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I social network hanno portato molti benefici, tra i quali la possibilità di rimanere in contatto con persone che forse non avremmo più rivisto. Questi vantaggi, però, non devono modificare il vero significato del concetto di “socializzazione”, perché fare due chiacchiere faccia a faccia davanti a un aperitivo o una cioccolata calda con un amico o amica, è meglio di una chat. Purtroppo però, il mito del rimanere sempre connessi in “tempo reale”, crea dipendenza. Credo pertanto sia giusto iniziare a porsi delle domande riguardo l’ossessione da social, le modalità con cui vengono utilizzati e al diffuso e dilagante bisogno di “condividere” qualsiasi cosa, immediatamente, come se altrimenti non si riuscisse a vivere appieno l’emozione di un evento.
Sì perché i social network, come affermato anche dal sociologo Zygmunt Bauman, implicano l’esposizione, e di conseguenza il non avere segreti e il venir meno della propria privacy. Tutte carte che diamo deliberatamente in mano a un Grande Fratello globale, il quale raccoglie una preziosa banca dati sul nostro conto. Del resto il patron di Facebook Mark Zuckerberg, non ha mai fatto mistero, di utilizzare questi dati. Spesso chi ha un profilo sui social, fornisce senza rendersene conto dati su hobby, preferenze, viaggi, sport praticati, gusti, disgusti, che poi vanno ad incrementare il Database globale.
Ma osserviamo e riflettiamo su questi dati forniti dal sito Nowmedia: il 40% ammette di passare più tempo a “socializzare” sui network online che nella vita reale; il 24% dichiara di essersi perso momenti importanti della propria vita perché occupati a condividere quello stesso momento online; il 33% preferisce approcciare nuove persone online che nella vita reale; il 24% confessa di accettare “richieste di amicizia” da persone alle quali non sono realmente interessati; il 47% crede di essere maggiormente protetto a parlare online; l’ 84% crede che i social networks siano il mezzo ideale per rimanere in contatto con amici che vivono lontano, per rintracciare vecchi conoscenti (76%) e di aiuto alle persone timide e solitarie per fare nuove amicizie (83%); il 28% ammette di avere esagerato o mentito online; il 47% afferma che le proprie “amicizie” online siano effettivamente superficiali e poco significative; il 24% ha condiviso praticamente ogni cosa sui social, fino ad arrivare a condividere la morte dei familiari, matrimoni, nascita di figli e nipoti, o divorzi.
Nei social network si può arrivare a essere dipendenti dalla socialità virtuale, come una vera e propria droga (ed è infatti già da anni un fenomeno tenuto sotto controllo dagli psichiatri ). Se trascorrete diverse ore al giorno incollati allo schermo, o non riuscite a resistere dall’aprire le notifiche di status quando vi arrivano sullo smartphone e, peggio, quando siete in compagnia con altri, o addirittura a tavola con familiari e ospiti, potreste cadere nella categoria. E allora è meglio correre ai ripari.
Secondo il sito One Mind le interazioni sociali ci gratificano. Non importa se siano reali o virtuali, il nostro cervello prova comunque un sentimento di appagamento; rilascia “ossitocina” e “dopamina”, responsabili della sensazione di benessere, e attiva il circuito della ricompensa.
Allora che c’è di male nel provare piacere? Il problema è che, sulla carta, il cervello dovrebbe ricompensarci soltanto quando eseguiamo realmente delle azioni concrete. La gratificazione serve infatti a farci capire che stiamo seguendo la strada giusta, da ripetere in futuro. Ma nei social otteniamo la ricompensa senza avere fatto niente di concreto, senza aver compiuto un vero sforzo. E poiché il cervello è pigro (tende a risparmiare energia), finisce col preferire le interazioni virtuali a quelle reali.
La conseguenza è che l’uso massiccio dei social ci porta a diminuire sempre più le interazioni con la società reale. In altre parole, ci rende più antisociali.
Una mia cara amica lamenta comportamenti distratti e perfino scontrosi e irascibili nel marito da quando è diventato assiduo frequentatore di social. Si mostra apatico, assente ed estraneo a quanto avviene in casa e tutto intorno a lui, e non può fare a meno di “smanettare” sul suo smart, nemmeno in presenza di amici e ospiti.
Il motivo è facile da comprendere i vari “like” (mi piace), che gli arrivano in “tempo reale”, le varie richieste di “amicizia”, quando sottopone ai social i suoi parti letterari, gli danno quella serie di “gratificazioni immediate” che in famiglia non trova. Ma il “tempo reale” non è il tempo umano, è un’altra finzione.
Il rimedio per l’amica in questione? Uscire, lasciare solo il “genio irascibile” davanti alla “invenzione diabolica”, disertare i fornelli e la preparazione di buoni cibi, fargli desiderare le attenzioni alle quali è troppo ben abituato. Dopo qualche tempo il marito distratto, pigro e disattento si renderà conto a proprie spese di essere, sì, collegato col mondo, ma per paradosso, di essere obbligato a rimanere solo, immobile su una sedia in una stanza vuota, all’interno di una casa deserta, senza voci vere, magari senza l’allegria di bimbi che giocano per la casa. Tagliato fuori e lontano dal mondo degli affetti: quelli veri. E forse l’accanito internauta rinsavirà prima del previsto.
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