Nato a Kaunas in Lituania da famiglia piccolo borghese ebraica, studioso della Bibbia e della letteratura russa (Dostoevskij, Puskin, Gogol), Emmanuel Lévinas (1906-1995) inizia gli studi di filosofia Strasburgo, dove si trasferisce nel 1923.
Legge Platone, Cartesio,Kant accanto a Durkheim e Bergson. È uditore di Husserl tra il 1928 e il 1929 (corsi sulla costituzione dell’intersoggettività) e conosce Martin Heidegger. Pubblica nel 1930 “La teoria dell’intuizione nella fenomenologia di Husserl “ e di questi traduce le “Meditazioni cartesiane”. Dottore in lettere nel 1961, insegna nelle Università di Poitiers (1964-1967), Paris-Nanterre (1967-1973) e alla Sorbona (1973-1976). Muore a Parigi il 25 dicembre 1995. Altre sue opere: “Dall’esistenza all’esistente” (1947), “Totalità e infinito. Saggio sull’esteriorità” (1961), “Altrimenti che essere o al di là dell’essenza” (1974), “Di Dio che viene all’idea” (1982).
Il suo è un tentativo di descrivere l’incontro con una alterità assolutamente trascendente (cioè una relazione che non si lascia pensare nella forma del rapporto tra soggetto e oggetto, irriducibile all’ambito della filosofia teoretica). La sua è una radicale messa in questione dell’intera tradizione filosofica e dei suoi concetti chiave (primo tra tutti quello di essere).
“Totalità e infinito” appare come una ripresa di istanze fenomenologiche e come il loro superamento su un piano morale. Il rapporto etico con l’Altro (separazione e differenza sussistente tra il Medesimo e l’Altro) determina l’orizzonte che rende possibile il discorso e la conoscenza. Sul piano teoretico ne deriva il rifiuto del primato della rappresentazione, che riconduce le differenze sotto un termine neutro, ricomponendole sotto lo sguardo totalizzante del Medesimo. Sul piano etico ne consegue il riconoscimento del carattere intersoggettivo del senso, reso inseparabile da una preoccupazione morale.
Partendo dall’idea di infinito (Terza Meditazione di Cartesio) Lévinas mostra la costituzione di un essere separato e chiuso egoisticamente in se stesso, il Medesimo, oppone alla totalità una rottura concretamente prodotta dal rapporto con una alterità non assimilabile al Medesimo, cui ci si può accostare solo eticamente.
Nel descrivere la costituzione del Medesimo è presa in esame la preliminare collocazione in un ambiente dal quale trae vita e godimento; poi il Medesimo prende le distanze dall’ambiente e con il lavoro lo modella adattandolo ai suoi fini. Il Volto dell’altro denota una alterità offerta solo come traccia di un’assenza.
Il Volto dell’Altro si offre al di fuori d’ogni contesto, portatore di un senso che non gli viene dalle operazioni del Medesimo e si esprime nella forma dell’imperativo. “Non uccidere!” comporta l’apertura di un orizzonte di senso, in cui il Medesimo si scopre responsabile e nella responsabilità trova la via per accostarsi all’Altro non compromettendone l’integrità.
In questo orizzonte Lévinas colloca l’amore, fecondità che realizza la pluralità delle sostanze nell’essere. La struttura dell’essere a questo punto non è più unitaria, ma molteplice e scissa. L’etica può configurarsi come filosofia prima e autentica metafisica.
“Altrimenti che essere” (1974) non è un trattato, ma una raccolta di saggi che ruotano attorno a un centro, rappresentato dalla nozione di sostituzione, in luogo di quelle di separazione ed esteriorità. La prospettiva etica si radicalizza, proponendosi come abbandono dell’orizzonte concettuale e linguistico del pensiero filosofico.
Si pongono in questione la nozione stessa di sapere e le sue categorie (innanzitutto quella di essere, inteso non solo come sostanza, ma come verbo e linguaggio). Lo stesso termine onto-logia definisce la connivenza tra esibizione dell’essere e linguaggio.
L’essere si realizza come inter-esse (l’essere si differenzia nel tempo per raccogliersi e ritrovarsi nella molteplicità delle sue fasi). Il linguaggio garantisce un’identità, che si produce e si ricompone: come verbo è risonanza dell’essere in generale, come nome è esibizione degli enti come modi di essere e si costituisce come sistema di segni, che rispecchiano gli enti e i loro rapporti.
Il linguaggio come Detto raccoglie le differenti fasi dell’essere nell’unità narrativa di un Tema. L’essere si esibisce e si dice a partire dall’evento della significazione ; per Lévinas si produce come quel peculiare rapporto, la responsabilità, che lega il soggetto all’Altro.
Lo sforzo di “Altrimenti che essere” consiste nella riduzione della funzione tematizzante del detto per risalire al dire, in cui il linguaggio è atteggiamento etico verso l’Altro. Una mera negazione dell’essere non lo mette da parte, ma lo ripropone nei suoi tratti più inquietanti, come l’impersonalità e il flusso anonimo dell’essere in generale. Bisogna allora pensare altrimenti, abbandonare il linguaggio dichiarativo dell’ontologia per liberare un senso etico. Il rapporto con l’Altro che fa da orizzonte di significazione è definito prossimità e questa a sua volta come una relazione tra termini eterogenei, che non si identificano e non sono correlativi. L’Altro resta sempre esterno al soggetto e lo trascende.
Perché ci sia relazione e non semplicemente una compresenza di termini posti l’uno accanto all’altro è necessario in qualche modo che l’Altro tocchi il soggetto. Entra in gioco il concetto di responsabilità verso il prossimo.
Tra Medesimo e Altro c’è uno spazio che segna l’impossibilità del Medesimo di stare in sé. Ecco la nozione di “sostituzione”: il soggetto si definisce in quel movimento di uscita da sé che lo rende “l’uno per l’altro”. Il Medesimo non diventa l’Altro. Essere per l’Altro significa mettersi “al posto dell’Altro”, espiare in vece sua.
Il concetto di sostituzione è a un tempo un imperativo etico e una definizione del soggetto che lo concepisce come passività e non-identità. Fondamentale per Lévinas è l’irriducibile diversità dell’Altro, del diverso, mentre la tradizione metafisica è sempre stata tentata dall’operazione della riduzione a ciò che è noto e permane identico; con la sensibilità di carattere etico a non “violentare” l’Altro, il suo orizzonte di senso, attraverso l’omologazione a concetti-categorie che pretendono di coglierlo completamente.
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