(O) Vogliamo continuare sul tema della bellezza o cogliere lo spunto, contenuto nella precedente Apologia, delle ‘verità di fede’ enunciate nel Credo per addentrarci nel tema della verità?
(C) Ripeto che questi temi vanno sempre compresi in parallelo, ma oggi ci focalizziamo sul metodo adeguato per conoscere e comunicare il VERO. È una pretesa molto ambiziosa, perciò non parto dal Credo, con i suoi millenni di storia e di teologia sulle spalle, ma da un paio di ‘fatterelli’ capitati in settimana, che mostrano come il tema del vero non sia per nulla astratto, anzi, ci insegue fin nel dettaglio del nostro quotidiano e talvolta banale comunicare. Infatti non parliamo della verità in assoluto, ma di quella che deve essere contenuta nel nostro normale parlare.
Ho un esempio importante: il Papa, cui è capitato di doversi correggere a proposito di una risposta data sul caso del vescovo cileno Barros. Premuto da manifestazioni di piazza che chiedevano la rimozione del vescovo per aver coperto un prete pedofilo, il Papa aveva risposto che nel caso specifico mancavano le prove. Accusato dalla stampa e dallo stesso card. O’Malley, responsabile per il Vaticano del contrasto alla pedofilia, di aver offeso le vittime di abusi sessuali, sostenendo la necessità di ‘prove’ da parte delle vittime, ha spiegato di aver usato un’espressione poco felice, e di aver parlato di mancanza di ‘prove’ per le accuse a carico di mons. Barros, mentre sarebbe stato più opportuno parlare di ‘mancanza di evidenza’. In altre circostanze il Papa ha parlato di ‘certezza morale’ come della metodologia necessaria e sufficiente per esprimere un giudizio vero
(S) Mi ha sorpreso la durezza della prima risposta del Papa, così come la dura correzione a suo carico del card. O’Malley, che pure il Papa ha accettato di buon grado. Ma, perdonate l’insistenza, l’evidenza è un concetto ben diverso da certezza morale, la prima si presenta come un dato inoppugnabile, la seconda confina con la fede.
(O) Attenzione alla proprietà del linguaggio, che certamente non veniva usato in senso filosofico da Francesco e può subire l’ambiguità dalla traduzione. Non ne farei una questione, secondo me voleva dire che non è necessario richiedere la prova materiale. Se questa fosse la richiesta, argomentava il card. O’Malley, sarebbe offensiva per chi denuncia l’abuso, perché non sarebbe quasi mai in grado di fornire una prova materiale, per esempio una fotografia o la testimonianza di un terzo. Penso invece che nel pensiero di Francesco ‘evidenza’ si sovrapponga come significato a ‘certezza morale’. Vuol dire che la certezza si è formata attraverso una o più esperienze che ci conducono a concludere che una certa realtà ‘non può essere che così’. La certezza morale è aver raggiunto, pur in assenza di una prova materiale, un risultato conoscitivo che ha lo stesso valore dell’evidenza, anche se si è formato con un procedimento non immediato.
(C) Vorrei sottolineare il grande valore del metodo della certezza morale, applicandolo all’altro caso drammatico di questi giorni: il suicidio del padre della ragazza che ha rivelato nel tema di essere stata abusata da lui. Moltissimi hanno deplorato che sia stata diffusa la notizia in un modo tale che suonasse come immediata condanna, l’ennesima volta in cui ‘si sbatte il mostro in prima pagina’. Il presidente degli avvocati di Cassino ha osservato: «Si è tolta la vita a una persona. Nessuno potrà mai dirci se questo è avvenuto a seguito dell’impatto mediatico o se nella sua coscienza aveva maturato da solo questa decisione. Questo non potrà dirlo mai nessuno. Ma sicuramente questa ragazza ha subito tre choc violenti: la violenza da parte del padre, se c’è stata; la pubblicità nell’ambito di tutto il suo ambiente; e adesso la morte del padre, che in un certo senso è ricollegata a questo episodio».
Chi diffuso la notizia in questo modo è stato non solo imprudente e addirittura impietoso, ma non ha svolto il percorso che porta alla certezza morale, ha trasformato in un fatto inoppugnabile e in un giudizio perentorio quella che fino a quel momento si presentava solo come una pur drammatica confidenza dell’alunna all’insegnante. C’è anche l’altro aspetto della prudenza nella diffusione di notizie potenzialmente lesive per le persone innocenti, o, come in questo caso anche per un potenziale colpevole, ma non è questo il punto che voglio evidenziare.
Tutti i giudizi sulle grandi questioni della vita non sono definibili con l’automatismo di un calcolo matematico e meno ancora con la deduzione da una ideologia che pretenda di conoscere in astratto tutti i casi possibili, una pretesa avanzata da tutti i sistemi totalitari del Novecento e che è stata l’origine delle tragedie del secolo. Ancora peggiore, forse, è l’opposta pretesa odierna di rendere misura perfetta del bene e del male la soggettività, che si esprime come reattività a tutto quanto si frappone alla realizzazione della mia personale utopia di una società perfetta, con la conseguenza che la regola del sospetto diventa il criterio che autorizza chi ha la responsabilità di informare e di educare ad emettere giudizi sommari e condanne senza appello.
(S) Stai chiedendo alla società dell’informazione nel suo complesso un compito impossibile: vagliare tutto e trattenere il valore, ma ciò significa rinunciare allo scoop e quindi al business a causa di scrupoli morali dettati da prudenza e rispetto, che altri concorrenti potrebbero non avere.
Questo problema è stato posto ai gestori di social media, temo invano, non solo per la difficoltà di esercitare una specie di censura preventiva, principalmente perché chi partecipa di questa forma di comunicazione e usa di questi strumenti che, non dimentichiamolo, sono imprese commerciali ricchissime, vuole proprio solo questo, sparare il suo parere. La cosa vera diventerà quella che avrà fatto più rumore e avrà raccolto più ‘mi piace’. Il povero Francesco, che aveva espresso un giudizio corretto in sé e che sarebbe stato accettato comunemente venti anni fa, è caduto la prima volta in un tranello mediatico e si espresso la seconda volta in termini praticamente incomprensibili per il linguaggio contemporaneo. Però, se anche avesse usato l’espressione ‘ mancanza di certezza morale’, difficilmente sarebbe stato capito. E anche i lettori avranno qualche difficoltà a capire il paradosso di una società in cui la stragrande abbondanza di notizie e di mezzi di comunicazione su cui diffonderle ci allontana dalla verità anziché avvicinarci e persino un’autorità morale universalmente riconosciuta come Papa Francesco può essere scambiato per un opportunista reticente.
(C) Davvero me ne rendo conto. Non ho potuto rinunciare, tuttavia, a iniziare una riflessione, pure parziale e affrettata sul tema del vero. Se non imparassimo il metodo della certezza morale, finiremmo per accettare come ovvia l’impossibilità di giudizi veri, surrogati dall’opinione maggioritaria. Un esito che millenni di pensiero, di ragione e di fede non meritano.
(O) Onirio Desti (C) Costante (S) Sebastiano Conformi
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