Ha suscitato grande gioia l’annuncio dato in Duomo lo scorso 22 febbraio della richiesta rivolta da Comunione e Liberazione di aprire il processo per la causa di beatificazione di Monsignor Luigi Giussani. Certamente un fatto del genere, a sette anni dalla morte del Fondatore, era atteso dal popolo di C.L. dal momento che in molti hanno potuto incontrare direttamente il “carisma” del prete brianzolo, ma la notizia è bella per tutta la Chiesa perché segna il riconoscimento del valore di questo sacerdote ambrosiano, che ha avuto il merito di essere un grande educatore ed è una delle figure più significative del mondo cattolico della seconda metà del’900.
Anche molti varesini hanno conosciuto Don Giussani e sono cresciuti alla sua scuola sin dai primi anni ‘60, quando si diffuse l’esperienza di Gioventù Studentesca (G.S.), guidata allora dal Canonico Don Sandro Dell’Era della Basilica di San Vittore. L’insegnamento di don Giussani si imponeva in quegli anni nell’ambiente scolastico anche grazie al sostegno che gli veniva dal suo più caro compagno di Seminario a Venegono, Monsignor Enrico Manfredini che fu prevosto di Varese dal 1963 al 1969. Con lui Giussani condivideva la passione per l’annuncio cristiano come proposta di aderire al “fatto” di Cristo prima che ad una dottrina religiosa o morale, sviluppando tutte le implicazioni dell’incontro con questo fatto, sino a fondare con un gruppetto di giovani seminaristi lo Studium Christi (strumento per mettere a confronto con Cristo tutti i contenuti culturali appresi) e da chiedere ai Superiori di poter insegnare nelle scuole perché gli studenti incontrassero questo metodo di vivere la fede.
Successivamente dal Liceo Berchet la sua azione approdava anche nelle scuole varesine, dove l’esperienza di G.S. crebbe soprattutto grazie all’entusiasmo dirompente e al carisma autorevole di Don Fabio Baroncini, docente di religione al Liceo Cairoli, cui centinaia di studenti devono la loro crescita umana e cristiana. Giussani è venuto parecchie volte a Varese, in occasione di incontri e di convegni, ed in particolare ricordo un suo splendido intervento ad un Convegno dal tema “Cultura e dialogo” nel 1965 in cui spiegava cos’è la cultura come coscienza sistematica e critica della realtà alla luce del motto paolino “vagliate tutto e trattenete ciò che è buono”; ad indicare un’apertura a 360 gradi sulla realtà che poteva trovare proprio nell’incontro con Cristo il suo criterio di giudizio. Come fu memorabile una sua lezione sull’Eucaristia, tenuta su invito del Prevosto Monsignor Pezzoni in occasione del congresso eucaristico del 1983.
Intere generazioni anche di varesini si sono formate meditando sui primi testi di Giussani, quali Il senso religioso, Tracce d’esperienza cristiana, Il rischio educativo sino ad arrivare all’odierna esperienza della Scuola di comunità cui partecipano in Varese centinaia di adulti e studenti liceali. Ma qui vale la pena ricordare l’importanza della sede di G.S. negli anni ’60 dove più volte Giussani fu ospite ed in cui si svolgeva settimanalmente una modalità di incontri da lui ideata e che si chiamava il “raggio”. Anticipando il modello delle assemblee studentesche, gli studenti si incontravano su un tema specifico che veniva paragonato all’esperienza cristiana attraverso interventi liberi, al termine dei quali un responsabile adulto traeva una sintesi conclusiva con spunti per proseguire un confronto esistenziale. Un’altra esperienza decisiva era quella della caritativa della domenica che vedeva impegnati i giessini a donare il proprio tempo libero per attività educative e di sostegno verso i più piccoli. Ma il punto forse più originale del movimento di Don Giussani in Varese fu lo sviluppo dell’esperienza missionaria, aperta dalla partenza di giovani medici insegnanti e tecnici dapprima in Brasile, ma soprattutto in Uganda.
Molto altro si potrebbe dire dell’impatto della figura di Don Giussani a Varese, e verrà il tempo che degli storici analizzino il valore dell’opera di questo educatore anche rispetto alla vita sociale, culturale e politica di intere generazioni varesine. Infatti forse la migliore gioventù di Varese (almeno quella più vivace ed attiva) si è confrontata con il Movimento e le sue provocazioni, e non si può capire la storia della città senza considerare il ruolo svolto dalla Chiesa e al suo interno da questa specifica esperienza di un Movimento che rimane comunque “pietra di inciampo”, sin dagli anni in cui il Cardinal Montini lo guardava con simpatia mista a trepidazione per le novità che introduceva.
A chi lo ha conosciuto, incontrandolo magari con un pizzico di timore e soggezione, rimane impresso il suo sorriso (come ha ricordato uno dei “suoi ragazzi” ora divenuto Arcivescovo di Milano), quel sorriso che puntava sempre a valorizzare il bene e che è forse una delle virtù eroiche per cui don Giussani è stato una guida per tante persone che già lo considerano un grande dono di Dio e che lo vorrebbero Santo.
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