“Tutti i nodi vengono al pettine…” diceva mio padre quando gli presentavo un compito in classe andato maluccio. “Purché ci sia il pettine…” soggiungeva mia madre, riferendosi all’eccessiva mitezza di mio padre verso di me. Mi sono ricordato di questo aforisma familiare all’indomani della domenica elettorale, leggendo i risultati del voto. Ormai tutti li conoscono: il Movimento 5 Stelle è il primo partito, la coalizione di destra lo segue, c’è stato il tracollo del Pd. L’Italia è spezzata in due: il Nord alle destre, nel Sud, assistenzialista e inacerbito per la cattiva politica espressa, è bene ricordarlo, da persone elette da quegli elettori, il Movimento del giovane partenopeo Luigi di Maio ha riscosso un notevole successo. È stato un sovvertimento del sistema parlamentare italiano!
La campagna elettorale era stata condotta da tutti all’insegna delle promesse: credo che nella vita non si menta così tanto quanto prima delle elezioni! “Nulla è più facile che illudere: l’uomo crede vero ciò che desidera”. diceva Demostene e, forse, ogni eccesso di promesse ha recato in sé il germe della ribellione degli elettori.
Eppure quel voto si deve rispettare e accettare: è la legge della democrazia, di quel capolavoro d’opera d’arte inventata dai Greci e elevato a maggiore dignità dal Vangelo, a cui deve la sua essenza, e che fa di ogni uomo – anche dello schiavo – un nostro fratello. La democrazia, però, comporta dei diritti e dei doveri. Ultimamente abbiamo assistito ad un turpe spettacolo: ognuno è pronto ad essere esigente nei propri diritti e vomita insulti di fronte alla minima difficoltà, ma di fronte ai propri doveri batte subito in ritirata accampando ogni genere di scusa. Sembra che il dovere ce lo aspettiamo solo dagli altri, dallo Stato!
Il voto di protesta, come quello uscito dalle urne domenica scorsa, è sacrosanto, ma non è espressione di una politica che ascolta le ragioni dell’uno e dell’altro con pazienza e rispetto. Una società senza politica, forse, sarebbe senza conflitti, ma non sarebbe utile alla formazione di una comunità dove convivono ragioni per obbedire e ragioni per ribellarsi. Per fare del nostro Paese un popolo occorrono dei cittadini accomunati o separati da idee, da valori, ma che si rispettino e cerchino a tutti i costi il bene comune. Ciò che ha trasformato il voto da valore politico a mezzo di protesta è stata la metamorfosi della politica: da passione travolgente per l’interesse pubblico è divenuta un fatto personale per salvaguardare interessi privati o per ottenere ammirazione, successo, potere. I risultati di questa metamorfosi sono sotto gli occhi di tutti: i due maggiori sfidanti, l’intramontabile Berlusconi e il rottamatore Renzi, in questi ultimi tre decenni ci hanno bombardato di bugie e di promesse e si sono autodistrutti a vicenda. Agli elettori non è rimasto che ribellarsi contro questa degenerazione della politica, anche se non tutti sono insorti contro il sistema democratico della nostra Repubblica.
Il pettine che ha districato il nodo della mancata politica è stata la democrazia.
Si scrive e si dice che le due forze maggiori vincenti, il Movimento 5 Stelle e la Lega, sono formazioni populiste. Lo vedremo se e con chi potranno governare. Lo vedremo se sapranno mantenere le promesse fatte con gli elettori. Per il momento, ci limitiamo a dire che sono le sole forze che hanno saputo intercettare il malcontento che c’è nel Paese: l’Italia è un Paese che affonda, molti conoscevano le falle, ma durante la campagna elettorale non hanno avuto l’audacia di parlar chiaro: parlavano, parlavano finché trovavano qualcosa da dire, poi sviavano le domande, si sono fatti circondare da una coorte di adulatori che dicevano loro ciò che leggevano nel loro pensiero, il tutto accompagnato dall’arroganza dell’immoralità, dalla spregiudicatezza nell’agire e dalla sfrontatezza nel negare promesse pattuite.
Anche gli elettori non hanno avuto discernimento: hanno pensato più a ciò che i partiti promettevano che a quello che potranno mantenere. Le promesse fanno bene al cuore – ma spesso stridono al cervello – e il cuore non rifiuta mai questi regali pericolosi. Anche i vincitori sanno bene ciò che c’è da distruggere, ma non sanno come ricostruirlo. Se l’agire fosse facile come il promettere, se attuare il programma fosse una dolce passeggiata e non una difficile arrampicata lungo sentieri pieni di lacci, molti altri, ancor più degli attuali vincitori, sarebbero giunti alla meta. Ma così non è. La politica esige la sua liturgia, tempi lunghi, progetti a lungo termine, orizzonti lontani. Lo diciamo ai vincitori perché non si lascino condurre dal “tutto e subito”. Lo diciamo ai loro avversari perché dai banchi dell’opposizione si impegnino a rapportare costantemente il lavoro parlamentare ad un buon esito finale delle leggi, muovendosi dalla constatazione che, in una società democratica, è di fatto impossibile ottenere il consenso di tutti.
Il pettine dovrà sbrogliare anche questo nodo intricato della continua, facile e talvolta infondata contrapposizione.
Ormai l’Italia non è più bipolare: destra e sinistra. È geo-politicamente bipolare: nord e sud. Nel tempo della prima Repubblica (uso questo termine per intenderci perché siamo ancora nella prima repubblica fondata sulla Costituzione del 1948!), i partiti hanno interpretato i bisogni della società e l’hanno trasformata. Dopo tangentopoli e con l’avvento di Forza Italia, i partiti hanno smesso di leggere i segni dei tempi della società che cambiava e si sono limitati ad incantare le masse trascurando gli interessi della società e limitandosi a escogitare mezzi per allargare il proprio consenso elettorale. La società, i suoi bisogni, le sue richieste non sono state curate e i partiti, da luoghi di discussione, sono divenuti luoghi di spartizione del potere. Gravissima è la colpa di che, per raggiungere questa finalità, ha sperperato il danaro pubblico o, peggio ancora, lo ha usato per arricchire il loro conto in banca. I mestieranti che si sono dedicati a questo tipo di malaffare hanno dimenticato che questo sistema corrotto poteva incantare tutti per qualche tempo, alcuni per un tratto più breve, ma non poteva prendere tutti per il naso per tutto il tempo. E hanno votato “contro”, salvo in un caso: quello lombardo, di casa nostra. Hanno dimenticato le spese pazze dei consiglieri pagate con danaro pubblico, le tangenti date per ottenere appalti delle opere pubbliche, le condanne inflitte dalla magistratura ad assessori regionali. Perché questa dimenticanza? Temiamo che sia dovuta al sistema così intricato e tentacolare che ha impregnato la sanità, i lavori pubblici, talune cooperative e la scuola privata nella nostra regione.
Districare questi nodi è compito ora della maggioranza appena confermata alla quale chiediamo un sussulto di sobrietà, un rispetto per i cittadini, un’assoluta moralità.
E noi cittadini dovremmo impegnarci a fondo perché il successo ottenuto non sia solo “di immagine”, ma un successo reale, evitando di farci infettare dalla “sindrome di presenzialismo” e dalla “visibilità” che esaltano le apparenze a scapito della sostanza.
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