È arrivato il tempo di chiederci se quello che stiamo facendo vale, se contribuisce a costruire una società fondata innanzitutto sul rispetto: rispetto delle regole familiari, sociali, morali, politiche, economiche. È forse arrivato il momento in cui varrebbe davvero la pena fermarsi e fare un profondo esame di coscienza per capire se con i nostri comportamenti siamo in grado di lasciare una testimonianza importante ai nostri figli, a quelle generazioni che si guardano attorno smarrite, convinte che il mondo sia un caos infinito e che non ci sia più spazio per il buon senso.
C’era un tempo in cui ci insegnavano l’esame di coscienza, ci facevano riflettere sulle liceità che ci concedevamo, ci facevano fare penitenza, ci mettevano di fronte a un comune senso di responsabilità, ci insegnavano le buone maniere e in qualche caso ci mettevano in castigo per pensare in modo più concreto alle marachelle che avevamo combinato.
Oggi non è più così, puoi permetterti di offendere un adulto anche se hai solo undici o dodici o tredici anni, perché tanto la famiglia e la legge ti difendono, puoi permetterti di scrivere sui muri, perché tanto non ti vede nessuno e poi anche se qualcuno ti vedesse lo tieni in pugno con la tua disonestà e quella dei tuoi amici, puoi permetterti di urlare a squarciagola ovunque e proferire parolacce di ogni tipo e colore, puoi bere la Coca Cola e buttare la lattina per strada, magari prendendola a calci, puoi compiere atti di vandalismo, perché tanto, poi, c’è il volontariato che rimette le cose a posto, puoi permetterti di compiere ritorsioni, perché tanto nessuno sente, vede, ascolta, puoi abusare di alcol e di droghe, perché trovi di tutto e di più agli angoli delle strade e delle piazze. Puoi andare a vedere una partita e spaccare tutto, puoi compiere tutte le bravate che vuoi perché tanto te la cavi quasi sempre con poco o niente.
E se per caso lo sapessero certi genitori? Non succederebbe niente anzi, magari ti direbbero che lo avrebbero fatto anche loro, che i vecchi rompono le scatole perché non si ricordano di essere stati giovani e in qualche caso direbbero di continuare e che loro ci starebbero a dare una mano. Quando i figli non hanno più argini dilagano e allora l’esame di coscienza va fatto sul serio e da parte di tutti, perché una democrazia che non fa l’esame di coscienza ogni tanto è un sistema senza futuro. L’esame di coscienza bisogna ritornare a insegnarlo soprattutto a quelli che noi, da ragazzini, chiamavamo i grandi, quelli intoccabili, pronti a tirarti una sberla se gli avessi mancato di rispetto. È lì che si annidano varie forme di falso buonismo, di protezionismo, di superomismo, di superficialità, di esempi moralmente inadeguati, che non portano a nulla di buono, se non a peggiorare una situazione che è già di per sé disastrosa. In molti si chiedono come sia oggi possibile, democraticamente, riportare un minimo di razionalità e di moralità là dove regnano l’anarchia e il caos, dove le decisioni non sono quasi mai in favore di una comunità coesa e collaborativa, ma rivolte quasi sempre al proprio nucleo, come se la famiglia non fosse parte integrante della vita stessa di un paese.
Il clima di accondiscendenza esagerata creato da genitori onnipotenti sul piano dell’autovalutazione, ma assolutamente incapaci su quello della gestione critica dei rapporti interpersonali, finisce col creare situazioni gravissime, che svuotano di consistenza etica una società che si guarda attorno per cercare punti di appoggio, sostegni, aiuti per evitare il naufragio. I genitori dovrebbero tornare a fare i genitori, la scuola dovrebbe tornare a fare la scuola e il sistema lavoro dovrebbe essere mosso soprattutto dalla voglia di fare, di costruire, di rinnovare, di dimostrare l’energia positiva di un paese e della sua gente.
Ci sono luoghi in cui la bellezza è a pezzi, ti guardi attorno e ti domandi in che razza di posto sei capitato, eppure sei in Italia, nel paese più bello del mondo, che tutti ci invidiano, ma non facciamo nulla o quasi per tenercelo stretto, per dimostrargli che gli vogliamo bene e che la nostra storia, quella dei nostri nonni e dei nostri avi ha ancora un senso. Ce lo lasciamo portar via con la scusa che il mondo è diventato globale, che la verità è nelle multinazionali e nella delocalizzazione, che lontano da casa nostra il costo del lavoro è inferiore e permette di fare le cose con più tranquillità e guadagnando di più.
L’Italia di una volta non c’è più, ciò che è stato unito con grande entusiasmo e determinazione è oggi nelle mani di mezzo mondo, ognuno ha la sua parte di Italia, perché nella maggior parte dei casi è stata svenduta sull’onda di un’economia e di sistemi industriali e bancari assurdi, dove il dio denaro conta più di qualsiasi amor patrio. Abbiamo messo al bando un sistema educativo che poteva contare su valori laici e religiosi, che aveva la sostanza necessaria per generare positività e voglia di fare in un mondo giovanile rivolto al futuro.
Abbiamo ridotto l’uomo a una succursale del sistema bancario, lo abbiamo reso impotente, incapace di formare famiglie sicure, gli abbiamo fatto credere che in democrazia è tutto concesso, che la libertà è un diritto acquisito, ma senza avergli insegnato che di troppa libertà si può anche morire.
La libertà è stata usata come un grimaldello per forzare le serrature, la si è lasciata scivolare in nome di diritti, privati dei loro doveri, della loro dignità naturale. Si sono lasciate per strada l’etica e la morale e il bene comune è diventato un bene individuale, da raggiungere a tutti i costi, anche a prezzo di prevaricare gli altri. Viviamo in uno strano sistema democratico, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e dove si continua a urlare che bisogna voler bene a tutti e accogliere tutti, pur sapendo che nella maggior parte dei casi l’eldorado non esiste ed è molto peggio di quello che qualcuno ha sognato nei paesi di origine.
Abbiamo trasformato un paese civile in un altro dove l’anarchia regna sovrana e dove un padre di famiglia fa sempre più fatica a pagare gli stipendi dei magnati del business organizzato. Si fa un gran parlare di Europa unita, quando si sa benissimo che è oltremodo difficile mettere insieme paesi che si sono fatti la guerra per secoli e nelle forme più bestiali possibili, paesi che hanno insegnato l’arte della colonizzazione selvaggia in molte parti del mondo e dove decolonizzare è praticamente impossibile. Più il mondo si arroga diritti e più cede parti importanti della sua vita e della sua storia, col pericolo di rimanere schiacciato e privato di una sua democratica identità.
Viviamo in una democrazia in cui di sera diventa proibitivo passeggiare nel tuo paese o nella tua città, perché corri il pericolo di essere stuprata o aggredita o rapinata, viviamo in un paese dove ci sono giovani che compiono atti delinquenziali nei confronti di altri giovani e dove la giustizia ha sempre due pesi e due misure, a seconda di come la propria vision politica suggerisce. La sicurezza è diventata un optional e mentre i grandi sistemi si attrezzano per affrontare il terrorismo, ci sono minori che ne combinano di tutti i colori, grazie a un mondo adulto che si è dimenticato degli esempi. Rimettere al centro l’educazione è il minimo che uno stato civile possa fare, ma deve farlo subito e senza tentennamenti, per evitare che un paese bellissimo e con grandi valori alle spalle possa finire in un mare di guai, senza avere la forza di uscirne.
You must be logged in to post a comment Login