(O) Le domande sono meglio delle risposte.
(S) Che scoperta, è più facile. Mettetevi nei panni dei politici, che si devono fare prima le domande da soli, poi scrivere un programma, che dovrebbe contenere TUTTE le risposte, scriverlo in modo chiaro o almeno comprensibile, breve anzi brevissimo. E con questo tentare di persuadere, se non tutti, almeno qualcuno in più di quelli che sono già persuasi, i tuoi.
(O) Che un po’, rischi di scontentarli, se pretendi di accontentarli tutti. Per questo motivo i partiti, o forse dovremmo chiamarli ‘liste elettorali’, se vogliono essere molto identitari rischiano di rimanere molto piccoli, se tentano di avere aperture universali diventano nebulose senza consistenza e il loro eventuale successo dipende dalla capacità di comunicazione e potrebbe essere effimero.
(C) Avete ragioni entrambi, ma alla vigilia del voto il mio amore per il paradosso mi dice che sono ancora più importanti le domande. Troppo facilmente le ‘liste elettorali’ (partiti veri forse non esistono più) hanno impostato la loro campagna elettorale imponendo risposte a domande non poste, un modo furbo, ma non brillante, di evitare le domande più ovvie e pressanti, ma siccome non voglio riproporre le mie, che rischiano di essere segnate da una certa assuefazione alla politica, vi offro quelle, scovate su ilsussidiario.net, poste dagli studenti di un liceo paritario, “Alexis Carrel”.
“Cari politici,
siamo dei ragazzi di quinta superiore che il prossimo 4 marzo sono chiamati per la prima volta a votare. Fra i banchi di scuola e i tavoli del McDonald’s più volte ci siamo confrontati su temi politici e, partendo dalle nostre esperienze di studenti, ci sono nate sette domande che vorremmo porvi e a cui ci piacerebbe che deste una risposta.
Sappiamo che siamo in ritardo e che siamo un po’ ignoranti su molti temi, ma se voleste risponderci ci farebbe piacere. Intanto grazie perché ci avete obbligati a fare un lavoro bello, a scoprire, conoscere e a confrontarci tra noi sui nostri bisogni senza ideologia e scontri”.
(S) A chi vuoi rivolgerle? È troppo tardi.
(C) Lo so. Infatti le rivolgo agli elettori e le propongo loro come criterio di scelta. Ripensino a quanto hanno sentito e letto durante la campagna elettorale, vadano a rivedere i programmi dei partiti a cui avevano pensato in prima istanza e li confrontino con queste domande. Avranno un criterio di scelta. Ancor più mi rivolgo a chi non ha ancora deciso o pensa persino di non andare a votare: pensi se queste non sono domande cui varrebbe la pena di ottenere risposta e, lasciato da parte lo scetticismo, provi a vedere chi si avvicina un po’ di più alle risposte che desidererebbe.
(S) Più che il cultore di paradossi mi sembri ormai un sognatore come Onirio. I partiti che desiderate non esistono più. La Compagnia dei Legnanesi, sì, loro, i comici dialettali, l’aveva capito tanti anni fa: “Chi vosa pusè, la vacca l’è sua”.
(C) Ah,ah: non sottovaluto la potenza dell’ovvietà, è la forza del cosiddetto populismo, anche se in fondo, chiamare populismo tutto ciò che si discosta dalle previsioni degli ‘illuminati’ è una forma nemmeno troppo raffinata di distorsione della verità. A quelli troppo scaltri per compromettersi con una scelta politica, (così scaltri che lasciano che a decidere siano gli altri) rispondo anch’io in dialetto, con un proverbio forse più solido: “La cativa lavandera, la troeva mai la preia bona”.
(O) Per favore traduci.
(C) La cattiva lavandaia non trova mai la pietra adatta, su cui lavare i panni al ruscello, come si usava una volta. Il difetto sta nella capacità di giudizio, non nella realtà, che offre quello che ha. Bisogna far uso di quello che c’è, non rimandare continuamente ad un futuro in cui tutto sarà più facile. Più o meno quello che ha detto il Papa a Cesena, scendere dal balcone, entrare in piazza, tessere relazioni, arrivare ad esprimere giudizi motivati, razionali,
(O) Non è facile dirlo oggi, specialmente ai giovani, che si sentono trascurati.
(C) Incontrando gli studenti di un liceo, anch’essi elettori per la prima volta, ho posto proprio questa provocazione: questo è un ‘Paese per giovani’, proprio perché è un Paese difficile, esattamente come gli Stati Uniti, da cui è stato coniato lo slogan ‘non è un Paese per vecchi’. Non è un Paese per lavandai/e che sperano di trovare senza fatica la pietra che lavi i panni senza fatica, questo no; ma non credo che non ce ne sia nessuno al mondo. Un piccolo sguardo retrospettivo, che spesso aiuta a vedere meglio il presente e il futuro, potrebbe svelarci che sì, forse, la generazione dei padri dei diciottenni di oggi ha avuto vita più facile e strade più spianate, ma non quella dei loro nonni presessantottini o addirittura anteguerra, eppure sono stati capaci di resistere negli anni forse peggiori dell’intera storia e poi di ricostruire e sviluppare una nazione.
(O) Torniamo alle domande, d’accordo, ma non fermiamoci.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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