Di campagne elettorali ne ho viste e fatte tantissime. La mia prima esperienza diretta cominciò nel 1970 quando, non ancora maggiorenne e quindi privo del diritto di voto, partecipai attivamente alla prima elezione del Consiglio regionale e alle concomitanti elezioni comunali e provinciali.
Poi ancora 10 volte “regionali” e altrettante comunali, 13 “politiche”, 20 referendum. È proprio il caso di dirlo: ne ho viste di tutti colori anche se quello per cui le ho fatte è sempre stato lo stesso.
Devo dire però che una campagna elettorale così brutta e volgare non si era mai vista.
Stiamo assistendo ad uno spettacolo piuttosto degradante, ad una rincorsa senza freni sul terreno della denigrazione reciproca e dell’insulto gratuito. Uno scontro in cui tutto sembra essere concesso e dove anche problemi seri come quelli del lavoro, della sicurezza e dell’immigrazione vengono mistificati e manipolati spregiudicatamente nella speranza di tradurre in voto le “paure” della gente.
Certo anche in passato non sono mai mancate le contrapposizioni forti accompagnate da toni accesi e aspri, però nello scontro, per quanto teso fosse, apparivano con molta evidenza i profili politici e programmatici dei contendenti. Oggi invece stiamo assistendo ad una campagna elettorale in cui le identità appaiono sempre più sfuggenti e mutevoli, piegate su calcoli elettorali più che su progetti di futuro.
Una campagna elettorale che è lo specchio fedele della crisi politica che attraversa il nostro Paese e il cui esito potrebbe contribuire ad accelerarla ulteriormente sia per gli effetti di una legge elettorale molto pasticciata e incomprensibile ai più, sia per la rimozione dei contenuti fondamentali di un programma di governo.
Nel frattempo il debito pubblico ha raggiunto l’impronunciabile cifra di 2.256,1 miliardi di euro (con un aumento di 36,6 miliardi rispetto all’anno precedente), mentre tutti gli indicatori economici dimostrano come le disuguaglianze reddituali e sociali hanno raggiunto livelli insostenibili. Così pure ci dicono che il lavoro (che c’è) mai è stato così indifeso e precario come adesso.
Che fare, allora? Quale progetto d’insieme è praticabile? Nessuno lo dice. Eppure quei dati parlano di una condizione materiale ed esistenziale che da tempo non trova nella politica una “rappresentanza” effettiva e risposte credibili e convincenti. E spiegano pure le ragioni di un astensionismo crescente o di un voto più “contro” qualcuno che “per” un progetto condiviso.
In questo contesto hanno gioco facile gli imprenditori della paura, coloro cioè che mistificando ogni problema e cavalcando gli umori e le paure della gente, offrono soluzioni tanto “facili” quanto impraticabili. Costoro infatti pensano più a “dirottare” il malessere sociale dalle cause reali alle presunte minacce di un “nemico esterno” (per alcuni genericamente l’Europa, per altri l’immigrazione, per altri ancora entrambi).
Cambiare registro si può e non è vero che i contendenti in campo sono tutti uguali.
Il futuro Parlamento, così pure il futuro Consiglio regionale, in grandissima parte saranno frutto del sistema proporzionale. In essi si proietterà la reale consistenza dei soggetti in campo e saranno perciò rappresentative degli umori e dei sentimenti del Paese. Ma la politica, quella vera, non esaurisce la sua funzione e il suo ruolo nella prova elettorale. Dopo il 4 marzo verrà il cinque, poi il sei, e così via. I problemi da affrontare saranno gli stessi di oggi. Dipende solo da noi se la composizione di quelle assemblee elettive sarà funzionale o meno all’idea di un progetto di governo capace di mettere al centro le domande e i bisogni reali dei cittadini e delle forze sociali.
Perciò meglio prepararsi al voto uscendo dagli schemi asfittici di una povera e deludente campagna elettorale e dalla logica perversa del voto utile e riscoprendo anche il valore dell’articolo 48 della Costituzione laddove in particolare si afferma che: il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
Per la nostra Carta non ci sono voti che valgano più di altri, perché ogni voto ha lo stesso valore e concorre nello stesso modo alla formazione della volontà popolare. Ed è tanto più libero e uguale quanto più chi lo esprime è nella condizione di votare chi ritenga più meritevole della sua fiducia, senza alcun condizionamento, pressione o imposizione da parte di altri.
Sono regole e principi che, appunto, rimandano, alla libertà di scelta e alla fiducia (intesa nel senso politico e programmatico più alto) che una forza politica, una lista, un candidato, riesce a produrre.
You must be logged in to post a comment Login