Carlo Bottinelli, il presidente onorario dei commercianti varesini scomparso la notte tra il 14 e 15 marzo a 93 anni, aveva un sogno nel cassetto, tornare a produrre il vino sulle pendici del Sacro Monte. “É un progetto interessante – diceva finché tenne il timone dell’azienda vinicola di famiglia – Sappiamo che in passato i vigneti salivano alla settima cappella seguendo il percorso devozionale e che alla Cassina Moroni c’erano la cantina e il torchio per la vendemmia. La tradizione si è persa ma si potrebbe rilanciare trovando i proprietari disponibili a vendere o affittare i terreni. Noi saremmo già pronti con la cantina attrezzata di botti e silos in acciaio inossidabile”.
Un progetto affascinante. La stampa che Federico Agnelli incise nel 1656 su commissione dei fabbricieri del Sacro Monte prova che i vigneti si arrampicavano fin quasi a lambire le case del borgo alto e che, dunque, il presidente vedeva giusto. Da uomo pratico qual era, in attesa dei terreni cominciò a produrre il Principato Santa Maria del Monte rosso (11,5°, cuvée di barbera d’Asti e dell’Oltrepò Pavese) e in versione bianco (stessa gradazione con uve chardonnay e pinot del Veneto). Nome obbligatoriamente di fantasia non essendo le uve autoctone. In etichetta un’antica stampa in bianco e nero delle Cappelle. Centomila bottiglie per cominciare. Era il 1998.
Abile imprenditore ed efficace guida di Ascom Varese dal 1997 al 2002, era facile incontrarlo a Milano alle assise generali del commercio o ai raduni nazionali sui temi di vitale interesse per la categoria. Nel 1977 fu tra i fondatori di Ascomfidi, il prezioso organismo che si occupa dei finanziamenti delle banche agli associati. Attento naturalmente al mondo del vino a cui apparteneva con l’azienda all’ingrosso in via Lazio, poi trasferita in via Macchi. Dal 1970 era consigliere dell’Unione Italiana Vini, l’organo nazionale di autogoverno dei produttori di vino, amico di personaggi come Ezio Rivella, il re del Brunello di Montalcino.
Una botte nel destino. Tutto era cominciato nel 1918 con il bar-trattoria in piazza Carducci 2 a Varese. Lo gestiva Giuseppe Bottinelli fu Carlo con la moglie Ambrogina. Lui reduce dalla Grande Guerra dove aveva rimediato una brutta ferita alla gamba. Invalido e sofferente, ma con tanta voglia di lavorare e capace di far di conto. Lei, Ambrogina, regina dei fornelli, gli dava molto più che una mano. Dopo sei anni la coppia riscattò l’avviamento della trattoria e si mise in proprio. Primi e secondi piatti, mezzogiorno e sera, pulisci, prepara, sprepara. La dura vita dell’oste. I clienti apprezzavano spingendo gli affari.
Poi arrivarono i figli, quattro, e Giuseppe cominciò a carezzare il sogno di commerciare vino all’ingrosso. Ceduta la trattoria, acquistò il magazzino in via Adamoli. Il dado era tratto. Faceva la spola tra Varese, il Piemonte e la Puglia dove acquistava uva e mosto. Giorno dopo giorno, con il lavoro e l’impegno si costruì una solida reputazione e un’efficiente rete di rivenditori. E non smise di lavorare negli anni difficili della seconda guerra mondiale. Nel 1945 gli si affiancò il figlio Carlo, fresco di studi di ragioneria. Un lustro più tardi, a soli 54 anni, Giuseppe si spense al termine di una vita laboriosa.
All’inizio degli anni Cinquanta l’eredità passa dunque al figlio Carlo a cui si aggiunge il fratello Giovanni. L’azienda continua a svilupparsi. I due installano le prime attrezzature meccaniche per pigiare l’uva, travasare, refrigerare e stabilizzare i vini e un moderno impianto per imbottigliare. Si organizzano con i vagoni ferroviari per trasportare il vino dal meridione. Nel 1962 acquistano in viale Belforte la nuova sede e aprono uno stabilimento a Guagnano in provincia di Lecce con una capacità di 27 mila ettolitri. Vinificano le migliori uve del Salento, malvasia e negroamaro.
In Puglia, tra gli anni sessanta e settanta, Carlo e il fratello arrivano a trattare ventimila quintali d’uva in un anno. Da Guagnano trasportano a Varese le uve, i mosti e i vini con cui riforniscono le cooperative, i circoli e una vasta clientela privata, personalizzando il prodotto secondo le esigenze. Allora lo sfuso in damigiana rappresenta la parte più importante degli affari e la ditta Bottinelli è fornitrice ufficiale del prestigioso Grand Hotel Campo dei Fiori. Fino all’anno della chiusura, il 1967. Oggi l’azienda continua a occuparsi di vino con una Cantina in Piemonte e rivolge un commosso pensiero al “pioniere” che trovava il tempo di occuparsi dei problemi di un’intera categoria.
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