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Cultura

FILOSOFIA DELLA SPERANZA

LIVIO GHIRINGHELLI - 01/03/2018

blochNato a Ludwigsburg, d’origine ebraica, allievo di Simmel e in rapporti di amicizia con G. Luckács, Ernst Bloch (1885-1977) si fa comunista nel 1919 in un momento di grave crisi della Repubblica tedesca e aderisce alla Repubblica dei Consigli, senza però iscriversi al Partito. Lascerà la Germania all’avvento del nazismo, per ritornarvi nel 1949.

Docente all’Università di Tubinga, professa un ateismo filosofico, ma è al contempo influenzato dal messianesimo ebraico-cristiano. Nel marxismo propone una distinzione tra una “corrente fredda”, che rientra nella tradizione interpretativa, che privilegia il ruolo della struttura e delle condizioni economiche oggettive e una “corrente calda”, che pone al centro la tensione utopica, il primato della prassi. Bloch opta per la seconda.

Del 1918 è “Lo spirito dell’utopia”, in cui si raffigura l’uomo come incompiuto, un essere teso verso la realizzazione nel futuro e dunque un “non ancora”, orientato verso l’utopia,un “trascendersi senza trascendenza”.

Tra il 1954 e il 1959 pubblica in tre volumi “Il principio della speranza”. Mentre in Hegel gli esiti della dialettica sono già dati e determinati nell’in-sé del mondo e l’esito del cambiamento è perciò scontato, il materialismo dialettico riapre all’uomo la dimensione del possibile contro il determinismo hegeliano, per il quale la realtà è lo sviluppo necessario dell’idea.

La sua è una filosofia della speranza, una specie di cristianesimo laico, che rinuncia al trascendente, ma non all’utopia, alla proiezione verso il futuro. Per quanto concerne l’arte (nelle avanguardie d’inizio secolo, ma anche nell’arte di consumo) per Bloch il ruolo è quello di spiritualizzazione dell’esteriorità, che si configura come consapevole anticipazione, “coscienza anticipante” dell’ideale utopico, che guida l’umanità verso l’emancipazione.

Il periodo staliniano è caratteristico della corrente fredda (economicismo); tipico invece della corrente calda è lo slancio verso una società senza classi. Bloch in un primo tempo giustifica le purghe di Stalin, ma preferisce sottolineare l’aspetto creativo del marxismo nell’attribuire dignità all’uomo.

Punto di riferimento gli si presenta l’insurrezione dei contadini contro i principi tedeschi del 1525 (battaglia di Frankenhausen). Il suo marxismo eretico tende a riscattare, anche dopo la Rivoluzione d’ottobre, quanto dell’uomo è stato sempre represso, mutilato, umiliato. Auspica il recupero di quanto nel mondo sotterraneo di desideri, progetti, lotte è stato finora sconfitto o non ha trovato un sufficiente riconoscimento; l’intero passato irredento urge verso il futuro, verso una società senza classi. Sono i momenti del “sogno di una cosa”.

Dallo spazio della religione vanno eliminati gli elementi fantastici e retrogradi. Annientare la religione significa realizzarla nel mondo. Bloch condivide con Karl Barth la lotta verso l’immagine banalizzante di un “Cristo, umano troppo umano” (teologia liberale), con Rudolf Bultmann l’ideale di una religione demitizzata (l’evento escatologico non si situa in un lontano avvenire, ma è già presente) e con Jürgen Moltmann l’immagine di Dio come promessa e potenza del futuro.

Liberté, égalité, fraternité. La Rivoluzione francese le ha proclamate, ma non attuate (libertà come fine della costrizione sociale; eguaglianza, non come piatta parificazione, ma come ricchezza dispiegata delle facoltà umane; fraternità come solidarietà non offuscata dagli antagonismi di una società, in cui gli uomini sono separati dal bisogno e da interessi inconciliabili).

La rivoluzione proletaria prolunga e sviluppa la linea democratica e anticipatrice delle rivoluzioni borghesi. “Non c’è democrazia senza socialismo, non c’è socialismo senza democrazia”. Il marxismo vale come sperimentazione continua (Rosa Luxemburg). Bloch ravvisa nell’utopia l’antidoto contro l’irrigidimento burocratico, nella dignità umana l’antidoto contro le deviazioni poliziesche e lo strapotere del partito.

La speranza non ha un significato psicologico o semplicemente teologico, non è necessariamente legata a scenari grandiosi. Il desiderio rappresenta la scorza, la corteccia provvisoria, che racchiude le potenzialità reali o realizzabili degli individui. I desideri repressi, una volta rimossi, marciscono sia nell’inconscio che nella coscienza.

C’è in Bloch una rivalutazione della rêverie: il desiderio utopico si prolunga estendendosi dai progetti di società perfetta all’impensabile vittoria sulla morte. Il tempo storico è un multiversum di livelli che rende la storia complessa, elastica, deformabile. Marxianamente il comunismo è naturalizzazione dell’uomo e umanizzazione della natura.

 In Germania col nazionalsocialismo accanto alle due classi fondamentali, che vivono al livello più alto del presente storico, si presentano larghi strati di contadini e piccoli borghesi arretrati, che del presente non riescono a capire razionalmente dinamica e direzione, sono lontani dal motore dello sviluppo economico sino alla disperazione dei torbidi del primo dopoguerra e vittime dell’inflazione selvaggia. Vivono la politica sotto forma di mito. Il nazismo è un giacobinismo del mito. Si tratta di una pura massa di manovra. Il bisogno di patria, di identità, di sicurezza si intreccia con concezioni più arcaiche e barbariche. Tratti ancora feudali convivono con l’efficienza tecnocratica e la razionalità formale degli apparati industriali, militari e burocratici.

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