Come fosse la vigilia per i preparativi di ‘questo grosso grasso matrimonio greco’, la campagna elettorale per le nostre imminenti elezioni di marzo sembra soffrire di un’ipertrofia culinaria.
S’annuncia -già nei prodromi- una cucina di dimensioni pantagrueliche, ideata per un formidabile banchetto, orchestrato da un’ eterogenea, complessa squadra di chef, e una tavola, imbandita di tutto un po’, alla quale già molti vorrebbero accomodarsi in veste di commensali.
C’è grande fame nell’intero stivale, con il rischio di indigeste preparazioni e abbuffate sconvenienti.
Se qualcuno ricorda qualche scena del felliniano Satyricon, ambientata nella lussuosa abitazione di Trimalcione -l’ arricchito parvenu raccontato da Petronio, in procinto di inaugurare un mastodontico mausoleo da lasciare ai posteri- possiamo figurarci analoga situazione: con montagne di portate, e cataste di carni, condite in salse varie, offerte a ospiti e commensali a caccia di cibo e di rassicuranti bottini.
In pole position sono stati già notati alcuni giornalisti: emaciati, gli abiti strappati, le barbe incolte, appena usciti dalle anguste gabbie nelle quali si sono sacrificati troppo a lungo, infervorati da entusiasmo giacobino si presentano armati solo delle loro chitarre per impegnarsi nell’agone. Grande entusiasmo dimostrano anche note e morbide cantanti in guêpière che non vogliono assolutamente più remare, perché, come si sa, finché la barca va lasciala andare, se poi nessuno più rema per te allora bisogna fare attenzione, ché la barca s’impantana. Per fortuna, quando Pierluigi o Massimo sembrano mollare i remi, a prua si accomoda l’amorino, sotto le mentite spoglie di Luigino, e allora… quando l’amore viene il campanello suonerà.
Suonerà la campana, o il campanello, anche per ex sindaci, soprattutto esperti d’ippica e di razze equine – delle cui carni gli stessi tornano a sostenere con vigore la purezza- e per illustri esponenti di partito: che fieramente rifiutano il pagamento richiesto da qualche questuante attaccabrighe per modesti oboli arretrati. Eppure dovrebbe sapere lo scocciatore che de minimis non curat praetor.
Non sappiamo invece del sempre entusiasta e ottimista Razzi, forse -nomen est omen- impegnato in Corea a supportare le bordate di Kim. E del quale certi manifestano già, con gran rimpianto, l’assenza ingiustificata al grosso, grasso banchetto. Ma alziamo i calici, suvvia, sursum corda e prepariamoci al brindisi. Prosit.
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