Visto da lontano, da semplice cittadino, l’inizio della fase finale della corsa elettorale bosina, cioè strettamente di casa nostra, mi è sembrato del tutto in linea con la tradizione: riserbo massimo sulla scelta dei candidati, divaricazioni se non battaglie più o meno leali all’interno dei partiti, poi sceneggiate finali con la presentazione delle liste nel segno di sgarri, vendette, sorprese anche positive e massimo rispetto della regola d’oro: chi comanda vince sempre anche a costo di calpestare il buon senso o preziose indicazioni date da iscritti ai partiti o dagli elettori.
Mi ha colpito in proposito la massiccia bordata di siluri indirizzata a Luisa Oprandi che deve sicuramente aver sbagliato partito quando anni fa optò per la militanza politica: infatti ha combattuto bene la sua battaglia civica tanto da essere successivamente tra le donne più votate a Palazzo Estense. Si ha la netta impressione che Varese, non solo le iscritte o simpatizzanti del PD, stimi molto Oprandi, ne apprezzi comportamenti e idealità che ne ispirano l’azione. Insomma una bella risorsa elettorale alla quale i suoi hanno deciso di rinunciare correndo il rischio di non essere capiti anche da molti sostenitori.
Ester Miglierina fu una presenza simile a Palazzo, stimata e votata a lungo dal popolo democristiano e non solo perché le donne rispettano sempre le bandiere, ma le riuniscono tutte quando c’è battersi per un percorso più democratico nell’ambito della comunità.
Non si sa nulla al momento di eventuali sondaggi per le corse al Parlamento e alla Regione che vedono impegnata la nostra politica, ma sembra che tutto vada come prima quanto a modulo di gioco: distacco assoluto dai problemi, nessun bilancio di quello che è stato fatto, nessuna promessa di un’azione di riscatto a favore del capoluogo e del suo territorio. Per la verità non ha ancora parlato Daniele Marantelli al quale Roma aveva chiesto di mettersi a disposizione per un nuovo mandato parlamentare, richiesta che ignorava i nuovi sentieri renziani tracciati a Varese. Se uniamo tutto quanto hanno fatto gli altri deputati di casa nostra in venti anni, vedi raddoppio del raccordo autostradale (Maroni) e finanziamenti all’Università (Bossi), non si raggiunge il miliardino di euro per l’industria aeronautica del Varesotto rastrellato in silenzio da Marantelli.
Il ritorno di Marantelli a Varese sarà una risorsa per la città più trascurata da Centrodestra e Pd regionali.
Una città che si merita molto di più e che Roma e Milano ritengono probabilmente di avere già ripagato dando fiducia a ministri del calibro di Zamberletti e Maroni, e con le presidenze a Palazzo Lombardia dello stesso Maroni e di Cattaneo.
Speriamo che la candidatura di Fontana alla guida della Regione non sia considerata a sua volta un riconoscimento e nulla più della bella scuola di potere di casa nostra.
Fontana, come sindaco tenuto a stecchetto da Milano e Roma, sa benissimo quanto Varese abbia il diritto di essere aiutata. E sa anche che i buoni varesini si sono già ribellati alle elezioni comunali.
Sulle elezioni incombono i 5 Stelle che in Italia potrebbero essere la sorpresona se ci sarà una forte astensione. Varese invece ha già preso un bel bidone con la Lega, infatti in molti avevano pensato a un vittorioso ribaltone, ma il deficit culturale del partito di Bossi, con una storia locale modesta, con le manie del dialetto, a volte condite da volgarità non poteva portare lontano.
Una classe dirigente non la si inventa, la Lega ha avuto qualche leader eccellente e tante persone oneste, ma in 23 anni di potere non ci ha portati lontano, non è riuscita nell’impresa di recuperare quella Varese che imprenditori, professionisti e lavoratori avevano portato ai vertici, grazie anche a politiche locali assennate nelle quali l’opposizione giocava un ruolo intelligente. Poi a Roma si iniziò la deriva della politica degli affari. Ed è da quella notte che a Varese nei fatti non ha ancora rivisto il sole.
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