Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

HUMILITAS

LUISA NEGRI - 01/03/2018

umiltaTra le domande che ci facciamo in vista di ogni consultazione politica, due sono quelle cui vorremmo poter dare una risposta certa: gli uomini e le donne che ci si presentano per essere scelti sono candidati “per bene”, cioè pronti davvero a fare gli interessi di un Paese, di una città, di una regione o non invece i propri, o quelli del partito che rappresentano? E sono capaci di lavorare al meglio, li possiamo ritenere abbastanza preparati e avveduti per dare concretezza alle reali necessità di una collettività?

Onestà e capacità sono le doti minime e necessarie richieste da ogni elettore che abbia a sua volta a cuore il bene di tutti e non i personali, a volte grandi, interessi, o gli egoismi piccoli, frustranti e limitanti di chi pensa solo a se stesso.

Sono domande che non ci facciamo solo noi italiani, sempre peraltro pronti a flagellarci o a pensare, anche inseguendo l’onda di qualunquistici populismi, alla classe politica come a una indistinta massa di personaggi votati a farsi i fatti propri.

La corruzione di troppi personaggi politici ha sicuramente contribuito a confermare l’idea che fidarsi di chi ci rappresenta sia sempre più difficile e rischioso per la buona salute di un Paese: lo dimostrano i processi di esponenti politici anche di primissimo piano, con lo squallore dei tanti nomi noti venuti alla ribalta per corruzione, concussione, peculato, associazione a delinquere, frode fiscale, persino furti di case rubate ai partiti.

Non c’è stata “casa” politica in cui qualcuno non abbia sbagliato: e nei nomi proposti anche per queste ultime consultazioni sono venute a galla, a partire dal milieu delle vecchie facce degli habitués, fino ai neo arrivati Cinquestelle, non poche presenze imbarazzanti, così che le inopportune candidature sono state poi buttate alle ortiche per ammansire gli elettori indignati.

Eppure, come avviene in ogni ambiente e in ogni parte del mondo, non sono per fortuna tutti uguali i nostri politici, scegliere è allora tanto più doveroso e necessario.

Chi non va a votare, contrariamente a quanto dichiara -perché così ci si accomoda la coscienza- è sicuramente persona che non ha interesse verso il proprio Paese, che non si assume il compito di fare una scelta, anche quella, significativa comunque, di imbucare una scheda bianca.

Rinunciare a recarsi alle urne è un attestato di malavoglia, una dichiarazione di impotenza, un qualunquismo che porta come esito proprio quello di passare di necessità la mano agli altri: se sbagli sei tu che sbagli e io non mi sono assunto alcuna responsabilità, se va bene, ho fatto bene a starmene zitto o a andarmene a fare un buon weekend al mare, perché tanto gli altri hanno saputo scegliere per me. Ma in un condominio ben amministrato sai bene che se non vai a votare non puoi poi lamentarti se chi ha scelto non lo ha fatto come ti aspettavi.

Troppo comodo! E poco onesto andare poi a lamentarsi.

Di fronte dunque a tutti questi dubbi, pre e postelettorali, che hanno poi però ricaduta nella quotidianità e nell’avvenire di un Paese, non solo da noi ci si interroga.

L’ India, che ha di recente ottenuto ufficialmente la patente di uno tra i più corrotti Paesi del mondo -ma si ammette da ogni parte che per smuovere qualunque ostacolo di ordine burocratico si debba ormai pagare sottobanco- si sta domandando come fare a dare risposta alla crescente e contraria richiesta di moralità. Si è pensato allora, per i giovani delle scuole superiori, alla frequenza obbligatoria di master di etica e karma, dove si possano trasmettere loro valori andati perduti. Il governo impone dall’alto, agli studenti in corsa per diventare manager, anche lavori umili: al fine di limitare ego e spavalderia. Si discute naturalmente sui contenuti, sui metodi e soprattutto sui tempi: bisognerebbe cominciare fin da subito, hanno ribattuto alcuni studiosi americani, non quando i ragazzi sono ormai adulti. Ma è certo che, tempi e metodi a parte, ci dovremmo porre, anche in politica, quelle stesse domande che ovunque si stanno facendo ormai da tempo.

Quanto alle capacità della classe politica ci sarebbe da dire molto, molto di più.

