Vilfredo Pareto (1848-1923) nasce a Parigi nel 1848 da padre italiano esule per motivi politici. Rientra in Italia con la famiglia nel 1854. Si laurea in matematica e fisica all’Università di Torino e nel 1870 consegue al Politecnico la laurea in ingegneria. Lavora dal 1870 al 1892 in varie società ferroviarie e siderurgiche. Si impegna nella battaglia liberista contro il protezionismo della Sinistra storica. Nel 1894 è docente di economia politica all’Università di Losanna e nel 1897-98 pubblica un Corso di economia politica; segue nel 1906 il Manuale. Dal 1897 affianca la prima docenza con quella di sociologia, che gli darà particolare fama col Trattato di sociologia generale (1916).
Pareto si richiama al positivismo, volendo fare della sociologia una scienza sperimentale, tale da consentire di formulare leggi e previsioni, ma col progresso dei suoi studi è teso ad individuare soprattutto i motivi inconsci delle dinamiche individuali e sociali.
Nell’agire sociale vanno distinte azioni logiche (consistono nella scelta dei mezzi obiettivamente adeguati al raggiungimento dei fini desiderati entro un ambito determinato dalla disponibilità di beni o dalla tecnologia) e azioni non logiche. Il comportamento è prodotto per conseguire un fine. I fini soggettivi sono quelli di cui è consapevole il soggetto, che produce il comportamento; oggettivi sono quelli che l’azione effettivamente consegue agli occhi di un osservatore, che disponga della conoscenza completa dei dati della situazione.
Nelle azioni logiche i due fini coincidono, ma rappresentano una piccola parte del comportamento. Pareto fa delle azioni non logiche l’oggetto privilegiato della sua sociologia. Queste azioni riguardano coloro che non hanno consapevolezza dell’adeguatezza dei mezzi rispetto ai fini (istinti del mondo naturale) o quando l’adeguatezza è solo soggettiva e non oggettiva (azioni basate su fattori normativi e culturali estranei alla conoscenza logico-sperimentale del soggetto).
L’analisi parte dallo studio delle teorie (sistemi di credenze associate alle azioni); quelle non logico-sperimentali sono importanti come indicatori delle azioni non logiche. Sono teorie scientificamente false, ma che occupano un ruolo centrale nella società.
Nelle teorie non logico-sperimentali il Trattato distingue i residui e le derivazioni. I primi sono bisogni naturali o indotti storicamente, che si presentano come costanti del comportamento (autoconservazione, impulso sessuale, bisogno di integrazione sociale) e sono l’elemento causale della dinamica sociale. Le seconde attengono alle giustificazioni razionali che gli uomini danno dei comportamenti comunque indotti dai residui. Le derivazioni comprendono ragionamenti logici, sofismi, manifestazioni del bisogno di ragionare che l’uomo prova. Le derivazioni variano da comunità a comunità e nelle diverse epoche, i residui concernono bisogni e tendenze costanti degli individui, ma sono distribuiti in modo ineguale.
Pareto li raggruppa in sei classi principali, privilegiandone due: istinto delle combinazioni o tendenze a organizzare gli oggetti dell’esperienza e del pensiero secondo schemi logici (onde società dinamiche); persistenza degli aggregati o tendenza a credere nella continuità di rapporto tra cose che sono state unite. Chi ottempera alla seconda vocazione realizza una società statica, fondata su tradizione, credenza, fede; prevalgono sentimento, atteggiamento fideistico, ricerca della sicurezza; chi alla prima si pone in modo attivo rispetto alla società, tende ad essere intraprendente e a lasciarsi guidare dalla ragione. Questi sono orientati alla funzione dirigenziale, quelli sono dominati dallo spirito gregario.
Alle élites dei governanti si contrappone quella dei governati. L’immobilismo sociale è il presupposto di trasformazioni rivoluzionarie in questa circolazione delle élites. Il bisogno di uniformità è comunque proprio della natura umana e la società tende in ogni epoca alla conservazione di se stessa. Il divenire storico viene ricondotto a variazioni poco significative di una realtà in sé statica.
Certo è che la prosperità sociale è data dal ricambio continuo. Nella classe dirigente si distinguono i politici (caratterizzati da astuzia, frode, corruzione – volpi, autorità e forza, leoni ) e la classe imprenditoriale, della finanza (speculatori volti al cambiamento); di contro l’aristocrazia terriera (gode di una rendita, è propensa alla stabilità e alla conservazione; v. nel Medio Evo la nobiltà).
Venendo alla recente situazione italiana Pareto critica con toni fortemente polemici l’opportunismo del sistema Depretis, fondato sugli speculatori e sulle clientele, mentre in Crispi coglie la prevalenza della componente ideale ed emotiva, sino agli sbocchi del nazionalismo.
Per quanto concerne il dopoguerra (Trasformazioni della democrazia, 1921) avverte la debolezza della classe dirigente, il vuoto di potere, che rischia di essere colmato dalle masse; il sindacato è responsabile di una politica economica dissennata; le classi povere tenteranno di imporre i propri interessi colla forza (onde la reazione delle classi alte e dei ceti medi).
La crisi dello Stato liberale provoca la nascita e l’affermazione del fascismo, forza nuova, ma potenzialmente pericolosa. Ma Pareto nutre ammirazione per Mussolini, che lo gratifica proponendolo al Senato.
Giudizio dell’Avanti!: lo definisce il Carlo Marx della borghesia, che la borghesia non comprese. Non compreso in Italia, Pareto è stato apprezzato all’estero (Talcott Parsons).
Se l’analisi economica si prefigge di descrivere le condizioni dell’equilibrio finale tra gusti (fini) ed ostacoli tecnologici, partendo dal modello economicistico dell’equilibrio economico generale per rinvenire le condizioni che garantiscono l’equilibrio del sistema sociale,, i modelli e gli schemi proposti dalla sociologia di Pareto hanno una funzione metodologica interpretativa, pur se la realtà non li presenta mai puri. Se l’interesse è di scoprire uniformità sperimentale, l’efficacia può derivare soltanto dalle verifiche sperimentali.
In ambito pratico politico i cambiamenti prima o poi sono inevitabili, ma non auspicabili. Per quanto concerne poi materialismo storico e darwinismo sociale Pareto le ritiene dottrine pseudoscientifiche; nel passaggio non c’è alcun elemento di progresso.
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