Il centrodestra è favorito alle elezioni, i sondaggi concordano. Berlusconi mostra abilità a tenere insieme gli opposti, cioè lui, Salvini, la Meloni, un cespuglio di centristi. Sorpresa? Macché. Ha sempre esibito, fin dalla scesa in campo del ‘94, doti di federatore. Non altrettanto di governante. Per quattro volte nelle condizioni di premier che può cambiare il Paese, ha sbracato. Eppure oggi si propaganda come l’unico in grado di riuscirvi, usando argomenti semplici/efficaci: 1) il centrosinistra è troppo litigioso per meritare credito, lo testimoniano la staffetta di tre presidenti del Consiglio nella legislatura appena chiusa e la scissione dei bersaniani-dalemiani che han creato Mdp; 2) i Cinquestelle rappresentano il top dell’inaffidabilità, sono un recettore della protesta, però quando gli tocca la proposta, non sanno che dire, e quel poco che dicono appare inadeguato. Dunque il paradosso di Silvio s’impone: io che con i miei alleati leghisti e postfascisti e neodemocristiani sono stato incapace di rinnovare l’Italia (pensiamo solo al mancato taglio delle tasse e alla mancata riforma della giustizia), resto il meglio del peggio. Perché, ahinoi, la classe politica offre il peggio.
Sarà vero? Non lo è. Ogni tanto, come diceva Borges nell’Elogio dell’ombra, è opportuno ravvivare il grigio. Mettere in luce ciò che non merita l’oscurità. Nel caso specifico: il quinquennio che ci lasciamo alle spalle, al netto del conformismo disinformato/populista, non è da immondezzaio. Letta ha posto le basi d’un proficuo lavoro, Renzi vi ha dato impulso concreto, Gentiloni ha perfezionato numerosi iter virtuosi. La demagogia distruttrice cancella ogni risultato conseguito, ma l’onestà intellettuale suggerisce il riconoscimento del tot governativo di buono compiuto in ambiti vari: per esempio il lavoro, l’ambiente, la cultura, i diritti civili, l’immigrazione. Riforme perfettibili, e comunque riforme. Anche la riforma delle riforme, quella costituzionale, era affatto malvagia, e se fosse stata promossa (già è un merito averla osata, nell’Italia dell’immobilismo conservatore) ne sarebbero venuti importanti benefici. Idem a proposito della parallela legge elettorale, che proseguiva, portandolo al traguardo, il percorso ispirato al maggioritario iniziatosi col Mattarellum del ’94. Giusto il provvedimento che consentì il trionfo a Berlusconi, fornendogli gli strumenti per compiere la rivoluzione liberale, da lui proclamata e da lui fallita.
Grazie a Letta/Renzi/Gentiloni non siamo tornati indietro, ma neppure siamo andati avanti com’era possibile. La colpa è d’una sinistra specializzata nel farsi male da sola (vedi l’ultimo suicidio in Lombardia): incapace di stare unita, di accantonare personalismi, di soffocare invidie, di attuare con i fatti il bene comune perseguito a parole. Sembra godere d’una masochistica gioia a perdere, e guai a chi, dentro di essa, s’azzarda a muoversi in controtendenza. Renzi, oltre che i suoi errori/le sue borie, ha pagato e sta ancora pagando le conseguenze d’un tale ardire. Azzeccò il sostantivo (cambiamento), sbagliò il verbo (rottamare), non previde gli aggettivi (livorosi). Ma rimane, della nuova generazione politica, l’espressione più qualitativa.
Lo sa bene Berlusconi che, grazie al meccanismo del sistema proporzionale, punta a vincere, ma non troppo con Salvini, la Meloni e un cespuglio di centristi. Perché, a urne chiuse, preferirebbe/preferirà disfarsi di loro e allearsi con Renzi. L’unico che considera affidabile quasi quant’egli stesso; col quale non a caso ha collaborato per oltre un anno fornendogli sostegno parlamentare; e di cui ha stima neppure paragonabile a quella riservata ai leader di Lega e Fratelli d’Italia. Riassumendo: Berlusconi senza Renzi non va da nessuna parte, Renzi senza la sinistra non può che andare da Berlusconi. E i grillini, rifiutando (è una maledizione, questa storia dei rifiuti) il dialogo con Berlusconi e Renzi, lasceranno muto di delusione uno speranzoso elettorato. Costretto ad accettare-subire loro due. L’oro.2, secondo gli estimatori del Patto del Nazareno di cui si pronostica il bis.
Ps
Prontezze. 1) Maroni che non si ricandida in Regione è pronto, nonostante le smentite, per un governo di larghe/trasversali intese. 2) Salvini, che intravede segreti accordi dell’amico/nemico con Berlusconi, è pronto a boicottargli il proposito. 3) Fontana, che è stato chiamato a candidarsi al Pirellone, è pronto a sfidare la forza di Gori, chissà se anche i dubbi dei centrodestri non leghisti. 4) Renzi, che tergiversa a investire Gentiloni del ruolo di candidato premier del Pd, farebbe bene a darsi una mossa, per evitare la dispersione d’un capitale di consenso.
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