Negli ultimi giorni il valore del bitcoin, la moneta che esiste solo nel mondo virtuale del web, ha raggiunto livelli inimmaginabili superando quota diecimila dollari e soprattutto con una crescita molto rapida delle quotazioni. Ci sono due precedenti: la bolla dei tulipani che nell’Olanda del Seicento fece impazzire il mercato con una speculazione che fece arricchire pochi e impoverire molti e la corsa agli immobili della Florida che nel 1928 si trasformò nella miccia che fece esplodere la più grande crisi economica del secolo scorso.
In entrambi i casi la crisi è esplosa quando per la forte domanda di bulbi di tulipano da una parte e di case per vacanza dall’altra (una domanda non per utilizzare questi beni, ma per pura speculazione), le società finanziarie presero la palla al balzo e crearono dei certificati rappresentativi del valore dei bulbi e delle case. In questo modo si potevano moltiplicare finanziariamente dei beni scarsi in natura.
Dato che la storia non è mai maestra di vita è quanto sta avvenendo per i bitcoin: dato che la loro quantità sul web è comunque limitata si sono creati appositi certificati finanziari. La speculazione potrà così durare qualche mese in più, ma l’esito è sicuro: il solo problema sarà vedere quali saranno le ripercussioni a livello economico generale.
Il Bitcoin in teoria non ha né padri, né padroni ed è stata resa possibile dai sofisticati meccanismi che hanno fatto sposare l’informatica alle telecomunicazioni. È nato nel 2009, lanciato sul mercato da qualcuno che nessuno sa chi sia e a cui è stato dato il nome di fantasia di Satoshi Nagatomo, anche se tutto sembra essere nato in qualche centro di ricerca della californiana Silicon Valley.
Che cosa è allora Bitcoin? È in pratica un indirizzo informatico, una serie di lettere e numeri che immessi in un programma di elaborazione dati definiscono il possesso di un certo numero di unità di questa moneta il cui valore, momento per momento, è stabilito dalla più classica delle leggi economiche, quella della domanda e dell’offerta. Il tutto in una rete di computer dove in teoria si svolgono solo operazioni in modo automatico, ma dove che in pratica si sviluppa un processo secondo protocolli ben definiti e controllati iniziando ovviamente dall’emissione di queste monete, emissione che avviene senza nessuna responsabilità individuabile, né tanto meno valori di riserva in senso convenzionale, come l’oro o le valute, come invece avviene per tutte le banche centrali.
Il sistema, che come si vede non offre alcuna garanzia né formale, né tanto meno legale, si è tuttavia sviluppato tanto da superare negli ultimi mesi un valore stimato di centinaia di miliardi di dollari. Le ragioni di questo sviluppo sono essenzialmente due: la prima è data dal fatto che un pagamento con bitcoin è rapido, sicuro, praticamente gratuito e aperto al mondo intero, la seconda ragione è data dalla possibilità di effettuare pagamenti senza lasciare traccia, superando i confini tra gli Stati senza controlli valutari, permettendo transazioni praticamente senza limiti e senza intermediari. Non è un caso che le transazioni in bitcoin siano ben accette soprattutto dai siti internet illegali dove si vendono armi e droga.
Da un profilo strettamente economico il bitcoin, o qualunque altra moneta simile, può essere di grande utilità per le transazioni immediate, ma diventa terribilmente pericoloso quando si usa per operazioni finanziarie o per investire i propri risparmi. A parte le questioni di sicurezza, perché basta una piccola perdita di memoria del computer per veder scomparire il proprio tesoretto, vi è l’assoluta mancanza di affidabilità nella definizione del valore. Negli ultimi mesi c’è chi ha fatto grandi guadagni vedendo anche raddoppiare in poche settimane il valore dei propri bitcoin. E questo dimostra che il sistema ha tutte le caratteristiche di una bolla speculativa. E le bolle speculative hanno una sola certezza, quella che prima o poi esplodono. E lasciano, come si suol dire, con il cerino in mano chi si cullava nell’illusione di una troppo facile ricchezza.
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