“C’è una fase nuova in cui i cattolici rischiano di essere sempre meno rilevanti nonostante la loro forte presenza sociale”. Così il cardinale Camillo Ruini in una intervista al Corriere della Sera nei giorni scorsi (8.2.18) ha sintetizzato con amara efficacia la presenza dei cattolici nell’attuale momento politico. E infatti, come ricorda lo stesso Ruini, i cattolici si sono dispersi nei diversi gruppi politici, ma perdendo progressivamente identità ed anzi in molti casi collaborando attivamente all’approvazione di provvedimenti, come quello sul fine vita, che non rispondono certo ai valori cristiani.
È certamente vero che la storia degli ultimi settant’anni è segnata dalla parabola politica della Democrazia cristiana, prima pilastro centrale della ricostruzione e di una sostanziale stabilità pur nell’alternarsi dei Governi per poi diventare parte della delegittimazione dei partiti sull’onda degli scandali per la corruzione e le tangenti.
La Democrazia cristiana non ha saputo, in particolare negli anni ’80 del secolo scorso, trovare la strada per una rifondazione e per un rilancio di fronte a una società che stava progressivamente perdendo i propri più importanti punti di riferimento. L’assassinio di Aldo Moro ha pesato in maniera forte chiudendo il partito in una difesa acritica del proprio potere.
Eppure mai come in questi ultimi anni la società italiana avrebbe avuto bisogno di un solido ancoraggio nei valori etici, nel rilancio della solidarietà, nel valorizzare la partecipazione e i corpi intermedi.
Sono molti i segnali che sembrano contraddire la prospettiva etica: la continua e progressiva separazione tra la finanza e l’economia reale, la tentazione strisciante di deresponsabilizzare le persone ed escludere i gruppi sociali con la logica dello statalismo, la crescita delle disuguaglianze pur all’interno di una maggiore ricchezza complessiva della società, l’individualismo esasperato travestito da diritti civili.
E così, proprio guardando alla presenza politica dei cattolici, diventa sempre più attuale un messaggio come quello di don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito popolare, esiliato dal fascismo, nominato proprio da Luigi Einaudi senatore a vita nei primi anni della Repubblica. A Sturzo, “maestro di verità e di libertà” ha dedicato un libro Giovanni Palladino (“Don Luigi Sturzo. Maestro di verità e di libertà”, ed. Rubbettino, pp. 244, € 19) in occasione della conclusione del processo diocesano per la causa di beatificazione. Palladino ha praticamente da sempre studiato e fatto conoscere l’insegnamento di Sturzo sulla scia di suo padre, Giuseppe, che del sacerdote siciliano era stato compagno degli ultimi anni di vita ed esecutore testamentario.
C’è nel libro, così come nella vita di Sturzo, un grande filo conduttore: la volontà di ispirare il pensiero e l’azione di tutti, ma in particolare dei responsabili della politica e dell’economia, ai due pilastri del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa. Due pilastri che non sono valori astratti e principi generali, ma che, come sottolineano molte autorevoli testimonianze riportate nel libro, possono diventare una guida concreta senza il falso timore dell’integralismo o le preoccupazioni ideologiche del laicismo. Sturzo è stato integralmente sacerdote e ugualmente politico impegnato nel suo Comune, sindaco di Caltagirone negli anni della gioventù, così come nello Stato, profondamente convinto che solo quel rispetto della dignità della persona che nasce dal cattolicesimo può portare a una società insieme più libera e più giusta. Il suo richiamo alle tre “male bestie” – lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero di denaro pubblico – sono ancora la rappresentazione, come ricorda Alessandro Corneli nella postfazione, di “ciò che sta avvenendo ai nostri tempi”.
Riscoprire Sturzo diventa allora un ottimo modo per leggere secondo una prospettiva nuova le problematiche attuali, soprattutto quell’impegno dei cristiani nella società e nella politica che, dopo la dissoluzione della Democrazia cristiana, continua a soffrire di un ingiustificabile complesso di inferiorità.
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