Dobbiamo parlare un poco della 68° edizione del Festival di Sanremo che si svolgerà tra qualche settimana: da martedì 6 a sabato 10 febbraio. Non perché rappresenti un obbligo, ma perché nel bene e nel male (speriamo sempre nel bene) il Festival è un appuntamento che – non soltanto nel mondo dello spettacolo e della Tv – è pari quasi a un evento religioso da calendario attorno al quale girano l’anno e le stagioni della nostra vita.
E veniamo al dunque, allora. Com’è noto anche a coloro che dicono di disinteressarsene, ma poi lo seguono e appaiono sempre informatissimi, il Festival quest’anno sarà diretto e condotto da Claudio Baglioni coadiuvato da Michelle Hunziker e da Pierfrancesco Savino. Il quale Baglioni è un artista ormai un po’ attempatello benché occupi un posto importante del nostro referente canzonettistico e “cantautoriale”. Forse di non grandissimo impegno culturale – pensiamo a due mostri sacri quali De Gregori e Guccini – ma certamente significativo. E poi tutto è relativo. Nella vita e nelle canzonette.
A differenza di Gianni Morandi, che pure non fu un personaggio squisitamente sanremese degli anni Sessanta, ma successivo, e venuto poi a dirigere la kermesse da celebrato conduttore, Claudio Baglioni non è quel che si dice un artista tipico di questo mondo di gare e di exploit: è sempre stato, quel che si dice, un battitore libero. Di qualità ma libero. In quanto ai “coadiuvanti” – la Hunziker e Savino – si potrebbe dire che siamo nel politically correct televisivo. Per Savino il palcoscenico dell’Ariston è una curiosa novità, una “medaglietta” che potrebbe essere foriera di nuovi incontri; per la Hunziker, tuttora felicemente accasata a Mediaset, è un gradito ritorno, dopo l’edizione del 2007 cui prese parte a fianco di quella pieta miliare del Festival di Sanremo che è Pippo Baudo. Il successo di audience televisiva – non si sa se di più o di meno rispetto all’edizione precedente dell’onnicomprensivo Carlo Conti – si preannuncia assicurato con ampi margini di certezza.
Qualcosa anche a proposito dei venti cantanti in gara, i cosiddetti big. Di tutto un po’ come sempre. Abbiamo una serie compatta di ex vincitori (alcuni “spezzettati” e riciclati): i tre ex Pooh Facchinetti, Fogli e Canzian primi insieme come gruppo e separati (Fogli), Luca Barbarossa, Enrico Ruggeri (che torna con i Decibel) e Ron; artisti che gareggiano con ottimi pedigree trascorsi dentro e fuori Sanremo (Noemi, Elio e le Storie Tese, Annalisa, Nina Zilli, Max Gazzé); altri che non demordono (Caccamo, Kolors, Biondi, Stato Sociale, Vibrazioni, Rubino); le coppie più o meno strane: Ermal Meta e Fabrizio Moro, Diodato e Roy Paci, Enzo Avitabile e Peppe Servillo… E un terzetto da “gustare”: Bungaro, Pacifico (alias Gino De Cresenzo) e Ornella Vanoni. Di quest’ultima – grande signora della canzone e del teatro italiani – nulla da dire a chiarimento: una storia che parte dagli anni Cinquanta, quand’era già illustre, sette partecipazioni a Sanremo, più le varie Canzonissime, Partitissime ecc. Una gigantessa. Prendiamola come un gioco, la sua presenza. Particolare importante: non ci saranno eliminazioni.
E poi le otto “giovani proposte”. Tutti eccellenti (ascoltati nella fase preliminare). Tra questi anche un Lorenzo Baglioni, ma non sarebbe nemmeno un parente.
Fare pronostici è molto difficile, diciamo pressoché impossibile. Il vincitore dei big sarà scelto dal pubblico (50%), sala stampa (20%) e giuria di esperti (30%). Lo scorso anno una favorita Fiorella Mannoia si dovette inchinare a un quasi sconosciuto Francesco Gabbani: Occidentali’s Karma. Sembrava una canzonetta da niente, forse più da Zecchino d’Oro che da Sanremo, e invece ha spopolato per l’intera estate. Chi l’avrebbe mai detto.
Un fine intenditore come Pippo Baudo continua a sostenere che la stella di Francesco Gabbani è destinata a cadere in fretta dal firmamento. Può darsi (e guardiamo a due esempi del passato: Vasco Rossi e Zucchero Fornaciari) che si sbagli.
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