Ma via, avvocato Attilio Fontana, era proprio il caso di tornare a farci riconoscere così? Con questa storia della razza bianca che ci riporta agli anni in cui dire che “siamo di Varese, “ dalla Padania in giù, suscitava dei risolini di compatimento. Leghismo d’antan che faceva pensare alle buffonate delle ampolle d’acqua del dio Po, alle lunghe corna celtiche esibite ai convegni di Pontida, ma anche ad un razzismo tutto interno contro i terroni che ci toglievano lavoro, casa, benessere.
Lavoro sì, diamogliene pure, se le nostre fabbriche ne hanno bisogno, ma del meno qualificato e pagato. Ma vogliono anche le case? Che diritto hanno di avere le “nostre case popolari”? E i loro bambini ? Dobbiamo trattarli negli asili e nelle scuole come i nostri ? Questi erano i ragionamenti del leghismo che ci aveva incerottato addosso una bella fama bossiana.
Da qualche tempo un altro avvocato di provenienza politica diversa, Davide Galimberti, come sindaco della città ha cercato e sta cercando di modificare la fama di Varese. Tornare alla città del “fare” anche se impossibile tornare al nome di Varese abbinato alle sue scarpe, alle sue valigerie, alle sue pelli, alle sue carrozzerie voltesi anche in aeronautica. Rivalutare la città, non più la Città giardino, bensì la città nei giardini, pochi mesi fa celebrata con il festival del paesaggio. Un avvio positivo è già avvenuto e intanto finalmente si esce dall’isolamento ferroviario, Varese apre le porte al Nord, collegandosi con Lugano ed il centro Europa; e al Sud, unendosi con Malpensa, si apre ai cieli di tutto il mondo. Altre cose grosse sono in cantiere, quali il collegamento tra le stazioni e la creazione di un polo verde urbano che rivoluzionerà la città. Cose che già ora fanno parlare di noi, di Varese oltre i confini e non più in termini di quasi compatimento.
C’è proprio da chiederci: chi glielo ha fatto fare all’avvocato Fontana di proporsi candidato come successore di Maroni alla Regione? Abbandonate le incombenze di sindaco, con lo studio legale portato avanti da figlia e colleghi, poteva tranquillamente continuare nelle sue partite a golf. Una piacevole passione, tutta salute. Aveva una brillante carriera alle spalle che non necessitava di altre avventure.
Ho conosciuto Fontana parecchi anni fa quando iniziò la sua carriera politica come sindaco leghista di Induno Olona, mentre io ero stato nominato presidente dei revisori dei conti da una precedente maggioranza. Era in coppia con un altro personaggio divenuto altrettanto noto, il forzista Raffaele Cattaneo. Un bel tandem che amministrò senza infamia e senza lode, facendo di quello indunese un ottimo trampolino di lancio per la carriera politica. Un sodalizio, tra i due, mai incrinato successivamente.
Ho avuto occasione di incontrarmi più volte con lui durante il suo mandato sindacale e posso dire che non sono mai mancate stima e rispetto reciproci.
Accettare di succedere ora a Maroni come candidato Presidente della Regione è un vantaggio ? Penso proprio di no se la premessa e promessa è quella di continuarne l’opera, e di non cambiare gli assetti di potere.
Maroni era succeduto al lungo regno di Formigoni certamente con l’intento di modificare la straripante struttura di potere di Comunione e Liberazione instaurata a tutti i livelli ed in particolare nel settore della sanità. Ha tentato, ma certamente non è riuscito e la sua presunta riforma sanitaria non sappiamo che esito avrà. Di certo è continuato l’accentramento di poteri operativi regionali facendo sempre più dell’ente una struttura gestionale e non di indirizzo e di sostegno.
Ne sono conferma gli oltre 4000 impiegati e anche visivamente il complesso dei grattaceli che li ospitano. Con enormi sprechi, lasciando praticamente vuoto e libero il vecchio grattacielo Pirelli, ora a disposizione di chi ne fa richiesta, fallita l’offerta all’agenzia Europea del Farmaco.
Ben diverso il programma del candidato del centrosinistra Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, secondo il quale va modificato radicalmente il sistema di potere. In primo luogo la Regione deve tornare a svolgere compiti di indirizzo, di stimolo, di programmazione lasciando ai Comuni la funzione esecutiva. È questo che i Comuni vogliono ed è questa la strada veramente democratica che consente ogni controllo dal basso.
Come appare evidentissimo, la diversità delle scelte tra l’avvocato di Varese del “lapsus” della razza bianca e Giorgio Gori è chiara, fondamentale, alternativa. Poi viene il resto. Gori propone politiche attive per il lavoro, per favorire investimenti, per garantire formazione tecnica, manageriale, culturale e creare quelle risorse umane che il mercato del lavoro oggi non trova, neppure nell’avanzata Lombardia.
E torniamo pure al settore della sanità dove rimangono ancora troppe cose che non funzionano negli Ospedali, nei Pronto Soccorsi e nella assistenza più generale agli anziani. Da riformare, da spezzare clientele e baronie.
Ecco perché Gori rappresenta il nuovo, il futuro della Regione mentre l’avvocato vorrebbe solo continuità. A parte ogni considerazione personale tra i due candidati i cui curricula, a confronto, risultano abbondantemente deficitari per il concorrente varesino.
Nei prossimi giorni capiremo di più anche del gran rifiuto di Maroni e dei candidati in campo.
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