Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone
La voce che ci sia lo zampino di Berlusconi nella decisione di Maroni di lasciare la Lombardia durerà per molto tempo malgrado tutte le smentite. Lo prova il modo stizzito con cui Salvini continua a dichiarare che “Se Maroni ha lasciato la Regione, che vale più di tanti ministeri, per motivi personali vuol dire che non può fare altro”. Ma questo è pane per i retroscena e ne sentiremo di tutti i colori.
Va detto però con chiarezza che la storia degli ultimi anni dimostra che il presidente uscente della Regione è più vicino a Berlusconi che a Salvini. In fondo non si tratterebbe altro che della replica di quanto avvenuto nel 1994 quando Bossi ruppe con Berlusconi e Maroni andò in soccorso del leader di Forza Italia senza riuscire a salvare il suo governo.
Meraviglia, ma non più di tanto per chi la conosce, la rapidità con la quale la Lega ha scelto Fontana come successore di Maroni senza nessuna consultazione della base, nemmeno di quella che conta sul territorio. Questo fatto la dice lunga sul verticismo di quel partito che ci ha abituato a spettacolari ribaltamenti. Dalla Lega di Bossi a quella di Salvini è stato un triplo salto mortale.
Una cosa è certa, prenderà più impeto la campagna per la Lombardia. Fontana è un amico con cui ho collaborato molto bene alla presidenza del Consiglio regionale per cinque anni ma non ha certamente la notorietà di Maroni e, devo dire, non ha brillato affatto quale sindaco di Varese. Nel mio giudizio conta naturalmente molto il modello politico-amministrativo della Lega e la sua cultura politica di corto respiro. Ad esempio, e stando nel centrodestra, ritengo che Formigoni, almeno nella sua prima legislatura e in parte nella seconda, abbia avuto una visione europea della nostra Regione più alta e adeguata di Maroni.
La partita è realmente aperta? Penso di si. È vero che anche cinque anni fa poteva sembrare non impraticabile il cammino del centrosinistra dopo le elezioni anticipate dovute alle vicende giudiziarie di Formigoni ma il candidato, Umberto Ambrosoli, era molto debole. Era stato presentato in modo insensato come la persona più giusta perché non aveva mai frequentato le stanze della politica e mi era parso paradossale che delle forze di sinistra accettassero una tale incongrua premessa.
Giorgio Gori è candidato di ben altra esperienza e levatura politica. Sindaco di Bergamo da qualche anno, ha dimostrato una forte capacità amministrativa ed una conoscenza dei problemi territoriali e regionali che mi aveva fatto pensare immediatamente a lui come ad un candidato adatto a rinnovare i metodi e le politiche regionali. La conferma l’abbiamo avuta con la sua impostazione sul referendum per una maggiore autonomia delle Lombardia mettendo in campo una concezione riformista responsabile sui temi del territorio, della nuova tecnologa, dei beni culturali, dell’istruzione tecnica e scientifica in linea con il dettato costituzionale.
Non penso che la coalizione di Fontana sia in grado di mettersi sullo stesso piano dell’innovazione così necessaria in Lombardia. Al contrario, lo schema culturale leghista lo inchioderà alla ripetitività di politiche ormai anguste e inferiori al tasso di cambiamento dinamico che la Lombardia richiede.
In tutta questa vicenda suona assurda la riconfermata volontà di Liberi e Uguali di andare da soli in un’avventura del tutto identitaria. Ancora più incomprensibile per il fatto che a Bergamo appoggiano il sindaco Gori essendone soddisfatti. L’immagine satirica di Tafazzi, masochista di sinistra che si picchia da solo traendone piacere, è sempre attuale.
You must be logged in to post a comment Login