Trattato del Quirinale: al termine del loro incontro a Roma così il presidente francese Macron e il premier italiano Gentiloni hanno spiegato che si chiamerà il nuovo patto franco-italiano alla cui firma si prevede di giungere in tempo per il vertice bilaterale tra Francia e Italia in programma nel corrente anno. Il pomposo nome fa il verso al trattato dell’Eliseo: l’alleanza strategica franco-tedesca che nel 1963 De Gaulle e Adenauer firmarono appunto all’Eliseo, il palazzo sede della Presidenza della Repubblica francese.
Grato e commosso per la paterna pacca sulle spalle datagli da Macron, durante la conferenza stampa congiunta che ha fatto seguito al colloquio Gentiloni ha detto con civettuola modestia che il trattato del Quirinale sarà “un piccolo fatto di importanza storica” con cui “Italia e Francia rinnovano la loro fortissima e tradizionale amicizia proiettandola sull’avvenire dell’Europa”. Un avvenire in cui “c’è un grosso impegno sui beni comuni, i beni pubblici europei, difesa, sicurezza, politiche migratorie comuni”.
Se però non ci si accontenta dell’entusiastica interpretazione che per grazia ricevuta ne ha dato Gentiloni, e si va a vedere che cosa ne pensa Macron, ci si accorge che la sostanza del prospettato patto è ben altra. Per rendersene conto basta andare sul sito della Presidenza della Repubblica francese, www.elysee.fr, là dove si può leggere la trascrizione integrale di quanto egli ha dichiarato nella circostanza.
“Vi dico chiaramente, e Paolo lo sa”, Macron ha detto tra l’altro, che tra Francia e Germania c’è “una relazione strutturante che sta alla radice della nostra Europa contemporanea”. “Sono solito dire”, non ha poi esitato ad aggiungere, “ che quando Francia e Germania non sanno mettersi d’accordo il resto dell’Europa non ha alcuna possibilità di procedere (…) Ogni volta che la Francia ha dato l’impressione di fare accordi con altri per far ingelosire in qualche modo la Germania si è perso del tempo”. L’armonia “di questa coppia franco-tedesca è essenziale e non va sottovalutata, ma per me non è esclusiva”. A questo punto, dopo aver ritagliato per l’Italia il mesto ruolo dell’amante umbratile e furtiva, con sottile eleganza tipicamente francese Macron si affretta a precisare: “La relazione che abbiamo con l’Italia è un’altra storia; ha dei legami culturali molto specifici, un tono del tutto particolare e una specifica amicizia che facciamo vivere per quello che è e in quanto tale”. È una relazione che, bontà sua, egli definisce “altrettanto importante, non concorrente né minore, ma perfettamente complementare” con quella franco-tedesca. È tuttavia ovvio – osserviamo – che si tratta in ogni caso di una relazione subalterna la quale porta con sé ingiustificati sacrifici dei nostri legittimi interessi nel Mediterraneo a vantaggio della Francia, e nell’Oriente europeo a vantaggio della Germania.
Non si capisce allora perché mai l’Italia dovrebbe stare a questo gioco ed esserne felice. Fermo restando che buoni e fecondi rapporti sia con la Francia che con la Germania sono doverosi e utili, non si vede per quale motivo il nostro Paese dovrebbe ridursi a un ruolo del genere. Si dimostra ancora una volta che per l’Italia cercare di infilarsi da sola come terzo incomodo nella “coppia franco-tedesca” è una scelta perdente. L’Italia può stare in Europa con il suo giusto peso solo nella misura in cui diviene anche il referente dei membri danubiani dell’Ue nonché il primo motore di pacifico sviluppo del Mediterraneo. Ecco una linea di politica estera, alternativa a quella sin qui perseguita dai governi a guida Pd, che potrebbe caratterizzare un futuro nuovo governo di centrodestra.
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