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Urbi et Orbi

PICCOLA PASQUA

PAOLO CREMONESI - 16/03/2018

fioreA volte i luoghi di provenienza determinano la vita delle persone. E così si potrebbe dire di monsignor Mario Zenari, nunzio in Siria e nominato nel novembre del 2016 cardinale da Papa Francesco.

Zenari viene dalle zone di Solferino dove si consumò uno dei più violenti scontri della seconda guerra di indipendenza tra italiani e austriaci e dove nacque l’idea di istituire la Croce Rossa.

Questo prelato, alto e austero che scelse la via diplomatica vaticana, si è trovato a vivere tra i conflitti prima in vari paesi africani, poi nello Sri Lanka e dal 2009 in Siria.

“Ma una violenza così non la si è mai vista” esordisce durante un incontro organizzato a Roma da Avsi su ‘ospedali aperti ad Aleppo e Damasco’, iniziativa organizzata dall’Ong, dalla Cei e da diversi altre associazioni.

Ben lontana dal vedere la fine, questa guerra non fa altro che spostare i propri fronti di sei mesi in sei mesi e assistere al progressivo ingresso di micidiali attori esterni, Iran, Russia, Stati Uniti e ultima in ordine di tempo la Turchia. Nata sull’onda delle primavere arabe e subito brutalmente repressa da Assad, la protesta si è via via allargata agli hezbollah, all’Isis sino alla situazione attuale.

“Nel paese” prosegue il nunzio “sono in campo almeno cinque degli eserciti più potenti del pianeta che si fronteggiano. Ed è ben difficile azzardare ipotesi sugli sviluppi”.

In Africa c’è un detto: quando due elefanti si combattono a farne le spese è l’erba del prato. E l’erba siriana è costituita dalle migliaia di donne, anziani, bambini morti, mutilati, affamati, sfollati costretti a subire le conseguenze di una guerra probabilmente scappata di mano anche a chi l’aveva voluta. È una intera società distrutta: gli uomini nei vari fronti, i civili a cercare di sopravvivere.

Le cifre, fornite durante l’incontro, di quanto sta accadendo sui 185mila chilometri quadrati del paese sono impressionanti: 13 milioni di persone con urgente bisogno di assistenza, 5 milioni in povertà, 6 milioni e mezzo a rischio malnutrizione, 6500 sfollati in più ogni giorno, una scuola su tre danneggiata o distrutta. Cifre appunto ma dietro ad ogni numero ci sono volti, storie, persone: come quella di due ragazzini falcidiati da una scheggia mentre sul balconcino di casa aspettavano la mamma o del gruppetto di scout colpito da una bomba di mortaio, o delle ragazze a cui hanno dovuto amputare le gambe perché colpite da una bomba all’uscita di una scuola armena.

Il conflitto non risparmia nessuna zona e nessuna delle parti in causa. “Più volte in questi mesi siamo andati a Damasco” raccontano le suore trappiste di Valserena che hanno un monastero al confine con il Libano “eravamo lì anche il giorno dopo che erano caduti, lanciati dal Goutha, 90 missili sulla parte governativa della città. Abbiamo ascoltato i racconti dei bambini, la paura di uscire di casa e andare a scuola, il terrore di dover vedere ancora i loro compagni di classe saltare per aria, o saltare loro stessi… bambini che non riescono a dormire la notte, per la paura che un missile arrivi sul loro tetto. Paura, lacrime, sangue, morte. Non sono anche questi bambini degni della nostra attenzione?”.

In questo inferno sulla terra (di cui saremo chiamati a rendere conto come ha ricordato il Papa a Natale non fosse altro per la nostra indifferenza) Avsi ha deciso di puntare sulla sanità dopo aver constatato che più della metà degli ospedali è fuori uso e due terzi del personale sanitario ha lasciato il Paese. Vengono tenute aperte tre cliniche, due a Damasco, una ad Aleppo. Si raccolgono fondi per farle funzionare e convincere medici e infermieri a restare (dall’inizio del conflitto almeno 1000 volontari sono morti durante la guerra)

Una goccia in questo deserto, come racconta ancora Zenari, ma la primavera in Siria porta sempre una piccola pioggerella che fa rifiorire il deserto e lo riempie di fiori. Siamo qui tutti ad attendere la piccola Pasqua dopo una Quaresima che sta durando da una eternità.

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