Nel salone affollato della Camera del Lavoro di Milano si è tenuto il 19 dicembre scorso un incontro di grande interesse per il tema affrontato e per la composizione delle diverse esperienze e punti di vista dei partecipanti. Il titolo “Il paradosso di una Sinistra senza voce politica” faceva da sfondo alla presentazione di un libro di Pietro Folena dal titolo: “Francesco ed Enrico, pensieri lunghi”. Dibattevano, oltre al sottoscritto, Sergio Cofferati, ex segretario CGIL, Vittorio Bellavite di “Noi siamo Chiesa”, don Massimo Mapelli della Charitas ambrosiana e Massimo Gatti, amministratore provinciale.
Una provocazione, quella di disporre credenti e non credenti su un asse lungo trent’anni tra Berlinguer e Bergoglio? Niente affatto: le letture di un attore professionista che accompagnavano il dibattito mettevano in rilievo i “pensieri lunghi” di due leader diversi e la lontananza da essi della politica attuale.
«Non credo vi sia dubbio che Francesco e lo spiritualismo francescano rappresentino un punto di “crisi”, cioè di passaggio nella vita della cattolicità». Così Enrico nel 1973, a sostegno di una visione del creato e della natura viva, dall’uomo, al lupo, agli uccelli, alle pietre. Un anticipo della cura della terra che l’odierno Francesco ha a cuore.
«Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi». Così il papa vede il mondo globalizzato di oggi. C’è assoluta contemporaneità di molti aspetti del pensiero di Berlinguer e la grandezza rivoluzionaria delle parole e delle opere di Papa Francesco. Questo è il paradosso che stiamo vivendo: i problemi, dalla pace alle immigrazioni, alla giustizia sociale, al lavoro, al clima non sono insolubili in sé per entrambi i protagonisti di questo dialogo a distanza di tempo, ma risultano tali dentro le categorie culturali e dentro i meccanismi sociali ed economici attuali.
Ne è nato un dibattito a più sfaccettature, con un’unica convergenza: costruire una convinzione individuale e una forza per promuovere con il lavoro una nuova giustizia sociale e come marcia verso un luogo più giusto. Non c’è però una voce politica capace di raccogliere e fare proprio in occidente questo bisogno.
La figura di Francesco è ormai percepita come indicativa della conservazione di una casa comune che va in rovina e quella di Berlinguer ci è stata restituita come profetica verso l’austerità e anch’essa rivolta verso un cambio radicale di cultura sociale e stile di vita rivolta alla pace. Due voci quindi profondamente politiche, ma di quella politica oggi sempre più rara, sempre più vicina ai posti di comando e lontana dai bisogni della gente.
Trovo bello e coraggioso che, a premessa di questo Natale, due figure così oppostamente collocate sul versante personale siano state associate ad un unico sguardo sul mondo e siano state apprezzate con un giudizio articolato ma comune da protagonisti di esperienze assai diversificate eppure ispirate alla fraternità. Un modo bello per farci gli auguri: un Natale di pensieri lunghi, di lavoro degno, di amore per la natura e di pace.
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