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Noterelle

VIRTÙ E VIRTUOSISTI

EMILIO CORBETTA - 23/11/2017

Àuguri ed aruspici nell'antica Roma

Àuguri ed aruspici nell’antica Roma

àuguri….

Da piccolo, influenzato dai primi rudimenti dello studio della storia, sognavo di poter vivere ai tempi dei romani, logicamente dalla parte dei ricchi, non degli schiavi. Tra le varie figure di allora, mi avevano colpito quelle degli àuguri che dicevano di saper prevedere il futuro interpretando eventi banali, ma talvolta anche cose complicate, come le circonvoluzioni dei visceri di un animale sacrificato. Logicamente dicevano bugie elaborate con molta fantasia, ma sempre bugie, tanto che Cicerone sosteneva che quando due di loro si incontravano per strada non potevano non ridere. Ai nostri giorni sarebbero definiti “ballisti”: fabbricanti di balle. Un termine più elegante sarebbe creatori di bufale, molto usate per far colpo sul prossimo, per far politica in un certo modo, per convincere ad un acquisto, per denigrare qualcuno, ed altro. I più sofisticati le definiscono in inglese “Fake news”. 

Il cittadino semplice è portato a credere  alle bufale che certi personaggi politici proclamano, specialmente se graffiano la sua emotività. Può restare affascinato dal rito dell’ampolla dell’acqua alla sorgente del Po, mentre chi lo fa non può crederci, ma sa ben inventare i riti, sa coinvolgere i “creduloni”. Domando scusa per questo  termine. Non vuol essere dispregiativo, ma solo indicare il ruolo in cui è collocato, costretto, imprigionato il cittadino odierno, tempestato da una enorme massa di notizie, stimoli luminosi, stimoli vocali, musiche, rumori, melodie, urla, immagini che TV, tablet, iphone, smartphone, radio, giornali, cartelloni pubblicitari gli rovesciano quotidianamente addosso. Non può più sapere che cos’è il silenzio sia fisico che mentale ( mi piace di più chiamarlo spirituale), ma quando casualmente si trova circondato dal silenzio viene preso  paradossalmente dal disagio oppure ne resta affascinato.

Ecco: mi viene da paragonare i politici odierni agli àuguri. Essi hanno l’arte (e devono averla) di coinvolgere la mente delle persone che diventano il loro supporto per il potere da raggiungere, ma queste devono avere una qualità particolare: non pensare, ma accettare il pensiero del politico. Essere una specie di tifoso, un appassionato che non deve conoscere lo stato della realtà, come insegnava un noto docente di economia politica della Bocconi a miei amici, futuri economisti.  

Il politico sa di essere nel falso ma sa convincere lavorando sulla emotività, non sul raziocinio del prossimo. È la tristezza della politica dei nostri giorni in cui ritorna protagonista un canuto signore, che non appare tale perché s’è dedicato a estremi e drastici restauri del suo aspetto, che si basa molto sulla “memoria corta” delle persone. Se il politico credesse a quanto proclama, non potrebbe cedere alle facili e frequenti circonvoluzioni dei suoi pensieri, ma si intuisce che dietro lui lavorano gli esperti della comunicazione, che giocano su una platea considerata intrisa di dabbenaggine (e smemorata). 

Domando nuovamente scusa per questo concetto. Sarebbe più giusto definirli i “fedeli”, i suoi fedeli, ma mi sembra di essere irrispettoso nei confronti dei sinceri fedeli che credono in valori profondamente più veri, più validi, più meritevoli di fede rispetto a quelli che sentiamo urlare dagli schermi delle TV. I politici amano, hanno necessità di una popolazione di grulli, o per lo meno creduti tali.

Che loro non credano a quanto proclamano, lo dimostra l’antitesi tra il modo di vivere la loro vita quotidiana e quello che loro enunciano. Un noto politico di sinistra è famoso per la sua barca lussuosa. Altri che si proclamano difensori della famiglia vivono sistematicamente in stato adulterino Sindacalisti percepiscono stipendi analoghi a quelli degli Amministratori Delegati, mentre dichiarano di “difendere” i disoccupati o i bassi stipendi degli operai.

I politici dunque sono come i famosi àuguri. Un esempio? ….. Ai tempi dell’angosciante referendum messo assieme da Renzi, fu organizzato in un rione cittadino un incontro tra due famosi politici locali, collocati su due fronti antitetici. Mi costò molta fatica tecnica essere presente, ma all’ultimo momento riuscii. In un sito che era una sala un po’ fatiscente e sovraffollata, un volonteroso giovane presentò ed invitò i due navigati politici (mi vien da definirli diversamente) ad esporre i loro pensieri, alternandosi nel dibattito. Per istinto io do sempre fiducia a chi mi sta parlando, correndo talvolta il rischio di essere acritico, ma quella sera dopo poco mi sentii a disagio: eccoli li due fantasiosi “bufalisti” dei nostri giorni! Si guardavano in faccia, non ridevano, ma era più che evidente l’insincerità, il falso “savoir faire”, il loro schermare connivente che cercava di inculcare nei presenti concetti in cui entrambi non credevano. Domande già sapute da prima, risposte prevedibili.

Ma gli àuguri non li abbiamo solo nella politica. Questi personaggi si annidano in molte professioni. Meno di una volta, ma quanti medici condannano il vizio del fumo con la sigaretta in bocca? Oppure educatori indicano agli allievi modelli di vita virtuosa che loro sono ben lontani dal praticare, dimentichi che l’esempio, i fatti contano molto di più delle parole per educare. Quanti partecipano ad un movimento, ad un partito, ad una lobby, ad un club filantropico solo per avere vantaggi per se senza dare nulla agli altri. Ma anch’io in questo dire, partito da un sogno dell’infanzia, non mi sto erigendo a giudice del prossimo per proclamare le mie virtù?

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