Fuori dal Piemonte forse pochi hanno seguito la vicenda del Museo Egizio di Torino con le proteste sollevate da Giorgia Meloni in occasione della sua visita elettorale per Fratelli d’Italia al capoluogo piemontese.
Il Museo Egizio ha lanciato infatti una campagna pubblicitaria «Fortunato chi parla arabo» rivolta ai cittadini di lingua araba che dal 6 dicembre scorso al prossimo 31 marzo possono entrare in due al costo di un solo biglietto.
Il 50% di sconto è giustificato per «stimolare la fruizione dell’offerta culturale della città e consentire ai cittadini di lingua araba di essere sempre più parte della comunità con cui hanno scelto di vivere e condividere il futuro».
I torinesi lo hanno scoperto dalla pubblicità apparsa su autobus e tram (rigorosamente solo in lingua araba e senza traduzione!) che ritrae una donna velata e un uomo dietro di lei che sorride.
Viva la cultura che non ha confini, mi permetto di dire, ma quello che non capisco è perché allora lo stesso sconto non debba essere proposto per le coppie italiane o a alle altre coppie straniere in visita alla città oppure ai tanti immigrati sudamericani o dell’est europeo che pur vivono nel torinese.
Se volessimo essere pignoli non è questo un plateale caso di “razzismo al contrario”?
Immaginate l’episodio a parti invertite: 50% di sconto agli italiani (che d’altronde pagano il mantenimento del Museo Egizio) e accesso alle coppie arabe con biglietto intero. Scommettiamo che sarebbe venuto giù il mondo per le proteste?
A Torino è stato insomma inaugurato – o riaffermato – il razzismo alla rovescia che peraltro è cosa normale in molti paesi – anche arabi – dove i turisti locali pagano di meno e gli stranieri molto di più, altro che reciprocità.
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