune a cui tanti e forse troppi si rassegnano, tanto da considerarlo cosa inevitabile.
È il discorso per esempio che avviene nei confronti delle malattie rare, che appunto perchè rare sono difficili sia da diagnosticare sia da curare e non incentivano alla ricerca, tanto che per tentarne una risoluzione spontaneamente si sono creati gruppi a base volontaria, si sono realizzate fondazioni per raccogliere fondi da impiegare nella ricerca. È banale, ma reale dire che il profitto è legato al mercato ed è ovvio sostenere che il mercato delle malattie rare praticamente non c’è.
Il discorso della sofferenza è diverso perchè la sofferenza è molto diffusa ed il bisogno di alleviarla, o se possibile annullarla, è grandissimo; così il concetto del profitto non viene mortificato, resta soddisfatto e quindi la possibilità di avere aiuti risulta maggiore, ma fino ad un certo punto. Nelle ricerche cliniche ed epidemiologiche si sta infiltrando un’altra necessità, un altro ostacolo, che purtroppo ha collegamento sempre con l’economia: fino a che punto su un malato vale la spesa fare certe terapie? Fino a che punto è giusto aiutare a vivere? Aiutare a vivere allevia i dolori o li prolunga? È giusto mettere sullo stesso piatto sofferenza e costi? Più giusto rinunciare a certi programmi e rifugiarsi nelle terapie palliative? E la volontà del soggetto quale è? La volontà del paziente di fronte al concetto della grandezza e della unicità del grande bene della vita, ha importanza? Qui si fa evidente la necessità del testamento biologico, che deve essere realizzato con tanta sensibilità ed attenzione
Il non sprecare, il non buttare via valori è un grande dovere come pure grande, anzi grandissimo è il dovere di aiutare il più possibile chi si trova in crisi, chi è nel dolore. Quindi molto importanti gli studi delle organizzazioni, le riflessioni sulle necessità legate al tema del fine vita, che negli ultimi anni si stanno sempre più sviluppando. La necessità sta diventando impellente come pure importante è che questi pazienti non vengano curati in strutture troppo lontane dalle famiglie. Questa è una necessità psicologica e pratica.
Per inciso: in alcune città in questi giorni movimenti e comitati di cittadini stanno cercando di evitare la chiusura di certi ospedali locali. È un tema che non ha alla base banali esigenze campanilistiche, come può sembrare. Mutati i tempi in cui si fondarono questi ospedali, per giungere a sagge soluzioni ora sono necessari studi clinici, epidemiologici e freddo logico controllo delle risorse economiche. Si chiede che si mantengano particolari servizi, che per motivi tecnici sono pericolosi far proseguire, ma non vengono invece richiesti nuove tipi di cure più necessarie, come quelli riguardanti il tema sopra esposto. Viene dimenticato che il compito dei medici è sì quello di curare, ma inevitabilmente anche quello di aiutare a morire bene. Si dimentica che morire fa parte della vita e ci si comporta come se l’unico fine della vita fosse l’economia.
Sono tutti temi che vanno affrontati con occhi nuovi cercando d’essere lontani da pregiudizi.
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