“Imparati non si nasce”, ma si diventa, con lo studio, non solo quello scolastico, ma quello di vita, che nasce dall’esempio di chi sa già e può trasmettere, dalla frequentazione di luoghi che hanno, per esperienza e militanza, qualcosa da insegnare e spiegare. Ma soprattutto bisognerebbe insegnare ai giovani aspiranti politici una dote che sembra mancare sempre di più: l’umiltà.

Come si dice dalle nostre parti: imparare a “stare schisci”.

Gli americani, forse colpiti dall’esuberanza sprovveduta del debuttante, seppur non più giovane Trump, se ne sono particolarmente accorti. E alcuni studiosi, capeggiati da Mark Leary, della Duke University, si sono impegnati, forse anche divertendosi, a condurre una ricerca sul rapporto tra umiltà e capacità: a qualcuno potrà sembrare strano ma si è proprio arrivati alla conclusione che, chi più va cauto nella personale autovalutazione e nel dimostrare certezza, tanto prima riesce a conseguire, e meglio degli altri, ottimi risultati. Anche in campo manageriale, l’umiltà intellettuale si dimostra insomma vincente.

Una lezione che qualche politico anche nostrano dovrebbe ben tenere presente.

Nonostante l’ondata iniziale di consenso salutistico, non ha forse spiazzato un po’ tutti la sicumera del giovane Di Maio (autoproclamatosi presidente in pectore) con la sua lista già bell’e pronta da mettere sotto al naso, come pensava nei suoi desiderata, a Mattarella? Una punta di modestia in più non gli avrebbe giovato, sul piano della personale simpatia e credibilità, proprio in questo momento?

E quell’ infilare “tre donne tre” nella stessa lista di potenziali ministri non fa un po’ sorridere? Perché magari compilata troppo in fretta, senza riflettere sul fatto che le donne non sono pezzi da riserva da inserire a bella posta in ruoli che forse non sarebbero proprio i prediletti: occuparsi di interni e di difesa (senza offesa per la ministra Pinotti) non vuol dire necessariamente par condicio. Sarebbe come dire che farsi crescere i baffi, cosa tornata molto di moda tra i maschi (tranne che tra i candidati alle Regioni), potrebbe essere una conquista e motivo di orgoglio per una donna.

E che impressione vi ha mai fatto fa la prestidigitazione del ‘giovane’ Salvini che, snobbata la liquorosa ampolla padana, messe in ripostiglio le scope di saggina di Maroni, e rispolverato invece l’icona Bossi, oplà, da un giorno all’altro impugna come arma politica Vangelo e rosario?

Forse la presunzione e la fretta a volte fanno compiere scelte ingenue, un po’ precipitose, addirittura, sia consentito a chi guarda la scelta con gli occhi di una donna, un tantino ridicole.

Detto quanto sopra andiamo a votare perché possiamo, dobbiamo farlo, se non vogliamo consegnare lo Stivale ai maghetti della provincia italiana.

Le donne -le nostre mamme o nonne non hanno votato che a partire dal ‘46 – pensino a quante altre donne rischiano ancora oggi la vita per infilare una scheda nell’urna. Questo nostro Paese, nonostante i suoi difetti, non è poi così male: anche perché è uno dei pochi, assieme ai fratelli europei, che ha assicurato a noi e ai nostri figli una convivenza pacifica.

Non dimentichiamo poi che i paradisi artificiali dei vecchi pensionati italiani che ci si sono trasferiti non certo per svernare -come la Bulgaria, la Slovacchia, la Polonia- danno in realtà ai loro giovani stipendi da fame. Che il nostro Sud, la cui bellezza non è purtroppo ancora intonsa dall’ombra opprimente della mafia, ha però rivelato la sua grande, magnifica generosità nell’accogliere tanti perseguitati: li dobbiamo tutti ricevere e accogliere nel modo migliore, cioè con calore umano e la giusta organizzazione: Perché chi vuole lavorare e crescere con noi lo possa fare, come era per i nostri nonni che emigravano in America, in Australia, in Svizzera, in Francia, in Germania.

Quanti di noi non hanno parenti in quei paesi in cui Maria, Anna, Concetta, Salvatore e Rocco si sono felicemente accomodati nel tempo, e oggi parlano altre lingue e hanno figli e nipoti nati e cresciuti lì?

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login