Qualche giorno fa, in preghiera, o semplicemente in silenzio, in profondo raccoglimento, chini sulle tombe, sulle lapidi, davanti a fotografie che sbiadiscono al sole, siamo stati a ricordare quelli che ci hanno preceduti o che gli eventi della vita hanno precocemente strappato ai nostri affetti. Noi siamo in preghiera religiosa o laica, chini sulla morte, ma in profondo atteggiamento positivo verso la vita. Abbiamo frequentato in molti i nostri cimiteri che, come avviene nella tradizione nostra, sono collocati nei punti più belli del paesaggio. Non sempre ci facciamo molto caso, ma veramente i nostri cimiteri sono posti dove il panorama è più bello: omaggio affettuoso verso i cari che ci hanno lasciato?
Nei giorni scorsi, contemporaneamente a questa tradizione che ci fa portare fiori ed affetto sulle tombe, ma con un atteggiamento positivo, come detto, nei confronti della vita, consci del suo naturale evolvere, nel bellissimo panorama offerto dalla nostra montagna del Campo dei Fiori, in una luce dall’inclinazione autunnale, ma con temperature ancora quasi estive, si consumava un drammatico spettacolare inno alla morte: un incendio devastava le pendici della montagna creando pericoli sia per chi ci abita, che per coloro che si impegnavano per rimediare al disastro.
Contrasto tra chi ama la vita e chi la odia? Verrebbe da dire contrasto eterno, perché l’evolvere della nostra storia conferma questa situazione lacerante, collocata nel profondo della nostra esistenza. Fortunatamente in questo momento nelle nostre terre non dobbiamo affrontare la morte trionfante, flagellati dalle moderne tecnologie distruttive che sono usate nelle guerre, che imperversano in molte aree del nostro globo. Eterna nell’umanità è la convinzione che la violenza risolva i problemi.
Limitiamoci comunque al nostro quotidiano. Quanta morte nel non rispetto di elementari regole del traffico (e anche nella nostra città ci sono stati morti per questo). Quanta morte nel distrarmi quando manovro il volante di un veicolo comodissimo ma potenzialmente micidiale. Quanto odio e disprezzo del prossimo negli urli e nella lassità di comportamenti dei frequentatori della così detta movida. Quanto odio verso la comunità quando si commettono vandalismi. Quanto odio quando volutamente calpesto le regole del comportamento civile. Ma quanto odio anche nelle manifestazioni infingardamente proclamate democratiche e definite anche pacifiche.
Ma chi ci guadagna, chi trae qualche vantaggio da certi comportamenti in conseguenza dei quali tutti, compresi i protagonisti delle azioni, ci rimettono?
Sconcerta questa grande stupidità, enfatizzata dagli incendi, troppo grande per non addolorare, per non far adirare, per non invocare punizioni sui protagonisti, sempre che sia possibile individuarli. Ma sarebbe questa la soluzione del problema?
Non diciamo nulla di nuovo se invochiamo una educazione più efficace sui ragazzi per prevenire certi eventi. Non invochiamo nulla di nuovo se chiediamo comportamenti più coerenti ai genitori dei ragazzi. Non siamo innovativi se ci limitiamo alle parole e non correggiamo noi stessi, se non ci impegniamo tutti noi ad essere più civili anche nelle piccolissime cose di fronte ai giovani, dando loro esempio.
In effetti l’odio alla vita si manifesta già nelle furbate che facciamo nel traffico di fronte ai nostri figli anche se piccoli. Un banale esempio? A scuola hanno ricevuto insegnamenti e stimoli educative che vengono distrutte appena usciti dalla scuola, quando li accogliamo sul nostro SUV posteggiato in seconda, terza fila. Quando li difendiamo a prescindere, se richiamati per comportamenti scorretti tenuti in classe. Quando imprechiamo volgarmente davanti al televisore guardando una partita. Quando discutiamo smodatamente, magari con urla e insulti, tra marito e moglie. Quando davanti a loro sparliamo di comuni conoscenti, infangandoli di critiche. Quanto elencato è poco, ma non possiamo dirci delusi se i risultati educativi sono pessimi. Si rischia di essere tutti potenziali produttori di delinquentelli. La buona educazione la si ottiene con i fatti, poco con le parole.
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