È uscito nelle sale cinematografiche un film decisamente anomalo, “Sono Tornato”, regista Luca Miniero, in cui si immagina l’inaspettato ritorno di Benito Mussolini sorprendentemente resuscitato nell’Italia di oggi.
A parte l’ovvio “politically correct”, è un film che credo sia da vedere per alcuni aspetti che con un po’ di attenzione e senza superficialità fanno profondamente riflettere lo spettatore.
Colpiscono innanzitutto i lunghi filmati (assolutamente autentici) di come la gente reagisca oggi alla inaspettata presenza del Duce per le strade, ma soprattutto su come gli italiani non abbiano memoria pronti ad applaudire il personaggio di turno.
Il film è una acuta denuncia della realtà, quando un tizio con l’inconfondibile mascella mussoliniana viene prima preso per un attore e poi sul serio, ma in una escalation assolutamente veritiera di potenziale consenso, nel senso che il resuscitato si trasforma in un “caso” politico e quindi viene invitato a tutti i talk show dove ottiene una audience incredibile.
Si scopre così un’Italia che non ha memoria, che resta affascinata dal personaggio e non dal suo passato, dove spariscono subito dal ricordo collettivo anche gli aspetti più gravi ed inaccettabili del regime come le leggi razziali.
Dopo 70 anni di demonizzazione si scopre però – e questo si denuncia bene nel film, anche per credibili paradossi – che gli italiani del fascismo non sanno nulla o hanno idee molto vaghe, pronti quindi a passare dalla ilarità alla condivisione facendo riflettere a lungo – appunto – su dove finisca la fantasia per dar forza alla ipotetica realtà.
Sembra proprio che più un certo ceto politico si ostini a dar voce ai fantasmi e al preconcetto (tipo – a mio avviso – le dichiarazioni del presidente Mattarella quando sostiene che il fascismo non fece nulla di positivo) più la gente è portata a pensarla con estrema superficialità esattamente al contrario, con tutti gli aspetti conseguenti.
Il film diventa così la denuncia di una realtà che è uno schiaffo a certi ambienti politici e culturali che hanno fatto perdere agli italiani l’importanza dei valori antifascisti dandoli per scontati, banali, ma anche strumentalizzandoli a volte come slogan usurati o bandiere di parte creando così altre divisioni o totale indifferenza, certo senza la capacità di rendersi credibili.
Anche quanto è successo nei giorni scorsi a Macerata rafforza – almeno in me – questa convinzione, perché se un criminale più o meno cosciente va in giro a sparare alla gente va subito rinchiuso in galera o in manicomio, non ha molto senso costruirci sopra una speculazione elettorale.
Polemiche e slogan che alla fine si ritorcono proprio su chi ha impostato su quest’episodio criminale una crociata politica, ma senza rendersi conto che gli italiani non sono razzisti ma si preoccupano di certe problematiche che non vanno sottovalutate né coperte di buonismo o demagogia.
È un discorso complicato ma che a oltre 70 anni dalla fine della guerra e del regime fascista andrebbe finalmente iniziato, sottolineando i fatti della storia ma separandoli dalla quotidianità politica visto che nessun partito fascista siederà in parlamento e quindi non c’è nessun pericolo di “rigurgiti fascisti” (altro termine obsoleto perfino nella retorica) quanto semmai è ora di porsi il problema dell’approccio collettivo alle problematiche dell’immigrazione.
Il film vale quindi il biglietto, soprattutto perché mette drammaticamente in evidenza la grande superficialità e la banalità predominante nell’Italia di oggi.
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