Il senso della mostra visitabile sino al 28 gennaio alla Pinacoteca Züst di Rancate nel Canton Ticino è riassunto nell’opera di Antonio Puccinelli ‘L’epoca’, un bozzetto che ritrae una via cittadina alla moda.
Davanti alle vetrine di due negozi, le cui insegne sono: ‘Stoffe di Milano’ ed ‘Emporio di mode’ nelle quali sono esposti tessuti vaporosi e abiti e cappellini all’ultimo grido, si assiepano giovani e signore a braccetto dei consorti, letteralmente rapiti dalle ‘novità’ appena arrivate. L’artista sottolinea le differenze d’abbigliamento dei personaggi: il monopetto del dandy, il completo serioso del signore che offre il braccio ad una altrettanto seriosa signora in abito grigio che pare sospirare le novità esposte in vetrina, gli abiti dimessi del cocchiere e dello strillone, le crinoline e i cappellini di giovani desiderose di ‘essere alla moda’, e le due suore vincenzine l’anziana che pare incurante delle frivolezze in vetrina, e la più giovane che osserva furtivamente.
La novità del tema e il linguaggio verista, quasi fotografico, attento ai minimi dettagli, che usa una tavolozza ricca di colori accesi e priva di zone d’ombra, fa dell’opera un piccolo capolavoro, che condensa passato e futuro in una lettura sincronica dell’evoluzione del costume femminile.
E’ quest’opera un vero trait d’union tra i ritratti a figura intera eseguiti su commissione esposti a pianterreno, nella sala grande della Pinacoteca, e le ‘opere di genere’ dell’ultimo piano. Nell’ammezzato sono presentati una cospicua raccolta di ventagli d’artista: Favretto, Segantini, Previati, DeNittis hanno decorato raffinati oggetti destinati a ricche dame, con scene allegoriche, con paesaggi, con animali.
E’ così che la Züst affronta un tema inconsueto per una Pinacoteca: l’evoluzione del ruolo femminile attraverso le opere d’arte, negli abiti, negli accessori, in cui coglie l’analisi dei mutamenti nel costume e nell’abbigliamento femminile nel secondo Ottocento. Nelle opere dei più importanti ritrattisti del tempo sono analizzati i mutamenti di stile degli abiti indossati da signore aristocratiche e borghesi per ‘posare’. Boldini, o Tallone, Grosso, Segantini, o Previati, Zandomeneghi, De Nittis, Pompeo Mariani e Pietro Fragiacomo, Ciseri, o Vela, Feragutti Visconti, Luigi Rossi, Mosè Bianchi, fecero a gara per ritrarre ‘le divine creature’ elegantemente abbigliate; avere un ritratto è segno di prestigio, è simbolo della ricchezza del casato cui si appartiene, dell’opulenza della propria famiglia, e, in un’epoca in cui la fotografia sta appena compiendo i primi passi, è anche un mezzo per tramandare all’interno della propria casata l’immagine dei propri componenti.
In quest’ottica sono stati realizzate le tele esposte nella sala a pianterreno della Züst. I ritratti su commissione a figura intera seguono un linguaggio celebrativo attento ai particolari: ecco la tela di Corcos che presenta Carolina Maraini Sommaruga, fasciata in un vistoso abito da sera rosa morbido e vaporoso, che ne sottolinea voluttuosamente le forme, impreziosito da ricami di tulle nero e paillettes, con guanti lunghi di raso, completato da una cappa con pelliccia e da un lussuoso collier de chien a più giri in perle; ecco Grosso che ritrae la principessa Elena di Savoia in un sontuoso abito in seta con strascico, decorato con applicazioni floreali di stile art nouveau che sottolinea l’elegante figurina dal vitino di vespa, dall’incarnato delicato, vera icona di eleganza e bellezza. Ecco Tallone che ritrae la regina Margherita di Savoia, considerata nel secondo Ottocento vera icona di eleganza cui ispirarsi, in un elegante abito nero da sera, con ricche applicazioni di ricami e pizzi tono su tono, che rende tutto il fascino e la raffinatezza della sovrana; il pittore sottolinea con cura il vestito, l’acconciatura, le immancabili perle, che dettano ‘moda’ e consegnano la sovrana al ruolo di donna-simbolo, in sintonia con il proprio ruolo sociale: l’immagine la postura il portamento tutto sottolinea la regalità.
I modelli cui ispirarsi a fine Ottocento sono donne che si distinguono per grazia eleganza, fascino, sontuosità bellezza, ma anche perché pensano, agiscono, lavorano, si prodigano in azioni filantropiche.
