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Divagando

IGNORANZA IN FAMIGLIA E A SCUOLA

AMBROGIO VAGHI - 16/03/2018

Retata al San Martino nel 1943

Retata al San Martino nel 1943

La professoressa Margherita Giromini ha ricordato giustamente su RMFonline che “…l’antifascismo è un valore fondante dello Stato Italiano nato dalla Costituzione dentro cui sta senza ambiguità alcuna la messa al bando del fascismo”.

Ma che cosa è il fascismo? Che cosa è stato storicamente per l’Italia e gli Italiani? Se non chiariamo bene la questione non dobbiamo meravigliarci se le giovani generazioni sono facilmente tratte in inganno da mestatori che lavorano per distruggere la nostra democrazia.

La confusione è spesso alimentata da chi non dovrebbe.

 Ha scritto recentemente un noto redattore del giornale locale di Varese che la differenza tra antifascismo e fascismo starebbe tutta in quell’anti, come dire che tutti gli ismi sono eguali e non vale la pena di cercarne le differenze.

Margherita Giromini, ex dirigente scolastico che dei problemi dell’insegnamento ha profonda conoscenza, tocca il tasto giusto. La scuola, la quale ha troppe carenze nella formazione delle giovani generazioni. Oggi abbiamo giovani che hanno frequentato licei e spesso anche corsi universitari digiuni dal conoscere le parti più importanti della nostra storia nazionale. Sanno magari tutto dei Sumeri o delle guerre puniche ma poco o nulla del nostro Risorgimento, della prima grande guerra, del regime fascista, della seconda guerra, della Resistenza. Colpa solo in parte dei programmi di studio e quasi sempre del loro svolgimento relegando nell’ultima parte dell’anno scolastico l’insegnamento di periodi storici importanti. Non più recuperati in futuro.

In tal modo anche il periodo fascista passa senza approfondimento di quello che effettivamente è stato: un potere conquistato con la violenza e l’ignavia della Monarchia. Non si parla delle catastrofi e dei lutti inflitti al nostro e ad altri popoli da una guerra di aggressione portata in mezzo mondo a fianco dei nazisti tedeschi. Coi soldati italiani spesso male armati ed equipaggiati mandati a combattere in Francia, in Albania, in Grecia, in Jugoslavia, in Russia. Persino in Africa per conquistare l’Egitto. A scuola non si apprende quasi nulla dei rovesci del conflitto, delle sconfitte dei nostri eserciti, dei bombardamenti aerei con la distruzione delle nostre città. Poi la resa, l’armistizio dell’8 settembre ’43, il dramma di 600.000 soldati italiani catturati e mandati in Germania nei campi di lavoro e dei “politici” mandati nei campi di sterminio. In fine della lotta di Liberazione, della Resistenza per conquistare la pace e la democrazia quanto se ne è sentito parlare a scuola ? Qualche volta l’Anpi, raramente invitata, ha mandato alcuni partigiani a portare la loro diretta testimonianza. Una goccia d’acqua nel mare della disinformazione.

Tanto che oggi abbiamo giovani e anche meno giovani residenti nel Varesotto che non sanno nulla del San Martino. Non sanno dov’è il monte e nulla della prima battaglia della Resistenza. Abitano magari in Valceresio, non a Canicattì. Ho parlato con loro rimanendo esterrefatto. Mi sembrava una cosa impossibile.

Quanti insegnanti hanno portato la classe in gita culturale sul monte San Martino visitando anche i camminamenti della Linea Cadorna? Farlo sarebbe l’ occasione per una lezione sul campo, per parlare della grande guerra ’15 –’18 e della Resistenza. Un modo didatticamente corretto per suscitare interesse e motivazione da parte degli allievi.

Forse anche noi dovremmo farci capire meglio quando parliamo di libertà politiche, di stampa, di parola, di associazionismo e dei pericoli di totalitarismo. Dobbiamo dire più semplicemente e ricordare che il fascismo impose un Partito unico, che chi non era d’accordo col Fascismo non era libero di poterlo manifestare. Pena il carcere, il confino in isole sperdute, o la fuga all’estero e l’esilio. Abolite le elezioni, il popolo fu defraudato del diritto di votare, gli insegnanti che non prendevano la tessera del fascio furono espulsi dalle scuole. Dietro tutto questo stavano le sofferenze ed il dolore di migliaia e migliaia di famiglie dei perseguitati.

Recentemente il Consiglio Comunale di Varese su iniziativa del PD ha deliberato di non concedere sale e spazi pubblici a partiti, gruppi, movimenti che propagandano idee fasciste o naziste, diffondono simboli di quei regimi liberticidi. In sostanza operano per la loro ricostituzione contro lo Stato democratico. La cosa ha sollevatole solite polemiche di qualche grafomane sulla stampa locale. Quello che però ha suscitato meraviglia sono stati i voti contrari o le perplessità espresse da alcuni consiglieri comunali.

Sarebbe bastato ricordare ai dissenzienti che se oggi hanno la possibilità di sedere in quel consesso rappresentativo ciò è dovuto alla vittoria dell’antifascismo sul fascismo, cioè alla vittoria della democrazia. Nello specifico sarebbe bastato ricordare che nell’era fascista Sindaci e consigli Comunali erano scomparsi, considerati inutili perdite di tempo. Tutto faceva capo al Podestà, nominato dai capi del regime. Ecco particolari da non dimenticare e da sottolineare.

Date le dovute responsabilità alle carenze della nostra scuola nel fornire adeguate conoscenze della nostra storia nazionale, non possiamo sottacere le responsabilità delle famiglie. Nonni che hanno vissuto le brutture, le atrocità della guerra non ne hanno parlato a figli e nipoti. Forse per pigrizia. Forse hanno inteso rimuovere dalla loro psiche il suono delle sirene degli allarmi aerei, il frastuono delle bombe, i disastri, i morti. Anche la fame sofferta largamente.

Se non lo hanno fatto, questo è il momento di farlo.

Come si fa a comprendere il valore della pace se non si conoscono i drammi delle guerre ? Delle guerra volute dal fascismo, nel nostro caso.

E se non si conosce il costo della libertà soppressa come possiamo apprezzare le libertà civili e democratiche di cui godiamo ?

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