(O) Doomsday clock? L’orologio che segna la fine del mondo ha fatto un passo in avanti di trenta secondi verso il giorno del giudizio? Meditate gente! Fate penitenza, come Ninive per la predicazione del profeta Giona.
(S) Bastasse vestirsi di sacco e cospargersi il capo di cenere per cambiare le sorti del mondo… io lo farei, servisse almeno a cambiare la mia, ma chi mi garantisce? Nessuno, allora tanto vale. Badate bene, la storia ci insegna che i profeti di sventura, i Nostradamus e le Cassandre da strapazzo hanno troppo facilmente ragione. Basta aspettare. Prima o poi viene il tempo della decadenza per qualsiasi persona o istituzione o cosa. Comunque spiega, che cos’è questo orologio dell’apocalisse?
(O) Nel 1947 il Bulletin of the Atomic Scientists pubblicò per la prima volta un’immagine simbolica, un orologio fermo a sette minuti prima della mezzanotte, per indicare quanto poco tempo restasse all’umanità per allontanare il pericolo di una guerra nucleare globale che ne segnasse l’estinzione. Era la presa di coscienza della possibilità che l’Apocalisse passasse dalle mani divine a quelle dell’uomo. Non un messaggio morale, come quello profetico, ma un calcolo di probabilità, un’ipotesi scientifica basata sull’analisi dei fatti.
(S) Ma perché sette minuti? Qualcuno ha pensato che fosse un tempo limite ipotetico, proporzionato all’età del pianeta o forse a quella dell’ uomo, ma probabilmente è solo un espediente psicologico o letterario, del genere linguaggio profetico. Non c’è nessuna proporzione scientificamente attendibile tra il passato e il futuro. Infatti sette minuti su una giornata che ne conta 1440 (passo ai numeri arabi per chiarezza) rappresenta poco meno dello 0,5%, lo 0,486% se vogliamo avvicinarci maggiormente alla precisione, del tempo di riferimento. Se quest’ultimo fosse costituito dal milione di anni dall’inizio dell’evoluzione dell’Homo sapiens, il tempo rimanente sarebbe di 4860 anni: un tempo di attesa per niente terrorizzante per la nostra aspettativa di vita, ridotto a 2 minuti su 24 ore rimarrebbero pur sempre 1388 anni. Tagliamo questo calcolo di un fattore 10, portiamoci come punto di partenza all’ arrivo dell’Homo Sapiens in Europa e troveremo sempre un tempo residuo che coinvolge tre o quattro generazioni. Troppo poco per impressionare i politici di oggi, abituati a misurarsi sul battito di un tweet.
(O) Tutto dipende dal sistema di riferimento; se avessimo preso il millennio dalla nascita di Cristo, come si favoleggia sia avvenuto nel medioevo, o i duemila anni ora trascorsi saremmo invece a poco più di un anno o due: vedi, dipende.
(S) Appunto, in tutto questo non c’è nulla di scientifico e lo schermo del prestigio della rivista degli scienziati atomici nasconde una posizione ideologica, rispettabile, beninteso, cioè che l’uomo sia minaccia a se stesso e che, in fondo, la civiltà sia portatrice più di male che di bene. Ma io penso che il terrorismo psicologico non serva a nulla, non aumenti la consapevolezza dei problemi da parte della gente comune, anzi la induca ad affidarsi allo ‘stregone’, al politico che promette la soluzione più facile, magari a quello che presenta il capro espiatorio più debole, più isolato, quello con cui la massa è meno coinvolta, Vedi il caso degli ebrei nel secolo scorso e non solo.
(C) Ho il sospetto che questo ‘terrorismo psicologico’, che oggi aggiunge il cambiamento climatico alla minaccia nucleare come fattore di rischio globale, sia più vicino alla parodia del ‘Dottor Stranamore’ che aveva immaginato l’arma ‘fine del mondo’ costruita dai Russi come deterrente apocalittico, che a una previsione scientifica. Tuttavia, anche se ci fosse un fondamento plausibile, una forma di calcolo delle probabilità rispetto alla possibilità di un incidente catastrofico tale da creare reazioni a catena incontrollabili, l’ultima parola non spetta a nessuna ‘potenza’ umana.
(O) Voler essere ottimisti,oggi, nonostante tutto, è uno sforzo apprezzabile. Normalmente io lo sono più di voi due. Il mio ottimismo scientifico stavolta è messo in crisi dal pessimismo politico degli scienziati stessi, che ci fanno capire con il Doomsday clock di essere sovrastati dall’irresponsabilità dei politici. Conformi, negando l’utilità della preoccupazione degli scienziati, mi diventa pessimista al quadrato: la minaccia all’esistenza dell’umanità spingerebbe non alla solidarietà ma al fratricidio. La mia speranza sarà pure irrazionale, ma non ci posso rinunciare.
(C) Anch’io esprimo una posizione non scientifica, ma di fede; tuttavia penso che sia veramente in accordo con la ragione. Il tempo non è dell’uomo, è di Dio, che non lo misura in anni e in generazioni, ma secondo una pazienza che non è la nostra. Non aspetta le prossime elezioni, né il prossimo campionato del mondo. Solo Dio conosce i tempi ultimi. Ma ogni tempo può essere l’ultimo per me, per ciascuno di noi. Il tempo di Dio in relazione ad ogni uomo si chiama vocazione e possiede una proporzione alla realtà che è sconosciuta ed inconoscibile anche al soggetto interessato. Sarà che negli ultimi tempi sono stato colpito dalla morte di alcuni amici e di giovani ‘innocenti’ figli di amici, ma mi rendo sempre più conto che se continuiamo a fingere che la storia sia il luogo dove l’uomo manifesta solo la sua potente libertà, ci illudiamo e ci facciamo del male.
Quello che intendo è ben rappresentato da poche parole in cui il padre di un ragazzo, deceduto in circostanze tragicamente impreviste, ha sintetizzato la sua nuova esperienza di fede: “La grazia precede la libertà.” Sembra una frase oscura, ma può essere spiegata in modo semplice, pur essendo il fondamento teologico del cattolicesimo: incarnandosi in Cristo e assumendo tutta la possibile sofferenza dell’uomo storico, Dio afferma l’insopprimibile positività della realtà e la sconfitta del male. L’uomo è aiutato a superare qualsiasi tentazione e raggiunge il proprio compimento non grazie al proprio sforzo, non in virtù di un successo mondano, ma in forza dell’unirsi nel tempo di grazia e di libertà.
Con questo arrivo alla medesima conclusione di Onirio: fare penitenza è un ottimo rimedio alla paura, non per una specie di superstizione, per quell’automatismo di una presunta ricompensa, preso in giro dalla canzone di Carmen Consoli, “Se è vero che ad ogni rinuncia corrisponde una contropartita considerevole, privarsi dell’anima comporterebbe una lauta ricompensa?“, ma perché il sacrificio della penitenza aiuta a ricollocare la visione della realtà nell’orizzonte della verità al posto di quello dell’interesse. Un buon proposito per la prossima Quaresima.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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