“Vieni ti mostrerò …”
“… la Sposa! Anche tu come l’Arcivescovo? Ha già scritto Lui una lettera alla Diocesi per invitarci a contemplare l’opera di Dio che ci presenta la Gerusalemme nuova cioè la Chiesa, come una sposa adorna per il suo sposo”
“No, io volevo invitarti a contemplare lo Sposo, siamo a Natale!”
“A Natale uno sposo?”
“Sì, il bambino Gesù!”
“Uno sposo bambino?”
“Sì, è un altro vescovo milanese, sant’Ambrogio e con lui tutta la nostra liturgia, a farci cantare a Natale il Re che esce dal suo talamo nuziale. Natale più che un compleanno è una festa di nozze! E Maria, la madre, è il talamo nuziale in cui la divinità si è unita all’umanità. Colui che è coeterno al Padre cinge come un suo trofeo la nostra carne e pone nella debolezza dei nostri corpi il suo vigore (cfr. Inno Intende, qui regis Israel).
Così cantiamo con sant’Ambrogio, così mimiamo preparando i nostri presepi e così avviene realmente anche oggi per noi. Dio si unisce a noi travalicando la storia e assumendo la nostra umanità per ricondurci alla comunione con Lui”.
“No, scusa, non scherziamo e non parlarmi di cose dell’altro mondo, va bene che al giorno d’oggi tutto è relativo e tutto cambia, ma le nozze, sono nozze: è questione di carne, di amore, di volontà, di sentimenti … un neonato non può essere sposo!”
“Hai ragione, ma lo diverrà. E si prepara a farlo proprio assumendo la nostra carne: nulla di noi Dio vuole escludere dall’incontro, dalla comunione con noi. E così si mette a scuola, si mette ad imparare da noi, assume il nostro sguardo, i nostri sentimenti, la nostra inesausta capacità di imparare, il nostro provare fame, stanchezza, paura, gioia, desideri … non sarebbe stato altrimenti troppo lontano? Come avrebbe potuto dirci il suo amore, a noi che capiamo prima con il cuore, lo sguardo e i sensi che con la testa?”
“Già un bambino capisce il bene prima di saper cosa sia, sa l’affetto e la fiducia prima che qualcuno abbia tentato di spiegarglielo”
“E sa dire il bene, l’affetto, la fiducia senza parole, semplicemente vivendo”
“Sì, però non esageriamo: nessuno capirà mai da un vagito qualcosa come «ti amo per tutta la vita», anzi «la mia vita è bella per te»!”
“No, nessuno, a parte una mamma forse … però qui si tratta di Dio, ed un vagito di Dio, il suo stesso rinunciare alla capacità di dire, alla sua onnipotenza, il suo piegarsi ed entrare nella nostra impotenza e fragilità dice più di mille parole «io con te per sempre!». Dice il suo dono totale di sé, il rinunciare a tutto per la gioia ed il sorriso della Sposa. Dice nell’impotenza di un neonato una volontà di incontro e di comunione che non si pone alcun limite, nemmeno l’impotenza, nemmeno il divenire essere di bisogno, dipendente in tutto, totalmente fragile. Dice il suo bisogno di noi per vivere”.
“Vuoi dire che Dio ha bisogno del nostro amore, delle nostre attenzioni? Ma che Dio è, allora?”
“È un Dio bambino. Meglio, è un Dio Figlio che è e si riconosce solo in una relazione, stando rivolto al Padre, accogliendo il dono della propria esistenza e l’alterità di chi gli sta davanti … è un Dio la cui potenza è l’amore e la comunione, un Dio che si è voluto donare a noi per incontrare il nostro sguardo ed attirarci nella gioia della sua comunione”
“È per questo che volevi mostrarmi lo Sposo nella debolezza e fragilità di un neonato?”
“Sì e non ci parrà forse più strano che la sposa è l’umanità, io, te, noi. Così festeggiare il Natale non è solo e non è tanto ricordarsi che Dio è venuto nel mondo, è accoglierlo e riconoscerlo nella nostra vita, intimo del nostro cuore, sapore della nostra vita, profondità della nostra intelligenza, fecondità della nostra speranza, eternità nei nostri affetti … ed è riconoscere nella comunità concretissima che abitiamo e nelle persone che incontriamo tracce della Sposa che, travalicando gli spazi, i tempi e fors’anche la propria divinità, Dio è venuto a cercare perché bella ai suoi occhi, bella grazie al suo sguardo. Riconoscere la Sposa, accogliere la bellezza che lo Sposo vede e crea. Festeggiare lo Sposo è gioire con Lui per la sposa, è far proprio il suo sguardo che con immeritata fiducia e con amore creativo conosce la bellezza della sposa”.
Buon Natale allora, buona festa di nozze!
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