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Sport

IL BASKET DEI GIOBBI

ETTORE PAGANI - 02/02/2018

Arialdo Giobbi con il numero 10. Il fratello Valerio è il primo da sinistra nella fila sotto (da Wikipedia)

Arialdo Giobbi con il numero 10. Il fratello Valerio è il primo da sinistra nella fila sotto (da Wikipedia)

Non si usavano i termini venuti di moda quando i due fratelli Giobbi erano i pilastri della “difesa” dei bianco rossi della Pallacanestro Varese. Non si parlava di “playmaker” e di “guardia” ma di difensori. Punto e Basta. I due indietro, insomma, gli altri erano le “ali” a destra e a sinistra a completare il trio davanti con il “centro” diventato poi ufficialmente il “pivot”.

Assegnando ai due la terminologia successiva Valerio era il play e Araldo la guardia. Erano due colonne il più giovane Valerio (in epoca successiva per un periodo anche allenatore della squadra e, poi, delle formazioni giovanili) eccellente nell’impostare il gioco preciso in ogni passaggio; più difensore stretto l’Arialdo sfruttando anche la maggiore altezza sotto canestro e sui due quelli davanti (Clerici ala sinistra, figlio dell’allora titolare di un panificio in piazza XX settembre poi laureatosi in chimica e trasferitosi per ragioni di lavoro a Genova) e Stabilini (altro discendente del lavoro varesino in quanto figlio del titolare dell’Albergo Europa sito di fronte al palazzo municipale).

Quanto all’ala destra era a rotazione.

Dei due fratelli Arialdo è sopravvissuto parecchi anni rispetto a Valerio la cui convinzione di “voler scampare sino al 2000” fu brutalmente stroncata da un decesso in età ancora giovane lasciando due figli e la moglie in giovane età. A differenza di Arialdo sino al termine dei suoi 94 anni.

Vanno ricordati non solo come due rappresentanti della varesinità nella Pallacanestro ma anche come eccellenti nella loro qualità sotto il profilo tecnico e altrettanto validi nella loro passione per i colori bianco-rossi.

Non furono molte le coppie di fratelli che si cimentarono – soprattutto sulle stesse linee – sul parquet varesino. Bisogna risalire parecchio negli anni per arrivare ai due Rodà (di “discendenza” roburiana) e quanto a stranieri ai serbi del Beograd Bogomir e Traiko Rajkovic.

Tutti eccellenti. Quasi a voler rispettare una tradizione.

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