Ne abbiamo conosciuti molti, alcuni direttamente, altri per testimonianza indiretta, altri ancora per aver letto le storie delle loro vite sulla stampa e sui libri. Ma tanti restano ancora sconosciuti, o ricordati da pochi.
Di uomini relegati nelle isole di Santo Stefano e Ventotene, famosi come Pertini o ignoti ai più come il partigiano greco Giorgio Capuzzo, ha parlato Piervittorio Buffa, giornalista e scrittore, romano ma con radici familiari nel Varesotto, a Castello Cabiaglio, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, lo scorso sabato 18 novembre al Festival Glocal di Varesenews.
Il titolo “Non volevo morire così” è un grido di dolore che non lascia indifferenti, soprattutto per la giovane età di quasi tutti gli uomini evocati in questa “Spoon River” italiana.
La voce di Raffaele Musella, attore professionista, ci ha restituito parole e pensieri di antifascisti di ogni credo politico, anarchici, delinquenti comuni e innocenti ingiustamente reclusi, storie uscite dal chiuso della reclusione o del confino.
Erano gli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale.
Il professor Robertino Ghiringhelli ha affiancato il giornalista fornendo un ampio supporto storico, necessario a inquadrare le vicende collocate in quegli anni duri e difficili: ai presenti è stata offerta una fotografia crudamente realistica delle violenze e dei soprusi perpetrati dagli uomini del fascismo.
Santo Stefano e Ventotene, due isole divise da un braccio di mare, erano due mondi che ospitavano vite diverse. La prima, sin dalla fine del Settecento luogo di detenzione forzata, era la destinazione ultima di assassini, delinquenti comuni, oppositori politici. La seconda, trasformata dal fascismo in luogo di confino, ospitò antifascisti che, pur nella disgrazia dell’isolamento, poterono continuare a rimanere tali.
Il braccio di mare che separa le due isole fu simbolicamente unito da persone come Pertini e Terracini i quali, dopo aver scontato la pena nelle prigioni comuni di Santo Stefano, furono spostati per il successivo confino a Ventotene.
Sono emersi flash dei giorni lontani su quelle isole battute da venti e da piogge incessanti, luoghi dove furono costruiti alcuni dei mattoni su cui sarebbe rinata l’Italia liberata.
Sandro Pertini, socialista, futuro presidente della Repubblica, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, Umberto Terracini, isolati da tutto e da tutti, ebbero modo di porre a confronto le proprie culture di provenienza, studiare, confrontarsi, discutendo animatamente sulla forma e sullo spessore da dare al futuro che in quel momento appariva pura utopia.
Il libro di Buffa funge da lente di ingrandimento degli eventi di allora e mette in evidenza contemporaneamente le vicende umane di colti intellettuali e di coraggiosi uomini del popolo, di anarchici ribelli e dignitosi fino all’ultimo respiro e di disperati delinquenti comuni. Avvicina e affratella coloro che costruirono le fondamenta dell’Italia e dell’Europa, futura casa comune delle democrazie fiaccate dal nazifascismo. Perché fu proprio nel confino di Ventotene che un gruppo di uomini elaborò il Manifesto politico per l’Europa.
Piccole e meno piccole storie di cui si nutre la grande storia. Nomi mai uditi prima e volti di cui non vedremo le fattezze, ma di cui possiamo immaginare gesti e parole, dettagli che illuminano il periodo più buio dell’Italia post unitaria.
Da ultimo, restituisco l’immagine, evocata da Buffa, della biblioteca di 3000 volumi che andò ingrossandosi a Ventotene negli anni di presenza dei confinati: dotazioni individuali, libri giunti avventurosamente sull’isola nei pacchi mandati dalle famiglie, testi come “Il capitale” di Karl Marx, sfuggiti alla censura perché incollati dentro le copertine di altri libri ritenuti innocui dalle guardie carcerarie.
Il libro, “Non volevo morire così” pare proprio uscito da “quella” biblioteca.
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