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Editoriale

ASSE

MASSIMO LODI - 07/12/2017

grillorenzi-berlusconiI grillini dicono il vero quand’annunziano fino alla noia che rifiuteranno alleanze con chicchessia, nel caso in cui le elezioni non li premiassero con una percentuale tale da consentirgli di guidare il Paese da soli?

Forse non lo dicono, il vero. E si diranno invece pronti, per non essere emarginati da un accordo Berlusconi-Renzi o altro che li escludesse dalla partita del potere, a valutare/discutere un accordo. Con chi e su che cosa? Il che cosa consisterà in pochi punti, questione economico-sociale e dell’immigrazione-sicurezza, per esempio e innanzitutto. Il chi è solo e soltanto il presidente della Repubblica.

Se Mattarella, in assenza d’un vincitore e non rimandando al giudizio degl’italiani i vinti, decidesse il varo d’una formazione super partes; e chiedesse l’appoggio di chiunque fosse disposto a darlo; e lo promuovesse nel nome dell’emergenza nazionale; e convincesse i Cinquestelle a non tenere nel freezer il favore popolare ricevuto, la risposta potrebbe rivelarsi sorprendente. O meglio: realistica. Ovvero nel solco dell’indaffararsi/accreditarsi che da ormai alcuni mesi caratterizza la maggior forza d’opposizione, preoccupata d’avvalorare la propria serietà d’intenti (e di annacquare il proprio ribellismo) con governi stranieri, istituzioni internazionali, potentati economici, rappresentanze sociali eccetera. Last but not the least la Chiesa cattolica. Lo dimostra il recente vis-à-vis a New York dell’aspirante presidente del Consiglio Di Maio con il Segretario di Stato del Vaticano Parolin.

Sapendo (perché lo sanno) di non possedere ancora leader e squadra in grado d’assolvere con autorevolezza al ruolo governativo né essendo disposti a un’alleanza politica con altri, ai grillini gioverebbe un diverso/graduale avvio della trasformazione da partito di lotta a partito della stabilità. Obiettivo raggiungibile partecipando d’una maggioranza parlamentare di sostegno a un esecutivo composto da personalità scelte dal capo dello Stato, pur se obbligate al gradimento dei partiti.

Quali di essi avrebbero l’interesse ad acconsentire, evitando un rapido ricorso a nuove elezioni? Di sicuro (1) il Pd, che i pronostici non indicano come probabile primo arrivato della prossima corsa elettorale, e che se si dovesse tornare alle urne nel giro di due-tre mesi perderebbe ulteriore consenso. E probabilmente (2) la sinistra raccolta attorno a Grasso, destinata a raccogliere un modesto risultato che la replica del voto immiserirebbe ancora di più. Peraltro anche all’M5S il bis non garantirebbe a priori un miglioramento del risultato ottenuto, e semmai il contrario, qualora non fosse seguìto dall’affermazione d’una premiership. Stufi d’esprimere un consenso inutile, molti cittadini sarebbero tentatissimi di negarglielo, la volta successiva.

Non ci sarà da meravigliarsi, dunque, se la vera grande intesa si concretizzasse -invece che nell’affermazione dell’asse Berlusconi/Renzi- in un patto di pragmatismo tra quelli che oggi si combattono come irriducibili opposti. Il passato insegna che molto spesso la fantasia padroneggia le nostre vicende politiche, e fa aggio sulla realtà (figuriamoci sulle previsioni). La casistica ha più d’una chance d’arricchirsi di un nuovo esempio, nella primavera del 2018.

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