E’ il caso di Carolina Sommaruga Maraini che frequenta la corte della regina Margherita: nata borghese in Ticino, sposa giovanissima ad un intraprendente imprenditore arricchitosi nella nascente coltivazione della barbabietola e della sua trasformazione in zucchero, diviene vice presidente dell’IFI -Società cooperativa industrie femminili italiane- sorta nel 1903 col patrocinio della Regina Margherita con lo scopo di ‘promuovere e migliorare il lavoro femminile e la condizione economica delle lavoratrici con un sano indirizzo artistico ed industriale’. Carolina verrà insignita del titolo di contessa proprio per l’impegno profuso in questa e in mille altre iniziative a carattere umanitario: scuole di ricamo, di lavori di sartoria, di creazione di modelli che contribuiscono all’ emancipazione del ruolo e del costume femminile.
Per la donna ‘a la page’ che lavora sono superati i capi d’abbigliamento sino ad allora in uso; via le crinoline, i busti le sovrapposizioni di vesti; l’abito deve consentire il movimento: andare in tram, in treno, al lavoro: un tailleur del 1908 documenta questa nuova funzione dell’abito.
Verso la fine del secolo la ‘divina creatura’ ritratta in abiti sontuosi, in pose aristocratiche, cede il posto ad una donna più consapevole di avere un ruolo sociale, che ha fatto suo un nuovo modus vivendi più borghese.
Dietro agli abiti indossati dalle dame nei ritratti, c’è la storia della moda che muove i suoi primi passi nella seconda parte del secolo. Nel 1858 Charles Frederick Worth ‘inventa’ l’Haute Couture: sfilate, pezzi unici e di lusso, cui seguono le sartorie d’élite e i Grandi Magazzini.
La Züst presenta anche una quindicina di capi indossati su manichini: sono abiti preziosi, di note sartorie, realizzati tra il 1860 e il 1905 in Italia e nel Canton Ticino. Rivelano una realtà scomparsa: poiché le donne indossavano il busto sin da ragazzine, deformando la struttura scheletrica, le taglie sono incredibili: la vita misura spesso solo 50 cm di circonferenza! Gli abiti hanno un’etichetta cucita nella fodera che riporta il nome della sartoria che lo ha confezionato, permettendo una ricostruzione storica del settore merceologico.
Le rappresentanti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia impazziscono per gli abiti- modello, si documentano sulle prime riviste illustrate tra cui la celebre “Margherita” ; la fotografia e le locandine i manifesti pubblicitari di Sartorie e Grandi Magazzini contribuiscono alla diffusione delle ‘novità’. E’ un imperativo categorico indossare un capo ‘all’ultimo grido ’.
Nella sala delle capriate sono collocate le opere realizzate a cavallo tra Otto e Novecento. Prevalgono le scene di ambientazione quotidiana e borghese, ispirate a momenti di vita familiare in cui sono protagoniste donne dolci abbienti ed eleganti, aristocratiche e alto-borghesi, ritratte mentre passeggiano per le vie cittadine o nei parchi, ferme alla stazione, vanno a teatro, chiacchierano nei caffè, giocano coi figli, sono ‘in visita’ da amiche: indossano abiti più ‘leggeri’ e adatti ai movimenti, che pure sottolineano la femminilità e l’eleganza, come testimoniano ‘L’aiuola ‘di Rossi, o ‘Fiore di vita’ di Carpanetto.
Chiude idealmente la mostra, intesa come percorso cronologico che segue l’evoluzione del costume, del ruolo e dell’abbigliamento femminile, un ritratto che nel 1920 Boldini eseguì per Carolina Sommaruga Maraini. E’ celebrativo di una femminilità sensuale ed elegante: la contessa seduta, con un braccio sullo schienale della poltroncina, è abbigliata secondo i dettami della moda in auge nel periodo, abito nero avvolgente diritto di estrema semplicità e linearità, totalmente privo di merletti- forse anche per un certo clima austero post-bellico- e di ricami, il giro delle classiche perle è rivisitato alla moda ‘charleston’ -filo unico lunghissimo- due importanti anelli alle dita, un bracciale di bachelite a metà avambraccio è l’unica nota assolutamente di tendenza.
Boldini ritrae la contessa a grandezza naturale, ne sottolinea la fisionomia, le dona uno sguardo enigmatico, malinconico, la immortala in uno sfondo costruito da pennellate scure che mettono in risalto il candore dell’incarnato, la rende una creatura dolce raffinatissima dalle braccia e dalle mani affusolate e sensuali, esempio di classe eleganza bon ton.
Completa la mostra un ricco articolato catalogo della Silvanaeditoriale curato da Mariangela Agliati Ruggia, Sergio Rebora, Marialuisa Rizzini, con ampia bibliografia, note storiche di rilievo e un lungo saggio sulla figura di Carolina Sommaruga Maraini e sulle innumerevoli opere filantropiche e sociali da lei compiute.
‘Divina creatura’ La donna e la moda nelle arti del secondo Ottocento Fino al 28 gennaio 2018 Pinacoteca cantonale Giovanni Züst Rancate (Mendrisio) Svizzera
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