In contrapposizione al positivismo imperante, di cui però recepisce l’istanza di definire rigorosi criteri di scientificità e in un momento di crisi dei fondamenti delle scienze naturali e contro l’ottica hegeliana, secondo la quale i momenti storici sono la realizzazione di un’idea preesistente, senza avere in sé né un significato né la propria ragione d’essere, Wilhelm Dilthey (1833-1911) propone il principio di definire le scienze dello spirito come un ambito conoscitivo autonomo dalle scienze della natura, avente carattere essenzialmente storico. Si pone kantianamente il problema della fondazione delle scienze dello spirito, cioè della definizione dei loro principi di legittimità: mentre le scienze naturali si basano su enunciati descrittivi del mondo fisico (regolarità ciclica e ripetitiva della natura, causalità), quelle dello spirito si fondano su fatti della coscienza: hanno come oggetto l’individuale, ciò che distingue una persona, un evento, un’epoca; la dimensione storica mete in grado di cogliere gli uomini non come semplici esseri pensanti, ma nella loro realtà concreta.
Mentre la natura ci è estranea, è qualche cosa di esterno, a cui si applica la spiegazione causale, la storia è opera nostra, il soggetto del sapere è identico al suo oggetto e noi possiamo comprendere (Verstehen) in “connessioni dinamiche”, in rapporto a scopi e valori, il senso dei suoi eventi attraverso l’esperienza interiore, che li rivive (l’Erlebnis) e l’interpretazione che li decifra e li ricostruisce.
La storia non ha più oramai il solo compito di stabilire quello che veramente è accaduto, ma di schiudere gli universi di senso, che rischiano di restare muti nell’ambito dello spirito oggettivo; è il principale strumento di universalizzazione del singolo, che non ne cancella però l’individualità.
Wilhelm Dilthey nasce a Biebrich (Renania), si applica a studi di filosofia e storia a Heidelberg e Berlino. Approfondisce le tematiche del Romanticismo (Hamann, Hölderlin, Goethe, Schleiermacher negli anni 1867-1870, Hegel – 1905). Dal 1867 è docente universitario a Basilea, Kiel, Breslavia e dal 1882 al 1906 tiene la cattedra di filosofia a Berlino. Opere fondamentali l’Introduzione alle scienze dello spirito (1883), Studi per la fondazione delle scienze dello spirito (1905-1910), La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito (1910).
Nell’analisi di ogni realtà Dilthey distingue tre tipi di enunciati: 1- descrittivi relativi ai fatti; 2- generali, ricavati per astrazione dalla situazione concreta di aspetti comuni ad altre realtà, che riconducono l’individuale a classi generali (forma dello Stato, monarchia, repubblica); 3- quelli che colgono i valori e le norme che orientano il comportamento degli individui concreti, consentendo la comprensione del comportamento dall’interno.
In corrispondenza: 1- analisi degli individui particolari, limitata al piano empirico, precludendo la possibilità di una spiegazione scientifica; 2- nel secondo caso il particolare va irrimediabilmente perduto; 3- si coglie l’individuale in riferimento a categorie generali, conservandone la concretezza, oltre la mera spiegazione naturalizzante.
Nel cogliere il tipo di istituzioni politiche di una società le si deve riferire al modo particolare di viverle e di concepirle caratteristico di un popolo o di un’epoca. Non si devono usare come strumenti per una classificazione. Il diritto è la formalizzazione di norme morali ed etiche definite nella storia, non una ricostruzione dall’esterno da parte dello studioso. È una mediazione tra il sistema interiorizzato della cultura e quello esterno delle istituzioni; è norma positiva, codificata ed esplicita. È espressione oggettivata di norme individuali, ma al contempo indica come l’interiorità dei singoli faccia riferimento a valori comuni.
Le categorie che organizzano il divenire storico emergono nella storia stessa e ne fanno parte. Attraverso questo processo ogni realtà storica assume una fisionomia unitaria e coerente e ne permette la comprensione, cioè lo studio dall’interno.
L’analisi del rapporto tra individui e dimensione generale trova un punto di riferimento unitario nell’esperienza vissuta (Erlebnis). Le singole esperienze particolari risultano organizzate in una esperienza complessiva di vita (Erleben), che possiede una propria struttura e una coerenza complessiva. L’organizzazione unitaria è data da valori che orientano l’individuo. I valori sono vissuti individualmente, ma non sono prodotti dall’individuo; costituiscono l’orizzonte della sua epoca, con il quale l’esperienza individuale è connessa. L’esperienza di vita non è un fatto individuale, in quanto comprende la dimensione sociale in cui ognuno vive.
Reciprocamente l’individuo proietta nella società la sua azione, che diventa realtà oggettivata, processo denominato espressione (Ausdruck), espressione per gli altri. C’è il pericolo del relativismo, venendo meno criteri generali e la filosofia diviene espressione dell’epoca che la produce, come avviene per l’arte e per la religione.
Nessun sistema di pensiero può proporsi di individuare verità ultime. Comunque in quanto si propone di legittimare e di giustificare razionalmente i propri assunti la filosofia è riflessione intenzionale dell’uomo su se stesso e sulla propria vita, è filosofia della vita (Lebensphilosophie).
Il concetto di Leben non è però da intendere nel senso dell’intuizionismo immediato o dell’irrazionalismo e la vita non è un’essenza ontologica. La filosofia della filosofia (L’essenza della filosofia, 1907) consiste nel tenere insieme nelle diverse Weltanschauungen la base storica e la struttura universale del pensiero secondo uno storicismo critico e antimetafisico (ne è radicale il rifiuto, come succede per la filosofia della storia idealistica di Hegel e per la sociologia positivistica di Comte, respinte al contempo). Quella della filosofia è una funzione universale non nei contenuti, ma come insieme di valori possibili.
La psicologia individuale è il punto di partenza e il punto d’arrivo del processo di comprensione. La costruzione e la comprensione del mondo storico muove dall’analisi dell’unità psichica originaria del soggetto umano individuale, che viene colto come connessione dinamica di tre ambiti psichici distinti interagenti tra loro: pensiero, volontà, sentimento. Da qui si procede alla definizione dei principi che regolano la costruzione e comprensione del mondo spirituale.
La storia per Dilthey è un grande cantiere aperto, in cui non esistono verità precostituite, ha cessato di essere un privilegio dei potenti della terra; ognuno può partecipare creativamente all’impresa collettiva secondo le sue forze.
La creazione del movimento storico non lascia individuare il verso, né gli agenti, né la dinamica specifica. Dilthey non affronta il problema dell’origine della società, considerandolo metafisico, ne individua invece le dinamiche. I diversi accadimenti e le varie dinamiche non sono causali, ma delineano una connessione finalista, conoscibile in modo razionale.
Le strutture conoscitive dell’io storico sono soggette al tempo e al mutamento, sia pure in un lungo periodo. Ogni risposta ai grandi problemi dell’umanità è situata storicamente. Importa soprattutto dare all’uomo la consapevolezza della propria storicità. Non contano i principi astratti, ma i processi. Vale comunque la pena di sottolineare che, a differenza per esempio di Croce, Dilthey riconosce alle scienze della natura un significato teoretico e non economico pratico.
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