(O) Vorrei aiutare i lettori a riprendersi dal pessimismo di Sebastiano e dalle penitenze di Costante, riproponendovi una prospettiva più serena, senza diventare superficiale. Come penitenza ci basti la campagna elettorale, con il suo carico di forzature volgari e di scandalismi farisaici. Anch’io sono convinto che un anno, per essere buono, non debba necessariamente essere fortunato, ricco di denaro e di altre soddisfazioni materiali, ma che non possa avere scarsezza di due componenti: bellezza e verità. Ecco, sia pure tardivamente, vi auguro Anno Bello e Anno Vero.
(S) Belli noi tre non lo siamo e non lo saremo mai; veri… mah, ci sforzeremo. È così facile ingannarsi che diventa possibile anche ingannare gli altri, sia pure involontariamente, o per un eccesso di prudenza, o per debolezza o per una specie di necessità o per l’opportunismo in vista di un bene modesto. Il tuo auspicio (o il tuo programma, come disse una volta De Gaulle) mi sembra troppo ambizioso.
(O) Scusate se insisto e permettetemi di cominciare dal desiderio di bellezza. Qualche settimana fa eravamo stati colpiti dall’affermazione di un noto intellettuale che la chiesa dei Ronchi di Gallarate fosse la più brutta del mondo. In compenso, pochi giorni dopo, lo stesso giornale inneggiava in prima pagina a nove colonne al ritorno della ‘bellezza quotidiana’ a santa Caterina del Sasso, grazie all’apertura quotidiana di questo sito bellissimo, garantita dalla rinnovata presenza di una congregazione religiosa. C’è una rinnovata sensibilità estetica nella Chiesa e nei laici che guardano ancora ad essa come una maestra di vita?
(S) Il bello non si compra tanto facilmente al mercato, nemmeno a caro prezzo. Più facilmente si apprezza il bello di un mondo antico, mentre per quello contemporaneo mi sembra evidente che sia molto più difficile mettere d’accordo tutti, che si tratti di arte, di musica, di architettura, di teatro. Non ci sono solo i differenti gusti: pensando alla liturgia, ci son moltissime esigenze pratiche che tendono a banalizzare la celebrazione, dai cori stonati ai microfoni fischianti o mal funzionanti, le luci troppo basse, i santini di gesso, l’albero di natale a luci intermittenti durante la messa, i cartelloni dozzinali a far memoria della festa del paese, fino all’esempio estremo del cervo abbattuto dai cacciatori e steso sotto l’altare in onore (?) di sant’Uberto. E ci sarebbero tanti esempi di usi impropri dello spazio liturgico, ovviamente più gravi, che vi risparmio, per non attizzare troppo i vostri sentimenti più che tradizionalisti.
(C) Nonostante il tuo scetticismo, proseguo. Oso dire che la bellezza dovrà stare insieme alla carità in prima fila nella proposta missionaria. Fede e speranza sono assai difficili da comunicare, da sole, nel mondo d’oggi. Ma, paradossalmente, è più facile comunicare la carità della bellezza. La carità è stata accettata dalla cultura statalistica nel suo risultato materiale, ma sostituita nel suo significato, presuntuosamente e finché dura, dal welfare. Perciò lo Stato tende a considerare imprese e a tassarle e vessarle come tali, tutte le iniziative caritative che necessito di un minimo di struttura organizzativa.
Ma con la bellezza non può, ha una forza unica, straordinaria, non ce la fa a surrogarla. Le dittature ci hanno provato, hanno bandito l’arte ‘degenerata’, quella ‘giudaica’ e quella borghese; si sono impadronite, al contrario, di quella classica, hanno promosso i ‘loro’ realismi e i ‘loro’ simbolismi, ma alla fine quello che sempre prevale è il messaggio che va dall’uomo all’uomo, dall’artista al fruitore. Insomma, l’arte ha una vitalità straordinaria. Perciò la mia meraviglia è enorme quando vedo la pochezza dell’arte contemporanea sacra, o liturgica, se preferite un termine più appropriato, dal momento che io penso che tutta l’arte sia in sé ‘sacra’.
(O) Sono noti gli sforzi, anche le fatiche e i fallimenti della Chiesa, per tornare a camminare a fianco degli artisti, nella direzione che tu auspichi, come fino un secolo fa. Si sono espressi e prodigati i Papi, dal Concilio Vaticano II a Paolo VI e al suo illuminato consigliere, don Pasquale Macchi, fino a Francesco, che nell’Evangelii Gaudium afferma: “È bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della Bellezza” (via pulchritudinis). Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore”.
Non so giudicare se la famosa chiesa di Gallarate sia davvero brutta, semmai mi piacerebbe sapere come la sentono e la vivono i suoi parrocchiani; soprattutto sapere se tutto il complesso della vita liturgica che vi si svolge è aiutato od ostacolato dall’apparato architettonico, estetico e anche funzionale. Insomma, andrebbe vissuta, anche abbastanza a lungo, e non solo giudicata dall’esterno, a colpo d’occhio.
(S) Mi tocca interrompervi e avviare il discorso ad una prima conclusione, per non farvi andare troppo lontano: per il mio gusto estetico e per la mia sensibilità religiosa certe iniziative liturgiche e certe immagini o, al contrario, l’assenza di immagini appropriate, mi appaiono indebolire la vita stessa della fede. Parlano più di un mondo problematizzato che di un messaggio di speranza.
Nel complesso l’intera liturgia mi sembra sempre più formale, magari curata, ma ripetitiva, passatista, insistentemente moralistica, alla fine noiosa. Due cose, talvolta riescono a risollevarmi: momenti di bellezza come certi canti ben fatti, anche solo da un coretto di bambini, ma appassionati e ben guidati, e, dove ci sono, squarci di bellezza in un affresco o in altare.
Ma più ancora, fermo restando il cuore del sacrificio eucaristico, la recita del credo niceno-costantinopolitano, che racchiude tante verità della fede, mi sembra un punto d’appoggio permanente, cui, a differenza di troppi frettolosi, non rinuncio volentieri ed amerei recitare, invece che come cadenzato un rullo di tamburi, con un paziente sforzo di comprensione. Accontento così Onirio, nell’affiancare verità e bellezza.
(C) Le conclusioni te le ho lasciate, ma devo ripetere che sono provvisorie e che, se qualche amico volesse intervenire sulla ‘via pulchritudinis’, potremmo dedicare parte di questo buon anno nuovo della bellezza e della verità a fare un pezzo di strada insieme.
(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante
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