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Attualità

DA BARTALI A BUFFON

GIANFRANCO FABI - 16/11/2017

bartalibuffonQuando il 15 luglio del prossimo anno allo stadio Luzniki di Mosca si svolgerà la finale del campionato del mondo di calcio saranno passati giusto settant’anni da quando il 15 luglio del 1948 si svolse un’impresa epica al Giro di Francia sul Col dell’Izoard. Gino Bartali in un clima decisamente invernale staccò tutti, impose distacchi abissali agli altri concorrenti e il giorno dopo, in un’altra tappa di grandi montagne, conquistò la maglia gialla che porterà fino a Parigi.

L’impresa di Bartali viene ricordata non solo come grande successo sportivo, ma anche come un momento di grande unità nazionale che contribuì a far superare al Paese tensioni talmente forti che rischiavano di portare alla guerra civile. Proprio il 14 luglio infatti un giovane di estrema destra aveva ferito gravemente in un attentato l’allora segretario del Partito comunista, Palmiro Togliatti. Come affermano le cronache di quel periodo riferendosi a Bartali: “L’Italia è in estasi per queste imprese, lo stesso Togliatti si compiace per quanto sta accadendo al Tour, e questi trionfi sportivi, unitamente ai ripetuti inviti alla calma da parte dei leader politici, creano un particolare mix che permette al nostro paese di uscire gradualmente da una situazione drammatica: niente rivoluzione, niente guerra civile, si fermano anche i ferocissimi scontri di piazza, ritornando passo dopo passo alla normalità”.

C’è ovviamente da sperare che nel luglio del 2018 la situazione possa essere ben diversa rispetto a quella degli anni del dopoguerra. La democrazia si è ormai consolidata, anche cresce se la disaffezione politica. E la logica del confronto e del dialogo riesce a farsi valere pur in contesto di scontri (politici) e di polemiche.

Ma il 2018 non è tuttavia privo di incertezze. Soprattutto le elezioni per il rinnovo del Parlamento che si svolgeranno tra marzo e maggio costituiscono un’incognita senza precedenti con l’esito più probabile di ritrovarci con nessuna maggioranza, tre forze politiche più o meno ugualmente rappresentate (e almeno due di queste divise al loro interno) e quindi una situazione di difficile governabilità.

Sul fronte economico vi è ugualmente più di una preoccupazione. Se è vero che, per la prima volta dopo dieci anni, siamo di fronte ad una crescita significativa, è altrettanto vero che per i grandi problemi non si vede all’orizzonte una soluzione, anzi crescono le incognite. Uno dei problemi principali, quello del debito pubblico, continua ad essere praticamente ignorato ed anzi molte tra le promesse elettorali non tengono in minima considerazione la necessità di non riversare ulteriormente sulle generazioni future il costo delle scelte politiche attuali. E alcune posizioni addirittura velleitarie, come quella di una doppia moneta per aumentare ancora di più la spesa pubblica, rischiano di far crescere la sfiducia verso la volontà italiana di continuare a mantenere sostenibili i propri impegni di bilancio.

Non sono solo i partiti a mettere a rischio la stabilità. I sindacati, per esempio, sono apparsi nelle ultime settimane ben lontani dalla condivisione di un cammino di ragionevolezza. Lo dimostra l’impegno per bloccare quell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita che è invece fondamentale per garantire non solo le pensioni attuali e future, ma anche risorse per quelle politiche attive del lavoro che possono dare una risposta alle esigenze di occupazione giovanile.

E allora in una situazione di difficoltà, di divisioni e di contrapposizioni politiche e sociali, anche un importante evento sportivo, come i mondiali di calcio, avrebbe potuto essere (ma non sarà) un elemento per ricreare una solidarietà nazionale e per stemperare le divisioni.

Senza dimenticare che l’eliminazione dell’Italia dal campionato in Russia avrà inevitabilmente anche un impatto economico negativo. Sarebbe stato un grande evento in grado di far crescere le tirature dei giornali, di far aumentare la pubblicità, di attirare nuovi sponsor e i relativi investimenti. Un’Italia vincente avrebbe avuto anche un effetto immagine che avrebbe aiutato il “made in Italy” anche in settori non direttamente legati al pallone. Il costo dell’esclusione è difficilmente quantificabile, ma è certamente rilevante in un momento in cui la ripresa economica avrebbe bisogno di ulteriori stimoli e di fiducia.

Ma ormai dobbiamo rassegnarci. E comunque se una vittoria ai mondiali, peraltro comunque difficile, avrebbe esaltato l’orgoglio nazionale, resta il fatto che l’eliminazione, anche se amara, fa parte delle incertezze legate ad ogni esperienza umana. Ma la storia, così come il calcio e l’economia, non si fermano. E allora diamo il giusto peso alle cose. Ricordiamo in questi giorni i cent’anni di Caporetto: quella fu una tragedia nazionale costata migliaia di morti. Tutt’altra dimensione rispetto ad una sconfitta sul campo da gioco. E comunque dopo Caporetto venne Vittorio Veneto.

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