Per una volta è il governo di Roma a tirare le orecchie a Varese. Gli studi di Confartigianato dicono che il 62% delle micro-piccole attività produttive prealpine non conoscono le opportunità messe a disposizione delle aziende italiane dal Piano Industria 4.0 per la promozione tecnologica, l’innovazione e la digitalizzazione del mondo del lavoro. E il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda che lo ha varato, a Varese per incontrare la piccola, media e grande impresa in un affollatissimo teatro Santuccio, reagisce a muso duro.
“Soltanto quattro su dieci lo sanno? Questo non va bene – sbotta – Il ministero ha spedito in tutta Italia un milione e mezzo di mail annunciando i nuovi meccanismi studiati dal governo Gentiloni per modernizzare i processi produttivi, ma spetta alle associazioni di categoria spiegare alle imprese del territorio quali sono gli incentivi automatici a vantaggio di chi investe, quali tecnologie, quali vantaggi fiscali e crediti d’imposta per la formazione possono utilizzare. Quelle sei aziende su dieci devono diventare al più presto tre”.
A parte il “richiamo” alle associazioni di categoria, la visita di Calenda che si annunciava come un appuntamento preelettorale ha fruttato al giovane e brillante ministro gli applausi unanimi e convinti del mondo produttivo, industriali, commercianti, artigiani, mondo della scuola professionale e universitaria, tutti d’accordo nel riconoscere il buon lavoro svolto dal governo di centrosinistra attento alle esigenze di chi produce, come raramente è accaduto in passato. Un consenso significativo tenuto conto che Varese non è una città qualsiasi.
Secondo i dati della Camera di Commercio e dell’Unione Industriali, Varese ha una densità di 51 imprese per chilometro quadrato, è la settima provincia in Italia per numero di aziende manifatturiere, l’undicesima in Europa ed esporta il 45% del valore che produce. Oltre sette aziende su dieci hanno fatto investimenti produttivi nel 2017 per quasi cento milioni di euro, che supereranno i trecento entro il 2020. Una città, ha ricordato il sindaco Galimberti, che con la linea ferroviaria Arcisate-Stabio è ora saldamente collegata al resto d’Europa.
Carlo Calenda, 45 anni, romano, figlio di un giornalista e della regista Cristina Comencini (debuttò come attore a dieci anni nello sceneggiato “Cuore” con la regia del nonno Luigi, maestro della commedia all’italiana), è il nuovo volto della politica italiana. Laureato in legge alla Sapienza di Roma, ha bruciato le tappe da manager in aziende-top come Ferrari e Sky, poi ha diretto gli affari internazionali in Confindustria. Chiamato alla politica come viceministro economico nei governi Letta e Renzi, è stato promosso ministro nel 2016 dal premier Gentiloni. Qualcuno lo definisce il Macron italiano, e c’è chi lo vede come un buon candidato premier nel caso di un futuro governo di larghe intese.
Un ministro “umanista” che si preoccupa di sostenere il mondo produttivo, l’occupazione e la ripresa economica senza dimenticare i valori della cultura e dello studio in una società che sotto la sferza dei populismi sembra travolgere ogni argine. “Lo sviluppo tecnologico può essere ingovernabile e pericoloso se non è sorretto dagli investimenti e dalla valorizzazione del capitale umano – dice – La tecnologia da sola non sta in piedi. Dobbiamo gestire una transizione industriale, culturale e sociale tutelando la classe media che è la spina dorsale della democrazia”.
Detto questo, non bisogna disperdere i segnali di ripresa. “Serve una politica di attacco basata sugli investimenti e una politica di difesa delle aziende che non sono ancora ripartite, spiazzate o ritardate dalla globalizzazione – spiega – Honeywell, Embraco e le fabbriche che delocalizzano? Va corretta la stortura dei Paesi dell’Est che rubano imprese ai Paesi occidentali sfruttando i fondi europei”. Poi la stoccata ai populismi italiani: “Questa legislatura, come mai prima, ha messo al centro le imprese ma bisogna respingere l’attacco di chi vorrebbe più dazi, tasse sull’innovazione, cacciare le multinazionali e Alitalia pubblica. Ci faremmo del male da soli”.
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