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Attualità

LUNA E BARCHETTE

MASSIMO LODI - 03/03/2012

Qualche giorno fa, quand’è calata la sera, la luna ci ha sorriso. Un confidenziale ammicco celeste. Prima che lo s’incroci un’altra volta, dovranno trascorrere undici anni. La luna in posizione a barchetta, come la definiscono gli scienziati e anche quelli che scienziati non sono, è una visione curiosa e intrigante. Di questi tempi, poi, assolutamente inaspettata. Che cos’avrà la luna da sorridere, da sorriderci, in notturni così grami? Si penserebbe nulla, ma proprio nulla. Si penserebbe, perciò, che la luna ci abbia voluto scherzare, irridere, muovere beffa. Guardar giù e comunicarci: lì ve la passate male, qui si sta d’un bene che non credereste. Una luna irreale: o ignara delle cose del mondo o irrispettosa degli affanni cosmici. Altro che graziosa luna (Leopardi), o carezzevole e leggera (Baudelaire) o arpa che vibra (Spaziani) o musa del virtuosismo pallonaro (Ibrahimovic).

Ma questo di primo acchito. Di secondo, l’approccio è risultato diverso. Meno infastidito e pessimistico. Più versato alla speranza che alla cupezza. Il secondo approccio ha fissato l’attenzione sul sorriso in sé. Sul suo manifestarsi. Sul richiamo, addirittura, al fatto che il sorriso esiste davvero, e non è semisconosciuto come ormai sembrerebbe. Ecco che cosa ha voluto segnalare la luna: nonostante tutto, ricordatevi del sorriso. Almeno di un sorriso ogni tanto, pur se non avete grandi e ripetuti motivi per sorridere.

Però uno dice alla luna: non posso stamparmi sulla faccia un sorriso forzato. Imposto. Tecnico, per essere à la page. Ma la luna gli risponde: sbagli, non è sempre vero che il sorriso sia l’espressione della fortuna economica, del gradimento sociale, di un equilibrio esistenziale e quindi d’angosce rimosse. Non è solo roba da ricchi e per gente felice. A volte (molte volte) accade il contrario: il sorriso non rappresenta l’esito di un’allegria, ne costituisce la causa. Arricchisce lo spirito, gratifica l’anima, prova a rendere felici.

Perché non dar retta a una così suggestiva lettura del sorriso, forse (solo forse) artificiosa all’apparenza? Come minimo, ci conviene. Come massimo, se non conviene a noi, converrà in qualche modo ad altri diversi da noi. Per quale riposta avversione rifiutare un gesto di generosità, se non un atto di saggezza, un cenno di fede nell’ottimismo?

Uno scrittore britannico che traversò l’Italia nel Settecento tenendo un diario sentimentale, annotò la seguente riflessione: un sorriso può aggiungere un filo alla trama brevissima della vita. La vita di chi lo dona e la vita di chi lo riceve. Naturalmente non ci voleva un letterato e non ci voleva neppure il dolce monito astrale per ricordare quest’ovvietà, però come mai siamo sorpresi dalle ovvietà al punto da considerarle scoperte dell’America quando le riscopriamo accanto a noi? Magari (di sicuro) perché confondiamo la leggerezza con la superficialità e navighiamo da allocchi, sulla nostra barchetta a forma di luna, tra le onde della vita.

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