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Cara Varese

CHIAMATA AI GIOVANI

PIERFAUSTO VEDANI - 26/01/2018

delpiniLa situazione nazionale, veramente pesante, suggerisce anche di chiamare alla lotta i giovani come parte fondamentale di una società della quale domani saranno protagonisti.

Una lotta civilissima, costruttiva e all’interno di realtà democratiche delle quali sono fatte la politica, le varie rappresentatività che sono essenza delle istituzioni.

È una chiamata che per quanto ci riguarda automaticamente si allarga ad altre situazioni dell’essere comunità di una città di provincia ancora solida, che può e deve recuperare quanto ha ceduto a causa della grande crisi internazionale, ma anche di propri errori relativi a strategie gestionali. Come l’accettare un ruolo di secondo piano, di fanciullina obbediente e silenziosa, per il semplice fatto di avere dato alla patria leader politici di profilo nazionale o regionale.

Se dopo quasi un quarto di secolo Varese si ritrova con un pugno di mosche all’attivo non si può cercare responsabilità lontano da casa. Ecco perché il rinnovamento deve essere tutto opera nostra e non deve avere confini o barriere in campo politico perché sul vagone-letto varesino della Regione specie negli ultimi anni ci ha dormito alla grande anche l’opposizione. Occorre un risveglio rapido e partecipato dal momento che oggi abbiamo delle vere emergenze sociali e culturali, come un sistema sanitario inadeguato alle esigenze del capoluogo e del suo territorio, come situazioni urbanistiche e ambientali o la facoltà medica dell’l’Università dell’Insubria messa in gravi difficoltà dalla Regione, al pari delle dispute sulla Fondazione Molina che ne possono compromettere il futuro. E, più in generale, l’assistenza agli anziani e ai cronici diventata un lusso da 2 a 3 mila euro al mese, quasi fossimo tutti degli sceicchi del petrolio.

Hanno delle responsabilità le generazioni dei varesini, c’è anche la mia, che con il loro tradizionale disinteresse per la cosa pubblica hanno portato agli attuali deficit gestionali: è tempo di cambiamento, di dare più spazio e agibilità ai nostri. Ragazzi del ‘99, ai varesini cioè giovani in politica tanto da far prevalere le liste civiche o di proporre nuovi percorsi di lotta democratica. È tempo di andare a vedere e toccare con mano dimensioni e conseguenze di errori e di valutazioni di grande portata ai quali non si è mai posto rimedio per la passività della politica locale. Se in questi anni invece di ascoltare ammaestrate relazioni sui problemi ospedalieri i consiglieri comunali avessero fatto inattesi sopralluoghi al Circolo dove disagi e sofferenze di degenti e parenti erano di solare evidenza qualcosa sarebbe cambiato, la gente si sarebbe sentita concretamente aiutata e saremmo andati avanti lungo il cammino della conoscenza e della consapevolezza che ci venivano negate perché non si voleva perdere la faccia di presunti primatisti della migliore sanità italiana. Leadership che è invenzione pura di politici e che permette loro ancora oggi di controllare e dominare in Lombardia un settore altamente strategico.

Ho affrontato argomenti non nuovi perché desidero accostarli a due avvenimenti importanti: l’invito ai giovani che, diventati maggiorenni, a marzo voteranno, loro rivolto dall’arcivescovo Delpini e una adunata dei varesini con il cuore in mano per aiutare sviluppo e potenzialità del sistema sanitario di casa nostra.

Con l’arcivescovo la Chiesa varesina ha confermato la sua grande, tradizionale capacità di essere una delle guide fondamentali della comunità: non è il parere di un cronista della città, è la storia stessa di Varese a confermare una bella e tradizionale realtà. Sono infatti felicissimi, e di enorme utilità un appello, un consiglio fondati sui valori e rivolti a una giovane generazione che corre il rischio di rilevare, quando le toccherà il turno della staffetta, una Varese spenta, non più in perfetta linea di navigazione solo perché non si è avuto il coraggio di scendere in campo per aiutarla. Alla gioventù non si può chiedere esperienza, ma slancio e sensibilità nei cambiamenti, anche politici. Grazie arcivescovo Delpini.

Il secondo avvenimento l’importante festa-appello in onore della Varese dei donatori, dell’amore per il prossimo, per la tutela dei più deboli in ambito sanitario. Insomma il benemerito Circolo della Bontà, fondato dal carissimo amico e collega Gianni Spartà.

Anche nella solidarietà per la cura della salute noi tutti conosciamo e amiamo strepitosi varesini che profusero miliardi a favore della comunità. Sono convinto che la grande pioggia benefica diventerà ancora più intensa quando la politica avrà fatto la sua parte restituendo mezzi, uomini, capacità di crescita assistenziale e scientifica all’ospedale di Circolo e all’Università. Se Milano pensa alla nostra comunità solo come a un bancomat saranno i nostri maggiorenni dei prossimi anni e gli anziani sopravvissuti a mandare i politici a lavorare. Sano e doveroso esercizio al quale si sottraggono da troppo tempo.

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