Dobbiamo credere agli ultimi sondaggi sul verdetto del 4 marzo? Sì e no. Sì, perché i sondaggisti sanno fare il loro mestiere. No, perché un conto è rispondere da anonimi a un quesito teorico e un altro compiere di persona un gesto pratico. I trascorsi insegnano: ribaltamenti-shock dei pronostici hanno segnato molte elezioni. L’episodio più clamoroso e recente nel 2014, consultazione europea. Grillo, dato in ascesa, crollò. Renzi, indicato sulla difensiva, compì una marcia trionfale: 41 e più per cento al Pd.
Perciò fidiamoci con riserva del dibattere, del prevedere, del sentenziare sulla base di cifre virtuali/artificiose. Corrispondono alle intenzioni (dichiarate, ma non verificabili) d’un campione degl’italiani e a nient’altro. Per arrivare al dunque: la partita è aperta, il risultato imprevedibile, le congetture lasciano il tempo che trovano. Peseranno -assieme allo scarto umorale del momento- la fidelizzazione dei partiti, il carisma dei leader, la qualità dei candidati. Specialmente nella tornata regionale (come da noi in Lombardia), oltre che in quella nazionale. Cioè, esempio concreto: privilegiare Gori piuttosto che Fontana limitandosi a valutazioni ideologico/politiche o invece allargando il giudizio ai loro precedenti amministrativi di sindaci, per non dire e giudicare di quanto espresso sul piano professionale da entrambi? Insomma: si valuta (si spera che si valuti) l’appartenenza di schieramento e, insieme, il profilo individuale. Il territorio vuole, anzi esige, questo. Ti scelgo perché ti conosco.
Riallarghiamo la chiacchiera al voto per il Parlamento. Girando qui e là, curiosando e discutendo, si coglie l’indecisione di molti. Motivo: le esperienze del passato, il sospetto del presente, la paura del futuro. Si vorrebbe cambiare, ma senza correre rischi e avendo certezza di finire in mani collaudate. Un proposito spesso manifestato in precedenti occasioni, talvolta tradito, non perciò dismesso. Che il momento sia importante/decisivo appartiene a una diffusa consapevolezza: c’è chi ha deciso come rispondere. Chi sì e non lo dice. Infine chi ancora no: si tratta della cosiddetta minoranza silenziosa. Minoranza fino a un certo punto: parliamo d’una quota (almeno) del trenta per cento, che ha in mano le chiavi del verdetto: saprà usarle bene?
Eccolo, il punto cruciale. I partiti dovranno convincere questa milionata d’italiani a recarsi alle urne e, se vi riuscissero, a decidere quale carta giocare: quella dell’affidabilità, con le pieghe da logorio che offre il suo disegno consumato/antico; o quella dell’azzardo, con il pericolo che comporta calarla su un tavolo di cui non conosce il tappeto/le misure?
Qui si può dire solo quanto segue. Che l’ancoraggio a competenze economiche solide, alla partecipazione al contesto europeo, alle regole del liberalismo temperato dall’attenzione sociale, a un senso dello Stato superiore alle demagogie di parte sembra fondamentale per le sorti d’un Paese che ha ripreso a funzionare dopo aver rischiato il fallimento alla greca. E non meriterebbe di finire con la bicchierata alla romana: una sbornia da disperati tra raggi di sole calante, nell’attesa di stelle che non compariranno mai.
Ps
Dal Corriere della Sera del 18 febbraio scorso, Claudio Magris.
“Ho risposto solo una volta a un sondaggio che mi interrogava sulle mie idee politiche, le mie opinioni sui vari partiti e le mie intenzioni di voto. Ho detto esattamente il contrario di quello che pensavo. L’ho fatto perché considero il sondaggio o almeno il suo ossessivo e ininterrotto imperversare un’arma impropria e dunque mi sembra giusto e doveroso cercare, nel mio piccolo, di boicottarlo.
…Il sondaggio mi sembra costituire un’anticipazione assillante e illecita, che tende a influire sul risultato delle elezioni non grazie a convinzioni profondamente sentite o a eventi concreti che possono incidere pure su quelle convinzioni. E’ un’educazione allo spirito gregario o reattivo, entrambi perniciosi; induce a votare accodandosi a una presunta maggioranza, nel timore di restar fuori dal coro, o facendo il bastian contrario, l’irritato originale che vuol marciare da solo.
…Ma perché non votare semplicemente secondo le proprie idee e la propria coscienza, contribuendo così almeno a offrire un’immagine più reale del Paese? Come in amore, pure in politica il sottile calcolatore, diceva quasi un secolo fa Musil, resta spesso con le pive nel sacco”.
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